
Nei sedimenti marini dell’Artico è stata ritrovata polvere cosmica, residui di esplosioni stellari provenienti dallo Spazio, che rivela quanto era esteso il ghiaccio marino in questa zona nel passato. A fare la scoperta sono stati i ricercatori dell’Università di Washington, che l’hanno pubblicata in uno studio sulla rivista Science. La polvere cosmica, che cade regolarmente sulla Terra, fornisce queste importanti informazioni perché dove è assente il ghiaccio marino riesce ad accumularsi nei sedimenti oceanici, mentre dove è presente viene bloccata in superficie. Misurando la quantità di polvere spaziale nei sedimenti, i ricercatori hanno così ricostruito l’estensione del ghiaccio marino artico degli ultimi 30.000 anni. Studiarne l’evoluzione aiuta a comprendere come questo si comporta in relazione ai cambiamenti climatici.
Come la polvere cosmica permette di raccontare l’evoluzione dei ghiacci nell’Artico
Quando le stelle esplodono o quando comete e asteroidi collidono tra loro, si origina la cosiddetta polvere cosmica. Questa polvere, transitando vicino al Sole, si arricchisce di una rara forma di elio, chiamata elio-3. Le sue particelle cadono a ritmo regolare sulla Terra e quindi sul fondo degli oceani, dove vanno ad aggiungersi alla polvere di origine terrestre. Per distinguere la polvere spaziale da quella terrestre nei sedimenti marini dell’Artico, i ricercatori hanno utilizzato proprio l’isotopo elio-3. Misurarne la quantità nelle carote di sedimenti permette di capire dove in passato si trovasse il ghiaccio marino: quando la superficie del mare è ricoperta di ghiaccio, la polvere non può depositarsi sul fondo del mare, ma quando è assente può farlo. I ricercatori hanno prelevato carote di sedimenti in tre diversi siti: uno vicino al Polo Nord, che rimane coperto dal ghiaccio marino per tutto l’anno; uno situato lungo il bordo della banchisa durante la sua estensione minima stagionale; uno che oggi è privo di ghiaccio per gran parte dell’anno. Misurando la quantità di polvere cosmica delle carote è stato così possibile ricostruire l’evoluzione del ghiaccio marino negli ultimi 30.000 anni. Durante l’Ultima Era Glaciale l’Oceano Artico centrale è sempre stato coperto di ghiaccio marino durante tutto l’anno, come dimostra l’assenza di polvere sui fondali, mentre circa 15.000 anni fa il ghiaccio ha cominciato a ritirarsi e la polvere è ricomparsa.

Che collegamento c’è tra i cambiamenti del ghiaccio artico e il consumo di nutrienti
L’attenzione dei ricercatori si è concentrata anche sui gusci di piccolissimi organismi chiamati foraminiferi, contenuti nei sedimenti. La loro composizione rivela la quantità di nutrienti, in particolare di azoto, che gli organismi utilizzavano mentre erano in vita. Confrontando questi valori con i dati relativi all’estensione del ghiaccio marino, si è scoperto che il consumo di nutrienti era più alto quando la copertura di ghiaccio marino era bassa e diminuiva quando aumentava. Questo indica che l’attuale ritiro del ghiaccio artico dovuto al cambiamento climatico sarà accompagnato da un maggiore consumo di nutrienti da parte del fitoplancton, costituito da organismi microscopici che li utilizzano per la fotosintesi nelle acque superficiali. A sua volta, il fitoplancton viene mangiato da altri organismi, quindi questa alterazione ha conseguenze per l’intera catena alimentare. Per capire come mai la variazione del ghiaccio influisce sui nutrienti servono ulteriori ricerche. Per esempio, una minore quantità di ghiaccio potrebbe incentivare la fotosintesi in superficie, aumentando l’assorbimento di nutrienti.
