
Fino a oggi il giacimento di terre rare più grande d’Europa era considerato quello di Kiruna, in Svezia, ma ora la società mineraria norvegese Rare Earths Norway ("REN") ha annunciato che il giacimento individuato tre anni fa nel complesso di Fen, in Norvegia nei dintorni di Oslo, ha scalzato questo primato. Qui, in corrispondenza di un antico vulcano estinto, si troverebbero 8,8 milioni di tonnellate di ossidi di terre rare, una quantità quattro volte superiore a quella presente a Kiruna. Le terre rare presenti in Norvegia sono materie prime critiche di importanza fondamentale per realizzare dispositivi elettronici e magnetici e quelli degli impianti per la transizione energetica e pertanto sono strategiche per la transizione ecologica. La loro estrazione potrebbe cominciare nel 2030 e soddisfare il 10% della domanda di terre rare dell'UE.
Le caratteristiche del giacimento norvegese di terre rare
Soltanto ora è stato possibile fare una stima delle risorse minerarie presenti nel complesso di Fen, ma l’esplorazione dell’area è iniziata tre anni fa, in corrispondenza di un antico camino vulcanico. Qui, 580 milioni di anni fa, si trovava un vulcano che nel corso del tempo è stato eroso e oggi non è più visibile in superficie. Ciò che resta è il condotto, la cui sezione approssimativamente circolare ha un diametro di circa 2 km, attraverso il quale fuoriusciva il magma che alimentava il vulcano. Questo magma era ricco di carbonato di calcio e ha originato un tipo di roccia ignea piuttosto raro: la carbonatite, che contiene più del 50% in volume di carbonati e minerali rari.

Il complesso di Fen presenta diversi tipi di carbonatite, differenti tra loro per composizione chimica e mineralogica. In passato, tra il 1657 e il 1927, l’estrazione mineraria ha riguardato la carbonatite ricca di ferro presente nella parte orientale del complesso. Tra il 1953 e il 1965, invece, è stato estratto il niobio dalla sovite, un altro tipo di carbonatite presente nell’area occidentale del complesso.
L’oggetto dell’attuale esplorazione è invece la parte centrale, estesa 1,4 km2, dove si trova la carbonatite ferro-dolomitica (chiamata rauhaugite). Essa è ricca di minerali come bastnäsite e parisite, che contengono elementi delle terre rare: il 15-25% di questi è rappresentato dal neodimio e dal praseodimio, utilizzati per la realizzazione di magneti permanenti, pale eoliche e veicoli elettrici.

Cosa significa la scoperta per l'Europa e le prospettive per il futuro
Attualmente in quest’area del complesso di Fen le perforazioni hanno raggiunto i 1000 m di profondità e la Rare Earths Norway sta eseguendo ulteriori carotaggi per esaminare il giacimento in modo più approfondito e valutare la fattibilità economica dell’estrazione mineraria. In base alle stime odierne, il deposito ospiterebbe ben 8,8 milioni di tonnellate di ossidi di terre rare. Anche se a oggi non si sa quanto materiale sarà effettivamente possibile estrarre, il fatto che si tratti del più grande giacimento di terre rare in Europa è certo. Un aspetto economicamente interessante è che la struttura della carbonatite ferro-dolomitica del complesso di Fen facilita la separazione dei minerali tra loro.
L’intenzione, per il futuro, è quella di iniziare l’estrazione nel 2030, avvalendosi di tecnologie estrattive e di lavorazione dei minerali sostenibili, dall’impatto ambientale minimo. Per farlo, servirà un investimento iniziale di circa 900 milioni di dollari. Se il progetto andrà in porto, il giacimento del complesso di Fen potrebbe soddisfare il 10% della domanda di terre rare nell’UE. Si tratterebbe di un passo fondamentale per ridurre la dipendenza dell’UE dalla Cina, che è il maggiore produttore di terre rare a livello globale.
