
Il Senato della Repubblica ha approvato la separazione delle carriere dei magistrati con 106 voti favorevoli, 61 contrari e 11 astenuti. Ma che cosa significa? Oggi la Costituzione italiana prevede infatti che, per diventare un magistrato, sia necessario sostenere un concorso pubblico unico per tutte le funzioni: chi lo supera può scegliere se diventare un pubblico ministero (abbreviato come pm, il magistrato requirente) o un magistrato giudicante (il giudice dei processi) ed eventualmente cambiare la sua scelta nel corso della carriera.
L'obiettivo di questa riforma, appunto, è quello di separare le carriere di pm e giudice fin dall'inizio, introducendo due concorsi distinti e istituendo due CSM (Consigli Superiori della Magistratura) separati.
Trattandosi di una riforma costituzionale, però, bisogna innanzitutto specificare che non c'è ancora nulla di definitivo: ora la legge dovrà essere nuovamente approvata sia dalla Camera che dal Senato, per poi essere sottoposta a un referendum confermativo (che potrà essere evitato solo con una maggioranza di 2/3 in entrambe le votazioni del Parlamento).
Come funziona adesso: la differenza tra magistrati requirenti e giudicanti
Oggi per diventare magistrato è necessario sostenere un concorso pubblico, al quale si accede solo con una laurea in Giurisprudenza: come già detto, coloro che superano questo concorso possono scegliere se diventare pubblici ministeri (pm) o magistrati giudicanti. Ma qual è la differenza tra le due carriere?
Il pubblico ministero, anche definito magistrato requirente, ha il compito di indagare e perseguire i presunti colpevoli di un caso, con l'obiettivo di tutelare gli interessi della società e garantire la corretta applicazione della legge nazionale. In altre parole, il suo compito è quello di avviare e sostenere l'accusa contro l'imputato, confrontandosi con la sua difesa sempre nel rispetto del principio di legalità.
Il pubblico ministero, quindi, agisce in nome dello Stato e rappresenta l'interesse pubblico, contrapponendosi all'avvocato di difesa: svolge indagini preliminari, formula l'imputazione (ossia l'atto con cui si formalizza l'accusa) e, se lo ritiene necessario, chiede la condanna dell'imputato al termine del processo. Proprio per le funzioni che svolge, non può essere considerato imparziale nel processo, dato che il suo compito è quello di trovare prove contro l'imputato.
Il giudice (magistrato giudicante), invece, ha il compito di interpretare la legge italiana per poter adottare decisioni imparziali ed eque al termine di un processo. Per definizione deve essere super partes, ossia imparziale nelle sue sentenze: deve garantire rispetto dei diritti di tutte le parti coinvolte, assumendo la posizione di un terzo estraneo e garantendo l'assenza di conflitti di interesse nella sua decisione finale.
Bisogna poi ricordare che, in generale, la magistratura è totalmente indipendente dalla politica: proprio per garantire questa separazione dei 3 poteri dello Stato (potere esecutivo, ossia il Governo; potere legislativo, ossia il Parlamento; potere giudiziario, ossia la Magistratura) in Italia esiste un Consiglio Superiore della Magistratura (CSM), ovvero l'organo di autogoverno della Magistratura, così da garantirne la totale indipendenza.
Che cosa cambierebbe con la separazione delle carriere
Ma quindi, nel caso in cui la riforma costituzionale venisse approvata, che cosa cambierebbe?
Innanzitutto, l'articolo 104 della Costituzione Italiana verrebbe modificato, introducendo la distinzione tra i magistrati della carriera giudicante (giudici) e quelli della carriera requirente (pm).
In secondo luogo, verrebbero istituiti due CSM diversi (mentre ora ne esiste solo uno): il primo dedicato alla magistratura giudicante e composto dai giudici e il secondo dalla magistratura requirente, e dunque formato dai pubblici ministeri. Entrambi gli organi sarebbero presieduti dal Presidente della Repubblica.
Ma la riforma introduce anche altre novità:
- I membri dei due CSM non saranno più eletti direttamente dai magistrati o dal Parlamento: oggi il CSM è composto da 33 membri in totale, di cui 3 di diritto, 20 togati e 10 laici. Con la riforma, i membri laici saranno estratti a sorte da un elenco di giuristi stilato dal Parlamento, mentre i membri togati saranno sorteggiati tra tutti i magistrati, giudicanti e requirenti. I membri dei due Csm resteranno in carica per quattro anni e non potranno partecipare alla procedura di sorteggio successiva.
- Sarà istituita un'Alta Corte disciplinare, che si occuperà delle sanzioni disciplinari nei confronti dei magistrati. Sarà composta da 15 membri: 3 nominati dal Presidente della Repubblica; 3 estratti a sorte da un elenco di giuristi compilato dal Parlamento; 6 estratti a sorte tra i magistrati giudicanti con 20 anni di attività e con esperienze in Cassazione; 3 sorteggiati tra i magistrati requirenti con vent'anni di attività ed esperienza in Cassazione. Anche in questo caso, resteranno in carica per 4 anni, e l'incarico non è rinnovabile.
I pareri contrastanti sulla separazione delle carriere: contrari e favorevoli
C'è da dire che questo tema è da sempre al centro dell'ordinamento italiano: l'eventuale separazione delle carriere tra pm e giudici fu proprio una delle discussioni che si tennero tra il 1946 e il 1947 tra i membri dell'Assemblea Costituente che si occupò di redigere la Costituzione Italiana.
I giuristi a favore di questa riforma sostengono che, separando le carriere dei magistrati, si arrivi ad azzerare il rischio di condizionamenti: nel caso in cui un giudice decida di passare dalla funzione di pm a quella di magistrato giudicante, infatti, potrebbe pronunciare una sentenza condizionata dalla sua attività precedente (in cui rappresentava l'accusa). In altre parole, l'obiettivo sarebbe quello di garantire ancora più imparzialità nei giudizi.
Questa separazione, poi, permetterebbe anche di evitare che i magistrati, che in passato avevano condotto indagini come pm, si ritrovino in futuro a giudicare gli stessi soggetti coinvolti o comunque casi analoghi.
Chi è contrario alla riforma, invece, sottolinea innanzitutto come i magistrati decidano raramente di cambiare carriera: dal 2019 al 2022, infatti, solo lo 0,83% dei pubblici ministeri sia passato alle funzioni giudicanti, mentre solo lo 0,21% dei giudici sia diventato pm. Il timore dei giuristi contrari è che questa riforma possa modificare il rapporto tra pm (ora completamente indipendenti dalla politica) e potere esecutivo, spianando la strada per una maggiore influenza politica sulle procure.
Tra l'altro, seguendo la stessa logica di separare le carriere di magistrati requirenti e giudicanti, dovrebbe essere attuata anche una separazione tra giudici di primo grado e di secondo grado, così come quella tra giudici di merito e giudici di legittimità.