La capacità di sfruttare il mare a proprio vantaggio è da sempre un elemento fondamentale per determinare la potenza e la ricchezza delle nazioni e anche oggi gli Stati cercano in ogni modo di controllarlo e di assicurarsi che esso sia un luogo sicuro nel quale muoversi, commerciare ed estrarre risorse alimentari ed energetiche. A conti fatti, la globalizzazione si fonda anzitutto sul commercio globale e senza di esso il mondo sarebbe completamente diverso da come lo conosciamo oggi.
In un Pianeta sempre più a corto di risorse e in cui le tensioni internazionali aumentano sempre più, molti Stati hanno cominciato a definire e proclamare delle "Zone Economiche Esclusive", spartendosi il mare ben al di là della fascia costiera e stabilendo al suo interno dei confini. In questo articolo e nel video spieghiamo cosa sono le ZEE e cerchiamo di capire cosa sta succedendo e come si sta muovendo l'Italia in questo scenario.
Cosa sono le Zone Economiche Esclusive
Come abbiamo detto, quando si parla di Zone Economiche Esclusive (ZEE è l'acronimo con cui vengono spesso definite), si parla di mare. Per capire bene cosa sono le ZEE, è necessario ricordare alcuni elementi di base. Come è infatti noto, il mare è diviso, da un punto di vista giuridico, in acque territoriali – cioè quelle entro dodici miglia dalla costa su cui lo Stato adiacente esercita la propria giurisdizione – ed acque internazionali, dove vige, per l’appunto, il diritto internazionale.
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Semplificando un po', potremmo dire che le ZEE sono una via di mezzo: nel diritto internazionale le Zone Economiche Esclusive sono quelle aree di mare, adiacenti alle acque territoriali (comprese entro 12 miglia dalla linea di costa), in cui vi è un prolungamento della giurisdizione di uno Stato su una porzione delle acque internazionali. In particolare, le Zone Economiche Esclusive si estendono per un massimo di duecento miglia a partire dalla linea di costa. Dunque, alle 12 miglia di acque territoriali possono essere aggiunte massimo 188 miglia di ZEE. In queste acque, gli Stati possono collocare installazioni di vario genere e sono sovrani per quanto riguarda l’estrazione e la gestione delle risorse naturali.
La possibilità di proclamare una ZEE è garantita, a partire dal 1982, dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, meglio nota come Convenzione di Montego Bay (la stessa che ha anche istituito il concetto di acque internazionali).
La territorializzazione del mare
Ovviamente, possedere una ZEE è molto importante per tutta una serie di fattori: intanto, garantisce il controllo sulla fauna locale, e dunque permette di avere un importante bacino di pesca, fondamentale in tempi di crisi alimentare e commerciale. Inoltre, avere una ZEE è importante dal punto di vista energetico, perché permette di controllare le risorse di gas naturale e petrolio che si trovano all’interno della ZEE. Ma, soprattutto, nelle ZEE è possibile collocare anche infrastrutture a cavallo tra il militare e il civile (ad esempio delle isole artificiali o delle stazioni radar), creando così dei colli di bottiglia artificiali che il Paese in questione può utilizzare per controllare il commercio marittimo all’interno della propria Zona Economica Esclusiva.
Questo fenomeno è noto come territorializzazione del mare: in una parola, il mare smette di essere un'enorme autostrada libera da pedaggi in cui le merci possono muoversi e diventa sempre più simile alla terra, con confini e posti di blocco che spesso rischiano di generare tensioni geopolitiche e rallentamenti commerciali. Ciò avviene soprattutto se il mare che viene territorializzato non è enorme come l’oceano Atlantico o il Pacifico. È, ovviamente, il caso del Mediterraneo che, con ben 22 Paesi che si affacciano su di esso, rischia di diventare il mare più territorializzato del mondo.
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Sebbene più o meno tutti i Paesi che affacciano sul Mediterraneo cerchino di imporre una ZEE, quelli più attivi da questo punto di vista sono la Turchia e l’Algeria. La ZEE turca, infatti, arriva verso ovest a lambire le coste delle isole greche – generando fortissime tensioni con Atene – e verso sud arriva fino a Cipro da dove, grazie a un accordo tra Ankara e la Libia del 2019, si proietta fino alla Cirenaica (la Libia orientale). In realtà, la Turchia ha semplicemente un accordo con Tripoli per operare nella Zona Economica Esclusiva libica, tuttavia – essendo la Libia dilaniata dalle guerre civili – il paese di Erdogan fa il bello e il cattivo tempo nella ZEE libica.
L’Algeria, invece, ha proclamato una ZEE che arriva a lambire le coste della Sardegna. Il punto è che tra le cose algerine e quelle sarde corrono meno di duecento miglia: solo 110 miglia separano Algeria e Sardegna.
In questi casi, dunque, la situazione si fa intricata, perché quel tratto di mare può diventare conteso: entrambe le nazioni – Italia e Algeria – potrebbero proclamare una ZEE nello stesso spicchio d’acqua. Evidentemente, bisognerà trovare una situazione diplomatica, anche se non sarà così semplice.
E l’Italia?
Nonostante i circa 8.000 chilometri di coste e la vocazione marittima propria dell’Italia, il Belpaese non si è ancora dotato di una ZEE ben definita. O meglio, nel 2021 il Parlamento ha votato una legge che permette di proclamare una Zona Economica Esclusiva, ma essa deve essere istituita dal Consiglio dei Ministri su proposta del Ministero degli Esteri. Ciò significa che l’Italia non avrà una sua ZEE fino a un eventuale intervento del prossimo governo. Insomma, con molta probabilità di ZEE italiana non se ne parlerà almeno fino al 2023.
Tuttavia, possiamo già vedere che il progetto italiano è ambizioso. La ZEE italiana, infatti, andrebbe a dimezzare la profondità della ZEE algerina di cui abbiamo parlato in precedenza, oltre ad arrivare a lambire le coste tunisine. Insomma, da questo punto di vista l’Italia sembra voler riscoprire la sua vocazione marittima e la sua centralità mediterranea.