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12 Giugno 2025
15:39

Tregua tra Stati Uniti e Cina, possibile accordo su terre rare, dazi e studenti annunciato da Trump: cosa sappiamo

Dopo le trattative iniziate lunedì 9 giugno, le delegazioni di Stati Uniti e Cina hanno raggiunto un accordo preliminare: agli USA vanno le terre rare (fondamentali per la realizzazione di chip): dazi al 55% dalla Cina agli USA e al 10% per le merci USA dirette in Cina. Se accettato, potrebbe rappresentare una pausa nel confronto economico tra le due superpotenze.

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Tregua tra Stati Uniti e Cina, possibile accordo su terre rare, dazi e studenti annunciato da Trump: cosa sappiamo
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Dopo mesi di tensioni e una guerra commerciale che ha destabilizzato i mercati globali, gli Stati Uniti e la Cina sembrano più vicini a una tregua per quanto riguarda i dazi reciproci. A confermarlo è stato mercoledì 11 giugno il Presidente statunitense Donald Trump. Secondo le prime indiscrezioni di un accordo ancora molto poco chiaro nei suoi dettagli, i punti principali sono un ritorno dei dazi al 55% per le merci cinesi importate negli Stati Uniti e del 10% per quelle statunitensi dirette in Cina. Inoltre, Pechino dovrebbe sospendere il divieto di importare terre rare negli Stati Uniti e il governo di Washington renderà di nuovo possibile per gli studenti cinesi iscriversi e frequentare le università statunitensi.

Come ha spiegato un funzionario statunitense, i dazi al 55% sono la somma di un 10% di base che l'amministrazione Trump ha stabilito per le merci di tutti i Paesi del mondo che entrano negli Stati Uniti, di un altro 20% riservato alla Cina perché accusata insieme a Messico e Canada di non contrastare il traffico di fentanyl e delle sostanze necessarie per produrre questo stupefacente e di un ulteriore 25% di dazi introdotti durante il primo mandato di Trump e mantenuti durante la presidenza Biden.

Lo scetticismo dei mercati

Il possibile accordo è il frutto delle trattative avviate lunedì 9 giugno tra il Segretario del Tesoro degli Stati Uniti Scott Bessent e il vice premier cinese He Lifeng, che si sono incontrati a Londra dopo la telefonata di Donald Trump al Presidente Xi Jinping della settimana precedente. Nonostante l'ottimismo ostentato da Trump e una parziale conferma del vice ministro del Commercio cinese, Li Chenggang, sull'esistenza di un'intesa pronta «in linea di principio», i mercati hanno reagito con molta cautela alla notizia di un possibile accordo. Il motivo principale è che, se venisse accettato, si limiterebbe a riportare la situazione a prima del Liberation Day del 2 aprile con cui Trump ha annunciato la sua guerra di dazi contro il resto del mondo. Questa incertezza dei mercati è stata confermata anche dall'ultimo report della Banca Mondiale, che ha rivisto al ribasso le previsioni di crescita globali per il 2025. Al momento, entrambi i contendenti sembrano aver scelto toni distesi: come ha detto Bessent durante un'audizione del Congresso degli Stati Uniti, «Se la Cina rispetterà la sua parte dell’accordo commerciale iniziale definito a Ginevra, allora il riequilibrio delle due più grandi economie del mondo è possibile».

A cosa mira Trump: terre rare e chip al centro della discussione

Quello che è evidente è che gli Stati Uniti, in piena espansione economica, non possono permettersi una guerra commerciale di lungo periodo con la Cina. Il motivo è che mentre Washington ha scelto l'arma dei dazi indiscriminati, quella del governo cinese è più chirurgica e si è concentrata su un settore strategico come le cosiddette terre rare, un gruppo di 17 metalli necessari per produrre la gran parte della tecnologia che utilizziamo ogni giorno, dagli smartphone alle auto elettriche, dagli elettrodomestici più recenti agli armamenti. Al momento, la Cina controlla tra l'80 e il 90% della produzione mondiale di terre rare e un suo blocco e limite delle esportazioni può infliggere un colpo durissimo all'industria occidentale (e statunitense in particolare). Per questo, nonostante i proclami altisonanti di Donald Trump e dei membri più intransigenti della sua amministrazione, gli Stati Uniti sono costretti a trattare con la Cina se non vogliono rischiare una grave recessione.

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