Nell'Artico (cioè la regione sopra il tropico del Cancro, a circa 66° di latitudine nord) le precipitazioni aumenteranno tra il 30% e il 60% entro il 2100 a causa del riscaldamento globale: questo significa che le precipitazioni, che ora sono soprattutto nevose, potrebbero diventare soprattutto piovose in un periodo compreso tra il 2060 e il 2080. In particolare, nell'Artico centrale le precipitazioni piovose potrebbero superare quelle nevose già nel 2060, mentre in precedenza il superamento era previsto per il 2090. Ad affermarlo uno studio pubblicato sulla rivista Nature Communications condotto da un team di ricercatori guidato da Michelle McCrystall dell'Università di Manitoba, in Canada. Questa non è una semplice questione meteorologica, ma può avere un impatto considerevole sul bilancio di massa della calotta glaciale della Groenlandia e sul livello globale del mare, sulla portata dei fiumi, sull'estensione e lo spessore del ghiaccio marino artico, sul permafrost, così come sulla flora, sulla fauna e sui sistemi socio-ecologici e socio-economici collegati.
Perché l'Artico diventerà sempre meno nevoso e sempre più piovoso
Un Artico più umido è la conseguenza diretta di una maggiore evaporazione della superficie marina non coperta dai ghiacci e di una maggiore sublimazione (ovvero passaggio diretto da ghiaccio a vapore) di quella coperta dai ghiacci (della banchisa artica, per intenderci), in entrambi i casi per effetto del riscaldamento globale, che vede la sua massima espressione proprio nella regione artica: non per niente si parla di “amplificazione artica”. Temperature dell’aria più elevate significa maggiore capacità dell’atmosfera di contenere e trasportare vapore acqueo, anche e soprattutto verso il Polo Nord. Ne consegue poi, sotto certe temperature, una maggiore quantità di vapore acqueo in grado di condensare sotto forma di nubi e di ritornare al suolo sotto forma di precipitazioni più abbondanti.
Le conseguenze di un Artico sempre meno nevoso
In un Artico dove pioverà sempre più, accadrà sempre più spesso che la pioggia cada sulla neve, per poi congelare e formare uno strato di ghiaccio che renderà impossibile per gli erbivori raggiungere le piante. Intere specie rischieranno quindi di soffrire la fame. Più in generale, una maggiore pioggia potrebbe portare il permafrost che copre la Groenlandia a fondersi più rapidamente, rilasciando in atmosfera le enormi quantità di gas serra che al momento sono intrappolate nel suolo, tra cui CO2 e metano.
La riduzione della copertura nevosa potrebbe aggravare ulteriormente il riscaldamento artico e globale perché la neve riflette maggiormente i raggi solari, che quindi si disperdono nello spazio. Questo fenomeno si chiama in gergo tecnico feedback dell’albedo.