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19 Novembre 2021
7:00

Terre rare: cosa sono, dove si estraggono e il monopolio Cinese

Al centro della transizione energetica e dell’avanzamento tecnologico, le terre rare sono un gruppo di 17 elementi chimici dalle particolari proprietà, ampiamente utilizzate nel mondo dell'elettronica e delle batterie. Il loro valore strategico cresce di anno in anno, e il monopolio cinese è sempre più invasivo.

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Terre rare: cosa sono, dove si estraggono e il monopolio Cinese
Terre-rare

Le terre rare (dette anche REE o Rare Earth Elements) sono diventate nel giro di un secolo tra gli elementi più ricercati al mondo. Le loro proprietà magnetiche sono essenziali in campo industriale, specialmente nel mercato dell'elettronica, ormai sempre più legato a questi elementi per il suo sviluppo. Ma cosa sono di preciso queste terre rare? E dove vengono estratte?

Cosa sono le terre rare?

Come definito dalla IUPAC (International Union of Pure and Applied Chemistry) le terre rare sono un gruppo di 17 elementi chimici dalle utilissime proprietà tecnologiche e industriali: presenti in smartphone e macchine elettriche, computer e turbine eoliche, sono considerati elementi strategici perché permettono la creazione di moltissimi dispositivi elettronici di cui nel XXI secolo non possiamo più fare a meno. Secondo un rapporto del 2017 della Banca Mondiale la domanda di questi elementi non farà che crescere.

Perché si chiamano terre "rare"?

Nonostante il nome possa far pensare ad elementi "poco comuni", sono in realtà piuttosto presenti in natura: pensate che anche le due terre rare meno abbondanti, il tulio e il lutezio, sono circa 200 volte più comuni dell’oro (fonte: USGS). Il nome quindi non è legato al fatto che ce ne sono poche in senso assoluto, quanto piuttosto al fatto che è difficile trovarle in alte concentrazioni all'interno di un giacimento, rendendo quindi il processo estrattivo costoso e complesso.

Quali sono le terre rare nella tavola periodica

Le terre rare sono 17, 15 delle quali sono presenti nella penultima riga della tavola periodica (è una delle due righe che sembrano esterne alla tavola periodica, nonostante siano in realtà un’estensione della sua parte centrale). Nel dettaglio, le REE sono:

  • l’ittrio (Y);
  • lo scandio (Sc);
  • i 15 lantanoidi (o lantanidi): Lantanio (La), cerio (Ce), praseodimio (Pr), neodimio (Nd), promezio (Pm), samario (Sm), europio (Eu), gadolinio (Gd), terbio (Tb), disprosio (Dy), olmio (Ho), erbio (Er), tulio (Tm), itterbio (Yb), lutezio (Lu)

Tutti condividono caratteristiche fisico-chimiche particolari che li rendono appetibili, prima tra tutte la capacità di esercitare un magnetismo resistente alle alte temperature.

tavola periodica

Per cosa sono utilizzate le terre rare?

Secondo il portale Statista e un report del governo Canadese, le terre rare in ambito industriale vengono usate principalmente in questi settori:

  • 38% magneti permanenti;
  • 23% cracking petrolifero;
  • 13% industria del vetro;
  • 9% leghe per le batterie;
  • 8% metallurgia;
  • 5% industria ceramica;
  • 7% altro.

Come abbiamo anticipato, le terre rare beneficiano principalmente i settori dell’elettronica e della tecnologia, della produzione industriale – da quella petrolchimica a quella del vetro, bellica e aerospaziale -, così come le energie rinnovabili e persino la medicina. Insomma, le terre rare sono indispensabili per la produzione di oggetti high-tech come i moderni televisori e telefoni, ma anche per le batterie, le terapie antitumorali e i sistemi laser e radar.

grafico settori terre rare
Principali settori di applicazione delle terre rare.

Le terre rare, per questo motivo, rientrano nei cosiddetti “metalli tecnologici”, cioè quei metalli richiesti e utilizzati in ambito tecnologico: altri esempi famosi in questo campo sono l’oro e l’argento (ottimi conduttori, perfetti per i dispositivi elettronici), il palladio (alla base di armature ad alta tecnologia) e l’osmio (molto resistente, usato nell’industria chimica), ma ci sono anche il platino, l’iridio, il rutenio e il rodio.

