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26 Settembre 2025
16:35

Cos’è l’Autopen e come funziona il “robot” che utilizzano i Presidenti USA per firmare i documenti

Donald Trump ha inaugurato una galleria dei presidenti sostituendo il ritratto di Biden con la foto di un Autopen, simbolo delle critiche sul suo presunto uso eccessivo della firma automatica. Ecco come funziona questo "robot" e quanto è usato negli ambienti governativi.

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Cos’è l’Autopen e come funziona il “robot” che utilizzano i Presidenti USA per firmare i documenti
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Esempio di macchina Autopen. Credit: Signascript.

L'Autopen, una macchina per firmare automaticamente documenti usata anche dai Presidenti USA, è un oggetto tornato alla ribalta negli ultimi mesi per via di alcune vicissitudini politiche americane. Se ne sta parlando molto soprattutto in questi giorni, visto che l'attuale Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, nel presentare la nuova galleria che ospita i ritratti dei vari “potus”, al posto del ritratto del suo predecessore Joe Biden, ha collocato la fotografia di una di queste macchine, indicando sotto il nome e le date di mandato. Un gesto volutamente simbolico, che richiama le accuse lanciate dai repubblicani secondo cui Biden avrebbe abusato dell'Autopen per firmare non solo corrispondenza di routine, ma anche atti delicati, come le grazie presidenziali, il tutto per mascherare il suo declino cognitivo.

Quando è nato l'Autopen e come funziona

Facciamo un passo indietro e ripercorriamo le origini storiche dell'Autopen. L'idea di replicare automaticamente la scrittura non è un'invenzione recente. Basti pensare che già Thomas Jefferson, all'inizio del XIX secolo, usava un congegno chiamato poligrafo e che, per certi versi, potremmo considerare un “antenato” dell'Autopen. Mentre scriveva un documento, bracci meccanici secondari del poligrafo tracciavano simultaneamente una copia identica su un altro foglio. Era un modo rudimentale, quanto efficace, a cui il 3° Presidente USA ricorreva per risparmiare tempo.

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Macchina usata dal Dipartimento del Tesoro per la firma simultanea di più assegni. Credit: Library of Congress.

L'Autopen vero e proprio, però, comparve più di un secolo dopo, negli anni ’30 del Novecento. In quelle prime versioni la firma del proprietario veniva incisa su una matrice rigida e un meccanismo fatto di dischi sagomati capaci di trasformare il moto rotatorio in movimenti lineari, chiamati camme, guidava lo stilo lungo il percorso inciso. Il risultato era una replica fedele e sempre identica della firma originale, utile in contesti istituzionali o commerciali in cui servivano centinaia di copie autenticate.

Il pubblico poté accedere a strumenti di scrittura automatizzata soltanto nel 1937, grazie all'invenzione del “Robot Pen”, pubblicata su Popular Mechanics (Maggio 1937, pag. 657). Qualche anno dopo, nel 1942, un certo Robert M. De Shazo Jr. ne sviluppò un modello che divenne presto popolare nelle stanze del Governo degli Stati Uniti: tra i suoi utilizzatori figuravano, ad esempio, Gerald Ford e Harry Truman.

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Prima menzione della macchina Autopen nella rivista Popular Mechanics (Maggio 1937, pag. 657).

Negli anni ’50, i modelli evolsero in versioni elettromeccaniche simili ai plotter di oggi. In questi apparecchi, due motori indipendenti muovono un braccio che impugna una penna comune lungo gli assi X e Y, seguendo coordinate pre-registrate. I modelli più recenti utilizzano motori stepper, capaci di controllare con precisione velocità, angolo e pressione del tratto. Alcuni dispositivi integrano memorie cifrate con firme autorizzate, contatori di utilizzo non azzerabili e alimentatori automatici per firmare centinaia di pagine di seguito.

Dal punto di vista pratico, l’Autopen funziona come una penna robot. A differenza di una semplice immagine digitale, la macchina scrive davvero, e questo dettaglio tecnico è importante perché rende la firma più credibile dal punto di vista grafico e, soprattutto, giuridico.

Quanto è diffuso l'uso dell'Autopen tra i Presidenti USA

A proposito del termine “Autopen”, questo si diffuse grazie all'International Autopen Company di Arlington, produttrice delle macchine con quella denominazione. Uno dei loro modelli più noti, il Modello 50, venne usato in modo intensivo dallo staff di John F. Kennedy per apporre la sua firma a vari documenti. Il primo Presidente americano ad ammettere pubblicamente l'uso di uno strumento per firmare in modo automatico fu Lyndon B. Johnson, che concesse persino il permesso di far fotografare l'Autopen alla Casa Bianca. Nel 1968 la foto in questione comparì nel National Enquirer, in un articolo intitolato “The Robot That Sits In For The President” (ovvero, “Il robot che sostituisce il Presidente”).

Con il tempo l'uso dell'Autopen si radicò talmente tanto nelle istituzioni statunitensi che, nel 2005, il Dipartimento di Giustizia sancì ufficialmente la legittimità di questa pratica, riconoscendo ai Presidenti la possibilità di firmare documenti legislativi tramite dispositivi automatici. È per questo che Barack Obama, nel 2011, poté firmare dall'Europa una proroga del Patriot Act grazie alla LongPen, una variante capace di riprodurre anche le dinamiche biometriche del gesto, dal ritmo alla pressione. E, per quanto abbia criticato il suo predecessore, anche Donald Trump è ricorso più volte all'uso dell'Autopen, sia nel precedente mandato che in quello attuale.

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