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Enzo Tortora, nato a Genova il 30 novembre 1928 e morto a Milano il 18 maggio 1988, è stato un popolare conduttore televisivo attivo dagli anni '50 fino alla morte. Condusse trasmissioni di successo, tra le quali La Domenica sportiva e Portobello, ed è considerato uno dei padri della tv italiana. Negli anni '80 fu coinvolto in un celebre caso giudiziario: accusato ingiustamente di associazione camorristica da alcuni pentiti come Giovanni Melluso, venne arrestato nel 1983 trascorrendo sette mesi in carcere e un periodo in detenzione domiciliare. Solo dopo tre anni, il 17 giugno 1987, la Corte di Cassazione di Roma riconobbe la sua completa innocenza, il conduttore tornò brevemente in televisione, ma nel 1988 morì per un tumore.
La nascita e la carriera televisiva
Enzo Tortora nacque a Genova il 30 novembre 1928 da una famiglia di origini napoletane, si avvicinò al mondo dello spettacolo da giovane, suonando come percussionista in un’orchestra e lavorando ad alcuni spettacoli teatrali insieme a Paolo Villaggio.
Nel 1953 fu assunto dalla Rai e tre anni più tardi apparve per la prima volta in una trasmissione televisiva. All’epoca la televisione era appena nata, le trasmissioni erano regolate da rigidi principi morali, e sottoposte a un severo controllo politico. Tortora condusse diversi programmi, tra i quali l’edizione del festival di Sanremo del 1959, per tale ragione è considerato uno dei padri della televisione italiana insieme a Mike Bongiorno, Corrado e Pippo Baudo.

Tuttavia, la sua carriera in Rai fu caratterizzata anche da allontanamenti forzati: il primo avvenne nel 1962, dopo che ebbe ospitato nella trasmissione "Telefortuna" il comico Alighiero Noschese, che propose un’imitazione di Amintore Fanfani, importante esponente della Democrazia cristiana. Per l’epoca, era un inaccettabile atto di irriverenza e Tortora fu allontanato dalla Rai. Rientrò tre anni più tardi, assumendo la conduzione di "Domenica sportiva". Nonostante il successo della trasmissione, nel 1969 fu nuovamente allontanato perché in una intervista rilasciata al settimanale "Oggi" aveva criticato duramente i dirigenti della Rai.
Portobello e il successo
Per alcuni anni Tortora lavorò per le emittenti private e per la carta stampata. Tornò in Rai nel 1977, dopo la riforma che aveva consentito la nascita del secondo canale e “diversificato” il controllo della politica: iniziò a condurre la trasmissione "Portobello" (dal nome della strada di Londra dove ha sede di un celebre mercato), da lui stesso ideata. Il programma metteva in scena una sorta di mercato, nel quale erano presenti oggetti di ogni tipo, inviati dagli spettatori. Nello studio si aggiravano personaggi bizzarri, come inventori che presentavano loro creazioni. Gli spettatori potevano partecipare all’asta telefonando in diretta. Nello studio era presente anche un pappagallo e si assegnava un premio in denaro agli spettatori che riuscissero a fargli pronunciare la parola “Portobello” (accadde solo una volta nel 1982).

Portobello, che andava in onda il venerdì sera sulla Rete 2 (oggi Raidue), ebbe un successo straordinario, perché era particolarmente innovativa, alcuni elementi del programma, come le telefonate in diretta, sono stati poi ripresi da successive trasmissioni.
Il caso Tortora: un esempio di malagiustizia
Nel 1983, mentre era all’apice del successo, Enzo Tortora fu arrestato. Coinvolto nel maxiblitz del 17 giugno 1983, nel corso del quale furono arrestate più di 800 persone, fu prelevato nella sua casa di Roma dai carabinieri alle quattro del mattino e portato in carcere. La sua foto in manette fu pubblicata da tutti i giornali. L’arresto avvenne perché alcuni pentiti avevano accusato Tortora di far parte della camorra e di essere coinvolto nel traffico di droga.

Il conduttore restò in carcere per sette mesi, nonostante non esistessero elementi oggettivi a sostegno delle accuse. L’unica presunta prova materiale, la rubrica telefonica di un camorrista, si rivelò infondata (riportava il nome Tortona, non Tortora). Dopo sette mesi di detenzione in carcere, il conduttore fu posto agli arresti domiciliari. Nel 1984 fu candidato al Parlamento europeo per il Partito radicale e risultò eletto, ma dopo pochi mesi rassegnò le dimissioni, rinunciando all’immunità: al processo di primo grado fu condannato a 10 anni di reclusione, ma in appello fu assolto, la corte accertò che tutte le dichiarazioni dei pentiti contro di lui erano false ed erano state fatte con il proposito acquisire benemerenze nei confronti del sistema giudiziario, facendo condannare un personaggio noto. La Cassazione confermò l’assoluzione il 13 giugno 1987.
Il ritorno in televisione e la morte
Dopo l’assoluzione in appello, Tortora poté riprendere la conduzione di Portobello. Il 20 febbraio 1987 la trasmissione andò nuovamente in onda. Il conduttore, visibilmente commosso, si rivolse agli spettatori con la frase «Dunque, dove eravamo rimasti?», rimasta famosa. La trasmissione, però, non ebbe lo stesso successo delle edizioni precedenti e al termine della stagione televisiva fu definitivamente sospesa. Tortora continuò a militare nel Partito radicale, assumendone anche la presidenza, e nell’autunno del 1987 iniziò a condurre la sua ultima trasmissione, intitolata "Giallo". Fu colpito, però, da un tumore e a gennaio del 1988 lasciò la televisione. Il 18 maggio 1988 morì a Milano.