Purtroppo senza terre rare un Paese difficilmente può sperare di competere a livello tecnologico, energetico e militare: già nel 2013 l’Unione Europea aveva inserito questi elementi tra l’elenco dei “materiali grezzi critici per la strategia”. Sono tanto fondamentali per la vita quotidiana quanto lo sono per lo sviluppo!

I giacimenti di REE

Iniziamo col dire che le terre rare non si trovano mai in natura in forma “pura” come i cosiddetti metalli nativi (oro e argento, per esempio) ma si trovano sempre all’interno di altri minerali, mescolati quindi con altri elementi. Secondo un report dell'USGS del 2017, sono stati attualmente identificati 245 minerali contenenti terre rare, dei quali il principale è un fluorocarbonato chiamato bastnäsite (riportata anche come bastnaesite): due delle più importanti miniere al mondo di REE – cioè Mountain Pass (USA) e Bayan Obo (Cina) – si occupano proprio della sua estrazione. Altri minerali di grande importanza per l'estrazione delle REE sono la monazite e lo xenotimo, entrambi dei fosfati.
I giacimenti di terre rare possono formarsi grazie a molteplici processi anche se, per semplicità, possiamo sintetizzarli in "giacimenti primari" e "giacimenti secondari".

Giacimenti primari

I giacimenti primari sono quelli che contengono minerali contenenti terre rare che si sono cristallizzati direttamente dal magma. Tipicamente per formare questi minerali è necessario avere un magma cosiddetto "carbonatitico", cioè caratterizzato da basse percentuali di silice e da alti valori di carbonati al suo interno.

Secondo l'USGS, quello di Mountain Pass (USA) non solo è il giacimento primario di REE più importante al mondo, ma è anche l'unico nel quale si possono osservare questi minerali cristallizzati direttamente dal magma. Di solito, infatti, i minerali di terre rare sono di origine secondaria e legati a processi idrotermali. Per diversi anni questo giacimento è stato il più importante al mondo, salvo poi essere superato in termini produttivi da quello di Bayan Obo, in Cina, di cui parleremo a breve.

mountain pass
Miniera di Mountain Pass (credit: USGS).

Giacimenti secondari

I giacimenti secondari, a differenza di quelli primari, si originano in seguito all'alterazione di magma già solidificato. Come abbiamo anticipato, quest'alterazione è legata alla presenza di fluidi idrotermali, cioè fluidi caldi e ricchi di ioni in soluzione che trasformano i minerali presenti, generandone di nuovi ricchi in terre rare. Il giacimento più famoso di questo tipo è quello di Bayan Obo, in Cina. In realtà, si tratta principalmente di un giacimento di ferro dal quale si ricavano come sottoprodotto grandi quantità di bastnaesite e, quindi, di terre rare.

Estrazione di terre rare

Esistono varie tecniche per estrarre e isolare le terre rare dai giacimenti, ma una tra le più utilizzate è quella idrometallurgica. Questa, per semplicità, può essere riassunta in tre passaggi fondamentali:

  • Dissoluzione – si estraggono le terre rare dalle rocce tramite l'utilizzo di acidi;
  • Separazione – si separano tra loro le differenti REE per formare soluzioni concentrate;
  • Generazione – si ottiene il prodotto finale, cioè il concentrato di ciascuna terra rara.

La dissoluzione prevede l'utilizzo di diverse tipologie di acido a seconda del tipo di elemento che si vuole isolare, così come la fase di separazione che può essere variabile da caso a caso.

I rischi ambientali

Lavorare le terre rare può avere un grosso impatto sull’ambiente: per separarle dagli altri minerali devono essere disciolte a più riprese in acidi, filtrate, ripulite, con un processo decisamente poco "verde". Inoltre, la loro lavorazione emette prodotti tossici e anche radioattivi. I problemi maggiori sono legati ai due metodi di estrazione primaria.

