Il brigantaggio è una forma di criminalità esistente almeno dai tempi dell’impero romano. I briganti operavano nelle campagne e nei paesi rurali, compiendo rapine, estorsioni e furti ai danni della popolazione e ricorrendo anche al ricatto e all’omicidio. D'altra parte con la parola brigantaggio si fa spesso riferimento al brigantaggio postunitario, cioè il periodo di grande crescita del fenomeno degli anni 1861-1865. Quest'ultimo è spesso mitizzato e i briganti sono presentati come eroi che difendevano la loro terra dalla presunta "invasione" del Nord, per mano del Regno di Sardegna guidato dai Savoia e di Garibaldi. La realtà è molto diversa: in genere i briganti non erano mossi dalla volontà di difendere il territorio, ma da interessi personali. È però vero che il fenomeno fu incentivato dal fatto che, nel breve periodo, l’unità d’Italia provocò un peggioramento delle condizioni di alcuni settori della popolazione meridionale, spingendola a unirsi alle bande.
Cosa è il brigantaggio
Il brigantaggio è una forma di criminalità nata nell’epoca antica ed esistita, in vari modi e forme, fino al Novecento. I briganti erano riuniti in bande che compivano rapine, furti e omicidi. In genere operavano nelle campagne e sulle vie di comunicazione. Nella maggior parte dei casi il brigantaggio era provocato dalla miseria, che rendeva impossibile a una parte della popolazione vivere con mezzi legali. Il fenomeno, inoltre, in genere si sviluppava in misura maggiore nei periodi di cambiamento politico e di vuoto di potere.
In casi non rari, i briganti godevano della protezione di aristocratici e persone potenti; altre volte, le loro azioni assumevano caratteri sociali, presentandosi come una ribellione della povera gente contro i ricchi. Alcuni briganti sono entrati nel folklore popolare: Angelo Pezza detto Angiolillo, attivo nel Regno di Napoli nel Settecento; Nino Martino, presente sulla Sila, in Calabria, nel Cinquecento; Michele Pezza, detto Fra Diavolo, attivo nello Stato Pontificio all’inizio dell’Ottocento.
Il brigantaggio postunitario
Spesso con la parola “brigantaggio” si indica solo il fenomeno sviluppatosi dopo l’Unità d’Italia. Negli anni 1861-1865, infatti, il brigantaggio andò incontro a una grande crescita in alcune aree del Meridione. I briganti attaccavano fattorie e campi per appropriarsi dei beni, effettuavano estorsioni e rapine, uccidevano chi tentava di contrastare le loro attività.
Il fenomeno era diffuso nelle aree collinari e montuose, ma era assente nei centri urbani. Le bande più forti, che arrivarono a contare varie centinaia di uomini, operavano in Basilicata, nelle aree interne della Campania, in alcune zone della Puglia e della Calabria.
È impossibile definire con precisione quanti erano i briganti. Gli storici ritengono che nel 1863, momento di massimo sviluppo del fenomeno, raggiungessero la cifra di circa 80.000 unità, per poi diminuire rapidamente. La fase più acuta del brigantaggio terminò nel 1865, ma il fenomeno scomparve del tutto intorno al 1870.
Perché si sviluppò il brigantaggio
La crescita del brigantaggio dopo l'Unità fu provocata dalle condizioni economiche e dai cambiamenti prodotti dalla nascita del Regno d’Italia. Dopo l’Unità, le condizioni di alcune fasce della popolazione peggiorarono. Si trattò di un peggioramento temporaneo, giacché l’Unità rappresentò un grande progresso per tutta la popolazione del Mezzogiorno, ma sul momento creò alcune difficoltà. Il governo italiano, inoltre, introdusse la leva obbligatoria (già esistente nel Regno delle Due Sicilie, ma facilmente aggirabile), che per i contadini era dannosa perché allontanava i giovani dal lavoro. Non a tutti i cittadini meridionali, infine, piaceva il nuovo Regno d’Italia e alcuni, anche per le pressioni del clero, auspicavano il ritorno alla monarchia borbonica. Tra i briganti, insieme a molti contadini, figuravano ex soldati e ufficiali dell’esercito duosciliano.
Il brigantaggio politico
Il brigantaggio non fu una ribellione contro il Regno d’Italia, come spesso si racconta, ma soprattutto un fenomeno di criminalità provocato dalle condizioni economiche e sociali. In alcuni casi, però, il brigantaggio assunse connotati politici. Tra i briganti, come abbiamo detto, figuravano ex ufficiali dell’esercito borbonico. Inoltre Francesco II, re Borbone in esilio a Roma, e lo Stato pontificio finanziarono i briganti per destabilizzare il Regno d’Italia.
Il tentativo più noto ebbe luogo nel 1861: un generale spagnolo al servizio di Francesco II, José Borjes, incontrò in Lucania Carmine Crocco, il brigante a capo della banda più potente, per offrirgli un’alleanza militare e lauti finanziamenti. Il brigante accettò, ma l’alleanza si incrinò presto. Crocco, del resto, non era mosso dal desiderio di ripristinare la monarchia borbonica, ma da interessi personali: aveva partecipato alla Spedizione dei mille e combattuto al fianco di Garibaldi; era diventato brigante solo perché il nuovo governo aveva rifiutato di annullare una condanna per omicidio che aveva subito negli anni precedenti.
La repressione del brigantaggio
Il governo italiano attuò una durissima repressione del brigantaggio e nel 1863, con la legge Pica, istituì lo stato d’assedio in tutte le regioni del Mezzogiorno, consentendo ai comandi militari di emanare condanne a morte e compiere altre azioni repressive senza tenere conto delle autorità politiche. Il numero di briganti uccisi (per condanna a morte o durante le operazioni militari) non è noto. Probabilmente, tra il 1861 e il 1865 morirono intorno a 10.000 briganti.
Alcune vicende, tuttavia, sono controverse e spesso la repressione è raccontata in termini esagerati. Per esempio, alcuni autori ipotizzano stragi di centinaia o persino migliaia di persone, come nel caso di due paesi del Beneventano, Pontelandolfo e Casalduni, che hanno avuto proporzioni di gran lunga inferiori. Sostengono, inoltre, che il carcere di Fenestrelle, presso Torino, fosse un "lager", nel quale furono rinchiusi decine di migliaia di meridionali in condizioni di vita pietose, laddove si trattava di una normale prigione militare, come ne esistevano in tutti gli Stati. È però vero che in alcuni casi nella repressione operata dall’esercito furono colpite anche persone innocenti. I briganti, dal canto loro, compirono efferatezze e atrocità di vario genere, non solo contro i soldati dell'esercito italiano, ma anche contro i cittadini che si opponevano ai loro soprusi.