L’implosione del Titan, avvenuta dopo che il batiscafo fu disperso il 18 giugno 2023, ha causato purtroppo la morte di cinque persone, i cui resti sono forse stati rinvenuti qualche giorno dopo, il 29 giugno. Le indagini riguardanti le cause precise di questo incidente sono ancora in corso, ma l’analisi delle sue caratteristiche tecniche e soprattutto dei materiali con cui è stato costruito possono contribuire a spiegare almeno in parte le cause di questo disastro. Il batiscafo era realizzato in lega di titanio e uno speciale materiale formato da fibre di carbonio in una matrice polimerica.
Le caratteristiche tecniche del Titan
Il Titan, della OceanGate Inc., era un batiscafo della classe Cyclops progettato specificatamente per immergersi fino a 3.800 m al di sotto del livello del mare. Questa imbarcazione era progettata per ospitare cinque persone a bordo, un pilota e altre quattro persone tra equipaggio e ospiti paganti. Il sommergibile aveva dimensioni relativamente ridotte: una lunghezza pari a 6,7 metri, una larghezza di 2,8 metri e un’altezza pari a 2,5 metri. Per avere un’idea delle dimensioni, basti pensare che questi dati corrispondono alla metà del rimorchio di un camion che trasporta un serbatoio del carburante per rifornire le stazioni di servizio.
Il mezzo era mosso da quattro propulsori elettrici (in inglese thrusters) modello Innerspace 1002. Ogni propulsore può sviluppare fino a 18 kW di potenza, equivalenti a 55 cavalli, di poco inferiore a quella di un motore del modello base di una Smart. I quattro propulsori permettevano al sommergibile di viaggiare ad una velocità massima di 3 nodi, pari a circa 5,5 chilometri orari. I propulsori erano montati a coppie, due in verticale e due in orizzontale, per permettere il movimento in ogni possibile direzione.
I materiali utilizzati per la costruzione del Titan
Una delle principali caratteristiche innovative del Titan è legata ai materiali di cui era costituito. Le due estremità erano realizzate in una lega di titanio e lo scafo, cioè la parte cilindrica centrale, era invece costruito in Carbon Fiber Reinforced Polymer (CFRP), un materiale composito costituito da fibre di carbonio immerse all’interno di una matrice polimerica, cioè di una “colata” di plastica fusa e successivamente solidificata. Questo materiale permette di avere strutture resistenti, ma leggere: ad esempio il Titan pesava circa 9000 kg senza carico. Solitamente, infatti, scafi di questo tipo sono stati realizzati in acciaio o titanio, ottenendo però strutture più pesanti e quindi capaci di trasportare meno carico.
Le fibre di carbonio sono famose per molte caratteristiche, ma soprattutto per la loro resistenza alla trazione, cioè la loro resistenza quando vengono “tirate” in direzioni opposte dalle loro estremità. La matrice polimerica nei materiali compositi serve in primis a tenere vicine le diverse fibre di carbonio e quindi ad aumentare la loro resistenza a trazione facendole lavorare assieme. La matrice serve anche perché permette al materiale di resistere più efficacemente anche alla compressione e alla flessione. Un’altra caratteristica dei materiali compositi è che hanno caratteristiche anisotrope, ovvero hanno caratteristiche di resistenza diverse in base alla direzione della forza che li sollecita e queste sono notevolmente maggiori lungo quella di orientamento delle fibre.
Una possibile causa dell'incidente: l'usura della struttura del batiscafo
Ad ogni immersione, il Titan è stato sottoposto a grandi variazioni di pressione, da quella atmosferica in superficie a quasi 400 bar al massimo della propria profondità. Un oggetto a questa pressione deve sostenere su ogni metro quadrato di superficie un peso pari alla metà della torre Eiffel, quasi 4.000 tonnellate. I continui cicli di immersione ed emersione a cui il sommergibile è stato sottoposto negli anni potrebbero aver portato a fenomeni di “delaminazione” del materiale composito, ovvero a delle micro-separazioni tra le fibre di carbonio e la matrice polimerica.
Nel 2020 infatti erano state scoperte dei segni di fatica, ovvero di indebolimenti allo scafo causati da questi cicli ripetuti di immersioni, con conseguente aumento della pressione esterna, e emersioni, con diminuzione della pressione e quindi della forza applicata. La fatica è quel fenomeno che tutti abbiamo provato quando, ad esempio, per togliere la “linguetta” da una lattina la muoviamo ripetutamente su e giù. A causa di questi segni di cedimento, era stata diminuita la profondità massima per le operazioni del Titan fino a 3.000 m. Nonostante ciò, è purtroppo avvenuta l’implosione, ovvero il collasso su se stesso dello scafo del sommergibile, a causa della pressione esterna.
Per approfondire, ecco un video ad hoc nel quale mostriamo la possibile dinamica del disastro con inedite animazioni 3D: