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19 Novembre 2023
17:08

Chi è Giuseppe Garibaldi: la vita e le imprese dell’eroe dei due mondi

Garibaldi è forse l’italiano più popolare al mondo. Nell’Ottocento le sue imprese militari diedero un grande contributo alla diffusione delle idee di libertà e giustizia sociale. Garibaldi, però, non era tanto un ideologo, quanto un uomo d’azione.

A cura di Erminio Fonzo
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Chi è Giuseppe Garibaldi: la vita e le imprese dell’eroe dei due mondi
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Credits: In album: Cartes–de–visite portraits of U.S. Army officers, children, and others, p. 15, right., da Wikimedia Commons

Giuseppe Maria Garibaldi fu un rivoluzionario, un condottiero e un politico, protagonista dell’unificazione d’Italia nel Risorgimento. Nato nel 1807, da giovane intraprese la carriera di marinaio, ma diventò presto un militante politico. Partecipò a guerre civili e insurrezioni in America Latina, per poi rientrare in Italia e guidare le truppe della Repubblica romana contro le armate della Francia di Napoleone III. Nel 1860 comandò la spedizione dei mille, che consentì la fondazione del Regno d’Italia, e in seguito fu protagonista di numerose campagne a sostegno dei regimi liberali e democratici. Il mito che lo circondava animò in tutta Europa le ribellioni per la democrazia e la libertà. Oggi è conosciuto come l'eroe dei due mondi, perché fu protagonista di guerre e rivoluzioni in Europa e in America Latina.

La gioventù di Garibaldi e le esperienze in Sud America

Giuseppe Garibaldi nacque nel 1807 a Nizza, all’epoca facente parte del Regno di Sardegna. Da giovane lavorò come marinaio, compiendo numerosi viaggi, e negli anni ’30 si avvicinò al movimento repubblicano guidato da Giuseppe Mazzini.

Garibaldi da giovane
Garibaldi da giovane.

Garibaldi partecipò ai moti rivoluzionari del 1834 nel Regno di Sardegna e l’anno seguente si trasferì in Brasile, accolto dalla comunità di esuli italiani che vivevano nel Paese. Animato da un indomito spirito di azione, partecipò al conflitto dello Stato del Rio Grande do Sul, ribellatosi contro il governo brasiliano, effettuando azioni di “guerra di corsa”, cioè attacchi di pirateria legalizzata alle navi del nemico. In seguito si trasferì in Uruguay e combatté nella guerra che contrapponeva la fazione dei colorados, sostenitori dei ceti mercantili, a quella dei blancos, che rappresentavano soprattutto i proprietari terrieri. Garibaldi si schierò con i primi, costituendo una legione di volontari italiani e organizzando numerose operazioni militari.

Bandiera della Legione italiana (credit Noce09)
Bandiera della Legione italiana. Credits: Noce09.

L’esperienza sudamericana consentì al giovane combattente di apprendere le tattiche della guerriglia e della guerra navale e gli garantì una grande popolarità.

La Repubblica romana

Nel 1848, quando in Europa ebbe inizio un'ondata rivoluzionaria, Garibaldi decise di tornare in Italia. Aderì alla Repubblica romana, istituita nel ’48 dai mazziniani al posto dello Stato pontificio, e ne guidò l’esercito nel tentativo di difesa dai francesi, che intendevano riportare sul trono il papa. Garibaldi riuscì a evitare l’accerchiamento, ma non poté resistere alle superiori forze dei nemici. Dopo la sconfitta, andò nuovamente in esilio: si recò a Tangeri, a New York e in seguito navigò presso l’America centrale e nel Pacifico. Nel 1854 rientrò in Italia.

Garibaldi e l’Unità d’Italia

Garibaldi era un repubblicano, ma si rendeva conto che per liberare dalla dominazione austriaca i territori italiani a essa soggetti era necessario combattere a sostegno del Regno di Sardegna. Nel 1856 incontrò segretamente il conte di Cavour, presidente del consiglio del Regno, e dichiarò di accettare la monarchia dei Savoia. Nella seconda guerra di indipendenza, combattuta nel 1859, guidò un corpo di combattenti volontari, i cacciatori della Alpi, e sconfisse gli austriaci in diverse battaglie.

I cacciatori delle Alpi contro un convoglio austriaco
I cacciatori delle Alpi contro un convoglio austriaco.

Dopo un temporaneo ritiro nella sua residenza di Caprera, un’isoletta presso la Sardegna, nel 1860 si mise alla testa della spedizione dei mille, mirante alla liberazione del Regno delle Due Sicilie. I garibaldini, rafforzati da un gran numero di volontari meridionali, sconfissero ripetutamente l’esercito dei Borbone e alla fine della campagna il generale “consegnò” le conquiste a Vittorio Emanuele II nel celebre incontro di Teano, presso Caserta. Grazie alla spedizione dei mille, il parlamento riunito a Torino poté proclamare la fondazione del Regno d’Italia.

Le campagne militari dopo il 1861

Dopo l'unificazione italiana la popolarità di Garibaldi crebbe a dismisura. In tutto il mondo era considerato un eroe e innumerevoli movimenti rivoluzionari e liberali si ispiravano alle sue azioni.

Garibaldi accolto a Londra nel 1864
Garibaldi accolto a Londra nel 1864.

Il generale fu contattato persino perché partecipasse alla guerra civile americana nell’esercito degli Stati del Nord, ma il proposito non fu realizzato perché Garibaldi pretendeva il comando assoluto dell'esercito e l'abolizione immediata della schiavitù.

In Italia, il generale fu eletto più volte alla Camera, ma prese parte raramente ai lavori parlamentari. I rapporti con la dinastia sabauda e con il governo, del resto, dopo l'Unità divennero difficili: Garibaldi intendeva liberare Roma dalla dominazione del papa e annetterla al Regno d'Italia, ma la classe dirigente non intendeva farlo, perché il papato era protetto dalla Francia di Napoleone III. Nel 1862, quando il generale tentò di invadere la città con un gruppo di volontari, fu fermato dall’esercito italiano presso il massiccio dell’Aspromonte, in Calabria, e riportò una ferita a una gamba.

Garibaldi ferito in Aspromonte
Garibaldi ferito in Aspromonte.

Garibaldi partecipò quindi alla terza guerra di indipendenza nel 1866, sconfiggendo gli austriaci nella battaglia di Bezzeca, e l’anno successivo tentò nuovamente di conquistare Roma: eluse la sorveglianza dell’esercito italiano e si mise a capo dei volontari che avevano invaso il territorio del Lazio. Le sue truppe, però, furono sconfitte dall’esercito francese presso la cittadina d Mentana.

Le ultime battaglie e la morte a Caprera

Nel 1870, quando l’Impero di Napoleone III fu rovesciato, il generale si mise al servizio della Repubblica francese, combattendo altre battaglie. Non ebbe parte, però, nella liberazione di Roma, effettuata nello stesso 1870 dall’esercito italiano.

Dopo la liberazione di Roma Garibaldi si ritirò nuovamente a Caprera, ma continuò a seguire le vicende politiche italiane ed europee, schierandosi a favore dell’Associazione internazionale dei lavoratori e dell’introduzione del suffragio universale.

La casa di Garibaldia a Caprera
La casa di Garibaldia a Caprera.

La sua salute andò peggiorando fino al 1882, quando morì.

Le idee di Garibaldi

Garibaldi fu un uomo d’azione e non un ideologo. Le sue idee politiche non erano ben definite, ma il generale era certamente un nemico giurato dell’assolutismo monarchico e un sostenitore della democrazia e della libertà dei popoli. Di conseguenza, era sempre pronto a combattere in difesa di repubbliche e monarchie costituzionali. Sul piano economico-sociale, aderiva in qualche misura al socialismo, ma non precisò mai le sue idee in maniera chiara.

Dal punto di vista religioso, era convintamente anticlericale e odiava i preti, ma non era ateo e seguiva una forma di deismo (credeva cioè in un Dio trascendente, ma non nella rivelazione e nella Chiesa).

Il mito in Italia e nel mondo

La fama di Garibaldi non è venuta meno dopo la morte e ancora oggi il generale è considerato un eroe non solo in Italia, ma anche in molti altre Paesi. Spesso la sua eredità è stata contesa tra vari movimenti politici. Durante il fascismo, per esempio, sia i fascisti sia gli antifascisti si presentavano come sue eredi. Oggi non si contano i monumenti a lui dedicati in tutto il mondo, le intitolazioni, le emissioni filateliche, ecc. Solo in Italia esistono più di 4200 strade e piazze a lui intitolate.

Monumento a New York
Monumento a New York.
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