Camillo Benso, conte di Cavour (chiamato perciò Cavour per semplicità e brevità) nacque a Torino nel 1810 e fu uno dei protagonisti del Risorgimento e il primo presidente del consiglio dell’Italia unita. Sostenitore degli Stati monarchico-costituzionali, del liberismo in economia e della laicità dello Stato, fu presidente del consiglio del Regno di Sardegna (che comprendeva Piemonte, Liguria, Sardegna e altri territori) quasi ininterrottamente dal 1852 al 1861. In questa veste si attivò per portare la questione italiana all’attenzione delle potenze europee. Dopo essersi accordato con Napoleone III, provocò una guerra contro l’Austria, dalla quale scaturì la fondazione del Regno d’Italia. Cavour, però, poté fare poco per il nuovo Regno: il 6 giugno 1861 morì a causa di una febbre di origine malarica. La sua tomba si trova a Santena, presso Torino.
La giovinezza e la formazione di Cavour
Camillo Benso nacque a Torino il 10 agosto 1810. Apparteneva a una famiglia di proprietari terrieri, che deteneva alcuni titoli nobiliari, tra i quali quello di conti del paese di Cavour, presso Torino. Perciò Camillo Benso è conosciuto col soprannome di Cavour.
Sin da giovane, il conte mostrò interesse per gli studi e per la politica. Frequentò l’accademia militare di Torino e a 22 anni fu nominato sindaco di Grinzane (oggi Grinzane Cavour). Si dedicò all’amministrazione delle sue proprietà con un approccio funzionale e moderno, che consentì di aumentarne la produzione, ed ebbe occasione di visitare la Francia e il Regno Unito.
Le idee politiche di Cavour e l’elezione al Parlamento
Cavour maturò convinzioni politiche liberali. Era un sostenitore del liberismo economico e apprezzava i regimi monarchico-costituzionali, come quello inglese e quello francese, ma era contrario alle rivoluzioni e alle repubbliche. In materia religiosa, sosteneva la laicità dello Stato.
Nel 1847 fondò un giornale, Il Risorgimento, attraverso il quale fece il suo ingresso sulla scena politica torinese. Dalle colonne de Il Risorgimento espresse il suo sostegno allo Statuto Albertino, emanato dal re Carlo Alberto nel 1848, e all’intervento del Regno di Sardegna nella prima guerra di indipendenza contro l’Austria, conclusasi con una sconfitta. Nel 1848 si candidò alle elezioni per la Camera dei deputati, previste dallo Statuto, e risultò eletto.
La nomina a ministro e a presidente del consiglio
Nel 1850 Cavour fu nominato ministro dell’agricoltura e del commercio nel governo guidato da Massimo D’Azeglio e in seguito assunse anche gli incarichi di ministro della marina e delle finanze. Nel 1852 strinse un’alleanza politica, passata alla storia con il nome di connubio, con Urbano Rattazzi, il leader della sinistra, e fu nominato presidente del consiglio. Mantenne l’incarico quasi ininterrottamente fino all’Unità d’Italia.
La politica interna di Cavour
Cavour promosse una politica modernizzatrice, riformando la giustizia e la pubblica amministrazione. Nel 1854 fece emanare una legge che aboliva i conventi, nella convinzione che l’etica del lavoro, rifiutata dai monaci, fosse alla base della modernità. La legge costò a Cavour la scomunica da parte del papa Pio IX e una crisi parlamentare.
Cavour promosse inoltre lo sviluppo delle ferrovie, al punto che il Regno di Sardegna divenne lo Stato italiano preunitario a dotarsi della rete ferroviaria più estesa e funzionale.
Cavour nel Risorgimento: la guerra di Crimea
Cavour fu uno dei protagonisti dell’Unificazione italiana. Come sappiamo, nella prima metà dell’Ottocento anche nella Penisola si diffuse l’idea di nazione, secondo la quale un popolo unito da cultura e lingua comune ha diritto a costituire un suo Stato. Di conseguenza, negli ambienti politici e intellettuali si affermò il principio che l’Italia dovesse formare uno Stato unitario. Vi erano divergenze, però, su come il nuovo Stato dovesse essere formato – se con la diplomazia o con la rivoluzione – e sulla forma istituzionale che avrebbe dovuto assumere – se monarchia o repubblica, se Stato centralizzato o Stato federale. Cavour proponeva un approccio moderato, sostenendo che la questione italiana dovesse essere affrontata per via diplomatica e che l’Italia avrebbe dovuto essere una monarchia costituzionale.
Nel 1853 Cavour fece partecipare un contingente piemontese alla guerra di Crimea, scoppiata tra l’Impero Ottomano e la Russia, accanto alle truppe della Francia e del Regno Unito, intervenuti a favore degli ottomani. La mossa serviva per partecipare al congresso di pace, che si tenne a Parigi nel 1856. Cavour colse l’occasione per portare all’attenzione delle potenze europee la questione italiana.
Unità d’Italia e Cavour
Cavour inizialmente non riteneva possibile unificare tutta l’Italia e pensava solo che il Regno di Sardegna potesse estendere i suoi confini sui territori italiani occupati dall’Austria, annettendo Lombardia e Veneto. Perciò nel 1858 stipulò con Napoleone III, imperatore dei francesi, un’alleanza passata alla storia con il nome di accordi di Plombières. I due statisti stabilirono che la Francia sarebbe intervenuta al fianco del Piemonte in caso di guerra contro l’Austria e che al termine del conflitto la Penisola italiana sarebbe stata divisa in tre regni principali: al Nord, il Regno di Sardegna avrebbe annesso Lombardia, Veneto e altri territori; nelle regioni centrali, sarebbe stato costituito un regno con un monarca gradita ai francesi; nel Mezzogiorno avrebbe continuato a esistere il Regno delle Due Sicilie, eventualmente con un cambio di dinastia. Il Papa avrebbe conservato il potere su Roma, ma avrebbe perso il resto del territorio dello Stato pontificio.
Le cose, come sappiamo, presero una piega diversa: i ducati dell’Italia centrale chiesero e ottennero di entrare a far parte del Regno di Sardegna; la Spedizione dei mille, guidata da Garibaldi, consentì l’annessione del Regno delle due Sicilie.
La morte improvvisa
Il ruolo di Cavour nell’unificazione italiana era stato determinante: tra le tante idee su come affrontare la questione, la sua si era rivelata vincente. Dopo la proclamazione del Regno d’Italia, avvenuta il 17 marzo 1861, il conte fu nominato presidente del consiglio. Tutto lasciava immaginare che avrebbe guidato a lungo il Paese, ma il 6 giugno morì a causa di una febbre malarica contratta in gioventù e mai completamente curata. Fu sepolto, per sua volontà, nel cimitero di Santena, presso Torino, nella tomba dei Benso.