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27 Aprile 2024
6:00

Trent’anni fa finiva l’apartheid: storia della politica di segregazione razziale in Sudafrica

L'apartheid fu un regime di segregazione razziale istituito in Sudafrica basato sul principio che i diritti politici e il benessere economico dovessero essere riservati alla popolazione bianca. Rimase in vigore dal 1948 al 1994 e terminò con la riconciliazione tra De Klerk e Mandela.

A cura di Erminio Fonzo
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Trent’anni fa finiva l’apartheid: storia della politica di segregazione razziale in Sudafrica
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L’apartheid (che significa “separatezza” in lingua afrikaans) era il sistema di segregazione razziale istituito in Sudafrica dalla minoranza di etnia bianca ai danni della popolazione nera e delle altre etnie. L’apartheid ebbe inizio “ufficialmente” nel 1948 e includeva un gran numero di misure legislative, emanate in momenti diversi. Uno dei principali ideologi dell'apartheid fu Hendrik Frensch Verwoerd. Contro l’apartheid si sviluppò un vasto movimento di lotta, del quale furono protagonisti l’African National Congress (ANC) e il suo leader Nelson Mandela. Il sistema, anche a causa delle pressioni internazionali, crollò all’inizio degli anni ’90, ma le disuguaglianze tra bianchi e neri non sono venute meno. La data ufficiale scelta per il termine della segregazione fu il 27 aprile 1994.

Una premessa sul Sudafrica coloniale

Nell’età moderna il territorio sudafricano era una colonia “di popolamento”: le potenze europee non si limitarono ad assumere il controllo militare e politico, come in altre regioni africane, ma vi trasferirono una parte della loro popolazione. I coloni erano in parte di origine olandese, noti come afrikaner o boeri, e in parte di origine britannica. Il territorio nel quale si stabilirono era abitato soprattutto da neri di etnia bantu, che costituivano (e hanno costituito sempre) la grande maggioranza della popolazione. Nel corso dei secoli, si sono sviluppate anche minoranze mulatte e di origine asiatica (soprattutto indiani arrivati tra Otto e Novecento).

Il Sudafrica, diventato una dipendenza del Regno Unito dopo le guerre tra inglesi e boeri del periodo 1880-1902, nel corso del Novecento ha guadagnato una progressiva autonomia e nel 1961 ha ottenuto la piena indipendenza.

La prima guerra anglo-boera (credits FAK)
La prima guerra anglo–boera. Credits: FAK.

Fino al 1994 il potere politico era gestito dalla minoranza bianca, in particolare da quella afrikaner, che già prima della Seconda Guerra Mondiale aveva imposto alcune misure discriminatorie contro i neri, per esempio limitando il loro diritto di possedere la terra. L'apartheid vero a proprio fu istituito dopo le elezioni del 1948, nelle quali risultò vincitore il Partito nazionale, rappresentante degli afrikaner. Il vero “architetto” della segregazione è considerato Hendrik Frensch Verwoerd, ministro per tutti gli anni ’50 e primo ministro dal 1958 al 1966.

In cosa consisteva l’apartheid

L’apartheid era fondato su una serie di misure legislative che miravano a tenere la popolazione nera e le altre etnie separate dai bianchi. Per esempio, la popolazione nera fu deportata da molti quartieri urbani e relegata in territori semi-indipendenti, i bantustan, molto meno sviluppati delle aree occupate dai bianchi e caratterizzati dalla diffusione della povertà e delle malattie infettive. In tutto il Paese, del resto, la ricchezza era concentrata nelle mani dei bianchi e le altre etnie vivevano in condizione di povertà ed esclusione sociale. Inoltre, per accedere a determinate località abitate da bianchi, i neri dovevano disporre di speciali passaporti interni. Tutte le strutture pubbliche (uffici, negozi, ecc.) erano rigidamente separate su base razziale. I matrimoni misti e i rapporti sessuali tra persone di etnie diverse erano rigorosamente vietati. Tutte le etnie non bianche erano sprovviste di diritti politici.

Cartello dell'epoca dell'apartheid
Cartello dell’epoca dell’apartheid

La lotta contro l’apartheid e il ruolo di Mandela

La popolazione bantu o, almeno, la sua minoranza più politicizzata, condusse una lunga lotta contro l’apartheid. La principale organizzazione era l’African National Congress, nella quale negli anni ’50 emerse un leader destinato a far parlare a lungo di sé: Nelson Mandela.

Mandela nel 1960 brucia il suo pass book
Mandela nel 1960 brucia il suo passaporto interno

Il governo reagì alla lotta dell’ANC con estrema brutalità, incarcerando i leader e molti militanti del partito. Mandela, per esempio, restò in prigione per ventisette anni. La polizia, inoltre, compì veri e propri massacri ai danni dei cittadini neri, come quello avvenuto a Sharpeville del 1960 nel corso di una manifestazione contro i passaporti interni.

Con il passare degli anni, la comunità internazionale prese posizione contro l’apartheid. Molti Stati e istituzioni sovranazionali, come l'ONU, imposero sanzioni al Sudafrica, che fu escluso anche dalle Olimpiadi e dalle altre competizioni sportive.

La fine dell’apartheid

Negli anni ’80 la minoranza bianca dovette rendersi conto che la reazione internazionale e le lotte dell’ANC rendevano impossibile perpetuare l’apartheid. Il presidente Frederik De Klerk, eletto nel 1989, avviò trattative con Mandela, ancora detenuto. I due trovarono un accordo che, nella sostanza, prevedeva la parità di diritti per tutti i sudafricani e la riconciliazione nazionale senza punizioni per i soprusi compiuti dai bianchi.

Mandela fu liberato nel 1990 e nel 1993 fu insignito insieme a De Klerk del Nobel per la pace. Nel 1994, alle prime elezioni democratiche del Sudafrica, fu eletto presidente della Repubblica. Dopo di lui si sono susseguiti sempre presidenti neri e appartenenti all’ANC.

De Klerk e Mandela nel 1992
De Klerk e Mandela nel 1992

Bianchi e neri in Sudafrica oggi

Oggi i neri rappresentano l’81,4% della popolazione sudafricana, i bianchi il 7,3%, i mulatti l’8,2% e gli indiani il 2,7% (dati 2011).

Sebbene l’apartheid sia stata abolita da trent’anni, non tutti i suoi effetti sono venuti meno. Le istituzioni hanno cercato di promuovere lo sviluppo di un’identità comune tra tutti i sudafricani, senza però riuscire a eliminare completamente i contrasti di natura ideologico-culturale tra bianchi e neri (per esempio, sono sorte polemiche a proposito dei nomi di alcune località).

Quel che è peggio è che sul piano economico la divergenza tra bianchi e neri non solo non è scomparsa, ma è persino aumentata, al punto che oggi il Sudafrica è uno dei Paesi nei quali le disuguaglianze economiche sono più marcate. Il 55% della popolazione vive sotto la soglia di povertà e i poveri sono quasi tutti neri o appartenenti alle altre etnie non bianche.

Una delle differenze rispetto agli anni dell’apartheid è lo sviluppo di una classe media nera, che però costituisce solo una piccola minoranza della popolazione totale. La strada per una vera uguaglianza, insomma, è ancora lunga.

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