Il primo prevede la rimozione del terriccio, il trasporto in uno stagno di lisciviazione e l’aggiunta di sostanze chimiche (come il solfato di ammonio e il cloruro di ammonio) per separare i metalli. Le sostanze chimiche utilizzate in questo processo di separazione possono creare inquinamento atmosferico, causare l’erosione del terreno e filtrare nelle acque sotterranee.
Il secondo metodo, invece, prevede la perforazione di fori nel terreno, l’inserimento di tubi in PVC e in gomma e il pompaggio di sostanze chimiche per eliminare la terra. Il liquame risultante viene quindi pompato instagni di lisciviazione. Tutti questi materiali rimangono disseminati nelle miniere che, restando abbandonate, creano dei rischi ambientali. Inoltre, le sostanze chimiche rimanenti possono continuare a filtrare nelle acque sotterranee.

In Cina, per esempio, l’inquinamento derivante dall’estrazione di terre rare ha creato un suolo incapace di sostenere le colture, e le risorse idriche sono state contaminate.
I funzionari cinesi hanno tentato di contrastare queste minacce chiudendo un gran numero di miniere, specialmente quelle più piccole e illegali, ma ci sono ancora minacce gravi e su larga scala che rimangono irrisolte.
La Cina sta lottando per ripulire l’ambiente inquinato dalle miniere, ma il processo di pulizia è costoso e richiede tempo; potrebbero essere necessari anche cent’anni per ilripristino dell’ambiente.
Un rapporto dell’esercito americano del 2019 evidenzia una questione centrale che guida l’inquinamento da terre rare in Cina: «La Cina è meno gravata da requisiti norma-
tivi ambientali o di lavoro che possono aumentare notevolmente i costi sostenuti per l’estrazione e la produzione di prodotti di terre rare».
Questo significa che i bassi costi di produzione sono dati anche dall’indifferenza nei confronti dell’ambiente, più diffusa lì che in altri Paesi.

Dove si trovano le terre rare?

Veniamo adesso ai paesi che dominano il mercato delle terre rare. Abbiamo detto che le REE sono abbastanza diffuse, ma non per questo sono “comode” da estrarre: sono infatti poco concentrate. Le riserve di terre rare mondiali sono stimate tra 120 e 150 milioni di tonnellate e si trovano principalmente in Cina, Russia, Stati Uniti, Australia, Brasile, India, Malesia, Tailandia, Vietnam, Canada e Sudafrica (vedi figura in basso).

Immagine
Distribuzione globale dei più grandi depositi di terre rare. Dal libro Un Tesoro al piano Terra – Moccia 2021

Prima del monopolio cinese, di cui parleremo tra pochissimo, erano gli Stati Uniti a beneficiare più di tutti delle terre rare. Grazie al boom delle tv a colori, infatti, la domanda di questi elementi era esplosa già dalla metà degli anni Sessanta: l’europio, il più reattivo dei nostri 17, era fondamentale per i tubi catodici. Veniva estratto dalla bastnäsite (che lo conteneva allo 0,1%), presente nella miniera di Mountain Pass in California: questo divenne il centro dell’estrazione mondiale, e gli Stati Uniti scalarono le classifiche dei produttori leader del settore.

Ma oggi? Il primato americano è finito da un pezzo e il più grande giacimento del mondo è quello cinese di Bayan Obo. Si tratta di un giacimento a cielo aperto costituito da tre corpi minerari principali e si estende in lunghezza per 18 chilometri nella provincia della Mongolia interna. Data l’importanza della corsa alle terre rare, poi, entrano costantemente nuove presenze nel mercato: uno dei giacimenti scoperti più di recente appartiene al Giappone, solitamente considerato povero di materie prime. Nel 2013 è stato scoperto infatti un territorio sottomarino al largo del Paese, contenente 1,2 milioni di tonnellate di ossido di terre rare. Questo giacimento, che contiene soprattutto ittrio ma anche europio, terbio e disprosio, si trova sul fondale dell'Oceano Pacifico, vicino all'isola di Minami Torishima. Secondo le stime pubblicate da alcuni studiosi giapponesi sulla rivista Nature, l’area più ricca di questo giacimento sottomarino potrebbe soddisfare decine di anni di domanda globale (62 anni di Y, 47 di Eu, 56 di Dy e 32 di Tb) – certo, a un costo di molto superiore rispetto alle normali estrazioni.

