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5 Giugno 2025
15:24

Quali sono i requisiti per ottenere (e per perdere) la cittadinanza italiana

In Italia il principale criterio per attribuire la cittadinanza è lo «ius sanguinis»: bisogna quindi essere discendenti di altri cittadini italiani. Per gli stranieri extra-UE, invece, è necessario risiedere ininterrottamente nel nostro Paese per almeno 10 anni, ma il referendum abrogativo propone di dimezzare il limite temporale a 5 anni.

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Quali sono i requisiti per ottenere (e per perdere) la cittadinanza italiana
italiani

Al referendum abrogativo dell'8 e 9 giugno 2025 si voterà anche per decidere se ridurre, o meno, gli anni necessari per richiedere la cittadinanza italiana, passando dagli attuali 10 a 5. Ma come si fa a diventare cittadini italiani? Al momento, il criterio più utilizzato è quello dello ius sanguinis: si diventa cittadini italiani per discendenza, quindi se almeno uno dei genitori (anche adottivi) è a sua volta un cittadino italiano. Come nella maggior parte degli altri Paesi, la cittadinanza italiana può essere acquisita anche per matrimonio.

Ma come funziona per gli stranieri maggiorenni che si trasferiscono in Italia e vogliono richiedere la cittadinanza? Oggi lo status di cittadino italiano può essere richiesto da coloro che risiedono ininterrottamente nel nostro paese da almeno 10 anni, purché vengano rispettati determinati requisiti, tra cui la conoscenza della lingua italiana, l'obbligo di versare le tasse, la capacità di produrre un reddito sufficiente e l'assenza di precedenti penali.

I criteri fondamentali per ottenere la cittadinanza italiana

Attualmente, gli stranieri maggiorenni possono quindi richiedere la cittadinanza italiana dopo 10 anni trascorsi ininterrottamente nel territorio italiano, diventando così un cittadino per «naturalizzazione». Questo limite temporale è però ridotto da 10 a 4 anni nel caso in cui lo straniero sia un cittadino dell'Unione Europea. Per queste persone, non si applica la riduzione del tempo di attesa proposto dal quesito referendario.

In ogni caso, il richiedente deve garantire il rispetto di determinati requisiti:

  • il richiedente deve dimostrare di avere un reddito sufficiente per provvedere al proprio sostentamento;
  • il richiedente non deve avere precedenti penali;
  • il richiedente non deve essere in possesso di «motivi ostativi per la sicurezza della Repubblica», ossia non deve rappresentare un pericolo per la Nazione;
  • il richiedente deve dimostrare di conoscere la lingua italiana;
  • il richiedente deve dimostrare il rispetto degli obblighi tributari, ovvero al pagamento delle tasse.

Bisogna specificare che la cittadinanza non viene concessa automaticamente: ogni richiesta, infatti, viene attentamente esaminata prima di riconoscere a uno straniero lo status di cittadino italiano. Le richieste, tra l'altro, possono anche essere rifiutate, come nel caso in cui emergano irregolarità nella documentazione o periodi di discontinuità di residenza.

Cosa cambia se al referendum vince il sì

Il quesito referendario propone, quindi, di dimezzare il numero di anni di residenza ininterrotta in Italia: nel caso in cui vincesse il sì, servirebbero solo 5 anni per poter richiedere la cittadinanza italiana. Da considerare, infatti, ci sono anche i tempi burocratici della macchina statale: al giorno d'oggi, sono necessari tra i 3 e i 4 anni aggiuntivi per poter valutare le diverse pratiche e finalizzare il riconoscimento dello status di cittadino italiano a uno straniero. Tutti gli altri requisiti sopra elencati, dal reddito sufficiente fino all'assenza di precedenti penali, rimarrebbero invariati.

Secondo le stime dell'IDOS (Centro di Studi e Ricerche sull'Immigrazione), nel caso in cui vincesse il sì sarebbero circa 2 milioni e 139 mila i cittadini extra-UE che risiedono in Italia da un tempo compreso tra i 5 e i 10 anni, che quindi potrebbero presentare richiesta di cittadinanza.

L'Italia, comunque, resta uno dei paesi più restrittivi in termini di cittadinanza, visto che nella maggior parte dei Paesi occidentali il requisito temporale varia dai 3 ai 5 anni. La Spagna, come noi, prevede un tempo minimo di 10 anni: ciononostante, la legislazione spagnola riconosce numerose agevolazioni ai Paesi considerati più affini, come nel caso dei cittadini provenienti dall'America Latina o da Andorra e Filippine.

Cosa succede per chi nasce in Italia da genitori stranieri

Oggi il nostro ordinamento non prevede (se non in casi rari ed eccezionali) lo ius soli, ossia il criterio che fa riferimento al luogo di nascita. In questo caso, sarebbe considerato cittadino di uno Stato chiunque nasca all'interno del suo territorio, a prescindere dalla cittadinanza dei propri genitori o dalla discendenza.

Non essendo in vigore questo criterio, oggi la procedura per gli stranieri nati in Italia è piuttosto specifica: la richiesta può essere presentata esclusivamente tra i 18 e i 19 anni di età, con il richiedente che è tenuto a dimostrare di essere nato in Italia e di averci vissuto stabilmente e ininterrottamente per tutta la sua vita.

La situazione cambia leggermente se si parla di minori, figli di genitori stranieri: in questo caso, il minore può diventare automaticamente cittadino italiano se uno dei due genitori ottiene a sua volta la cittadinanza. In questo caso, il principio applicato è sempre quello dello ius sanguinis, semplicemente il genitore del minore non è diventato cittadino italiano per discendenza, ma per «naturalizzazione».

I casi in cui si può perdere la cittadinanza

Ma, una volta acquisita, si può perdere la cittadinanza italiana? Sì. La legge italiana riconosce diversi casi in cui è possibile perdere automaticamente lo status di cittadino italiano:

  • Nel caso in cui un cittadino italiano si arruoli volontariamente nell’esercito di uno Stato straniero o accetti un incarico pubblico presso uno Stato estero nonostante gli venga espressamente vietato dal governo italiano.
  • Nel caso in cui un cittadino italiano, durante lo stato di guerra con uno Stato estero, presti servizio militare per quello Stato o acquisisca la cittadinanza di quello Stato.
  • Nel caso in cui un cittadino italiano sia stato adottato e l'adozione venga revocata per un fatto a lui imputabile.
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