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5 Marzo 2024
11:07

Scoperte 4 enormi montagne sottomarine nel Pacifico, che ospitano più di 100 nuove specie

Al largo di Cile e Perù una nave da ricerca ha scoperto quattro enormi montagne sottomarine di origine vulcanica (seamounts) grazie alle anomalie gravitazionali individuate da satellite. Questa scoperta è importante anche perché i seamounts ospitano molti organismi finora sconosciuti.

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Scoperte 4 enormi montagne sottomarine nel Pacifico, che ospitano più di 100 nuove specie
montagne sottomarine oceano pacifico
Credits: Schmidt Ocean Institute.

La nave Falkor dello Schmidt Ocean Institute, che si occupa di ricerca oceanografica e di mappatura del fondale oceanico, ha individuato quattro enormi montagne sottomarine nell’Oceano Pacifico al largo delle coste del Cile e del Perù, dopo aver mappato 52.000 chilometri quadrati di fondale.

La scoperta è stata possibile analizzando le anomalie gravitazionali individuate da satellite e mappando il fondale con il sonar. Questi rilievi sottomarini hanno origine vulcanica e sono importanti perché ospitano una notevole biodiversità, comprese molte specie finora sconosciute, tra cui spugne e coralli.

La scoperta delle montagne sottomarine

Mentre transitava da Golfito, in Costa Rica, verso Valparaiso, in Cile, la nave da ricerca dello Schmidt Ocean Institute si è imbattuta in quattro montagne sottomarine. Questi rilievi, anche chiamati seamounts, sono antichi vulcani estinti. Quelli al largo delle coste del Perù sono alti 1591 m, 1644 m e 1873 m, mentre al largo del Cile si trova il più elevato, che raggiunge i 2681 m ed è esteso 450 km2.

La scoperta è avvenuta mentre gli scienziati a bordo della nave stavano esaminando le anomalie gravitazionali individuate da satellite. I satelliti, infatti, sono in grado di misurare il campo gravitazionale terrestre e di determinare così l’andamento del geoide, il solido che meglio rappresenta la forma della Terra. In corrispondenza dei rilievi sottomarini, il geoide presenta un leggero rigonfiamento che ha permesso di individuarli. I seamounts sono poi stati mappati grazie a un sonar montato sulla nave, che invia un ventaglio di onde sonore che rimbalzano sul fondale e tornano indietro: dal tempo trascorso tra l’invio e il ritorno del segnale è possibile ricavare la profondità del fondale e quindi la sua conformazione. I dati di profondità ottenuti sono stati poi analizzati e corretti per creare modelli tridimensionali e mappe ad alta risoluzione che illustrano i dettagli del fondale, compresi i rilievi sottomarini.

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I dati di profondità permettono di costruire modelli tridimensionali e mappe ad alta risoluzione del fondale oceanico. Credit: Geoscience Australia

L’importanza dei seamounts

Dal 2012 a oggi le navi da ricerca dello Schmidt Ocean Institute hanno mappato circa 1,5 milioni di chilometri quadrati di fondale e individuato 29 montagne sottomarine. Questo tipo di scoperte non è fine a se stesso. Conoscere l’ubicazione dei seamounts è fondamentale, per esempio, per evitare che i sottomarini vi si scontrino. Un altro aspetto molto importante è che i pendii delle montagne sottomarine offrono un appiglio per molti organismi, come spugne e coralli. In generale, queste strutture costituiscono un habitat ideale per molti pesci, crostacei e cefalopodi. La recente spedizione dello Schmidt Ocean Institute che ha esplorato i seamounts della catena montuosa sottomarina di Nazca e Salas y Gómez, che si estende per 2900 km al largo del Cile, ha individuato più di 100 nuove specie di organismi marini.

Si stima che gli oceani, nel complesso, ospitino circa 100.000 montagne sottomarine e che più della metà di esse si trovi nell’Oceano Pacifico. Fino a oggi solo una piccola parte di queste è stata mappata: bisogna considerare, infatti che appena il 25% dei fondali oceanici è stato esplorato e mappato nel dettaglio. L’obiettivo, entro il 2030, è quello di ottenere una mappa completa dei fondali oceanici grazie alle nuove spedizioni di ricerca del progetto Seabed 2030, di cui lo Schmidt Ocean Institute è partner.

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La nave Falkor dello dello Schmidt Ocean Institute. Credit: Schmidt Ocean Institute
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