Le riserve di terre rare mondiali sono stimate tra 120 e 150 milioni di tonnellate e si trovano principalmente in Cina, Russia, Stati Uniti, Australia, Brasile, India, Malesia, Tailandia, Vietnam, Canada e Sudafrica (vedi figura in basso). La Cina possiede il 37 per cento delle riserve mondiali; seguono il Brasile e il Vietnam, entrambi al 18 per cento, la Russia (al 15 per cento), mentre il restante 12 per cento si trova sparso in altri Paesi.

Il più grande giacimento al mondo si chiama Bayan Obo e si trova nella Mongolia interna (Cina settentrionale). Si tratta di un giacimento a cielo aperto costituito da tre corpi minerari principali e si estende in lunghezza per 18 chilometri. Pensate che da solo, Bayan Obo costituisce il 50 per cento della produzione di terre rare cinesi. Possiamo trovare altri depositi più piccoli nelle province di Shandong, Sichuan, Jiangxi e Guangdong.

Il monopolio cinese

Nella prima metà del Novecento la maggior parte delle terre rare proveniva da siti di estrazione indiani e brasiliani.
Negli anni Cinquanta il primo produttore mondiale divenne il Sudafrica, per poi cedere lo scettro agli Stati Uniti attraverso la produzione nella miniera di Mountain Pass in California.

Tuttavia negli anni Novanta, la produzione cinese, guidata principalmente da costi di produzione bassi e investimenti sostenuti dallo Stato in infrastrutture e tecnologia, aveva già iniziato a raggiungere livelli in grado di soddisfare la domanda globale a un prezzo molto più basso, con cui gli Stati Uniti non sono stati in grado di competere. Negli anni Duemila, la Cina aveva quasi il completo dominio della produzione di terre rare.

bayan obo satellite

Immagine satellitare del distretto estrattivo di Bayan Obo (credit: Google Maps).

Le ragioni di questo monopolio sono diverse. Oltre ad avere circa il 37 per cento delle riserve globali (che è di per sé una quantità enorme), la Cina ha costruito le fabbriche di produzione e raffinazione nei pressi delle miniere, in modo tale che la materia prima estratta potesse rapidamente raggiungerle. Una mossa astuta che ha permesso, insieme ai bassissimi costi della manodopera, di ridurre i costi globali della produzione di terre rare. Gli altri Paesi, e in primis gli Stati Uniti, non sono riusciti a seguirli, rimanendo così fuori dalla competizione. Fregati.

Ma i cinesi non si sono fermati qui. Negli ultimi quindici anni hanno voluto espandere la produzione all’estero, acquisendo i diritti esclusivi di estrazione in Africa in cambio di grandi promesse per lo sviluppo e la costruzione di infrastrutture: sono stati siglati dei grossi accordi nella Repubblica Democratica del Congo e in Kenya, dove la Cina si è impegnata a fornire quasi 700 milioni di dollari per la costruzione di un datacenter e di un’autostrada. In termini generali, detenere il monopolio di una risorsa significa rendere gli altri Paesi dipendenti e, in questo modo, anche più deboli. Il governo degli Stati Uniti lo sa bene e sta ovviamente cercando di trovare una soluzione per sopperire a un eventuale blocco cinese delle esportazioni di questi minerali fondamentali. Le opzioni sul tavolo però non sono così tante: il Vietnam potrebbe essere una soluzione, visti i legami sempre più stretti con Washington, ma il mercato più interessante dal punto di vista politico è rappresentato dall’Australia, che dispone di riserve stimate pari a 3,2 milioni di tonnellate, cioè circa il 3 per cento di quelle globali.

Questo articolo è tratto dal libro Un tesoro al Piano Terra di Andrea Moccia, pubblicato nel Gennaio 2021 (Cairo editore).

Sono un geologo appassionato di scrittura e, in particolare, mi piace raccontare il funzionamento delle cose e tutte quelle storie assurde (ma vere) che accadono nel mondo ogni giorno. Credo che uno degli elementi chiave per creare un buon contenuto sia mescolare scienza e cultura “pop”: proprio per questo motivo amo guardare film, andare ai concerti e collezionare dischi in vinile.
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