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25 Luglio 2024
6:00

È vero che i Savoia e il Regno di Sardegna hanno depredato il Regno delle Due Sicilie?

Una narrazione molto popolare sostiene che l’Unità d’Italia si sia verificata con l’invasione del Mezzogiorno da parte del Nord, guidato dal Regno di Sardegna, in mano ai Savoia, e per mezzo della spedizione dei Mille di Garibaldi. Questo processo avrebbe causato il ritardo economico e sociale delle regioni meridionali. Quanto c’è di vero?

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È vero che i Savoia e il Regno di Sardegna hanno depredato il Regno delle Due Sicilie?
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Diciamolo subito: la teoria secondo la quale il Mezzogiorno fu invaso e depredato dalle regioni del Nord guidate dalla dinastia dei Savoia non ha fondamento storico. Quando fu realizzata l’Unità d’Italia, il Mezzogiorno era già in condizioni di ritardo rispetto al Centro-Nord, sia in termini politico-sociali, sia economici. L’assolutismo dei Borbone, che governavano il Sud, era anacronistico e non stava al passo con i sistemi politici più avanzati d’Europa; sul piano economico, sebbene non mancassero aree sviluppate e industrie, le condizioni generali del Mezzogiorno erano peggiori di quelle del Centro-Nord. Inoltre, l’ingresso del Sud nel Regno d’Italia non avvenne per un’invasione dall’esterno, ma attraverso un’operazione militare, inizialmente chiamata spedizione dei Mille, alla quale presero parte soprattutto cittadini meridionali. L’unione del Sud al Regno d’Italia non fu scevra da problemi e forzature, che sul momento provocarono anche svantaggi ai meridionali, ma costituì un progresso di enorme portata.

La situazione politica e sociale del Sud prima dell’Unità

Al momento dell’Unità d’Italia, il Mezzogiorno era compreso quasi interamente nel Regno delle Due Sicilie. Solo la città di Benevento non ne faceva parte, essendo una exclave dello Stato pontificio.

Il Regno delle Due Sicilie
Il Regno delle Due Sicilie

Il sistema politico del Regno, governato dalla dinastia dei Borbone, era uno dei più retrogradi dell’Europa occidentale. Nel resto del continente si stavano diffondendo i principi del liberalismo e altri Stati italiani, come il Regno di Sardegna, erano governati sulla base di uno Statuto e garantivano alcuni diritti ai cittadini. La monarchia dei Borbone era invece chiusa nel più stretto assolutismo: difendeva i privilegi delle aristocrazie e rifiutava di trasformarsi in un regime costituzionale. Per tale ragione, la monarchia si alienò le simpatie degli intellettuali e degli esponenti più avanzati della società.

Dal punto di vista sociale, le condizioni della popolazione erano peggiori rispetto al resto d’Italia. Basti pensare al tasso di analfabetismo: nei territori del Regno di Sardegna e della Lombardia era pari al 46% tra gli uomini e al 57% tra le donne; nel Regno delle due Sicilie raggiungeva l’83,5% a livello maschile e il 93,8% in ambito femminile.

Le condizioni economiche prima dell’Unità

Anche dal punto di vista economico, le condizioni del Mezzogiorno erano peggiori di quelle delle regioni del Centro-Nord. Il ritardo del Sud, infatti, non è una conseguenza dell’Unità, ma risale a molti secoli prima.

L’economia meridionale era basata sull’agricoltura e in molte zone predominavano i latifondi gestiti con sistemi arretrati. Non mancavano aree più sviluppate: a Napoli, che era il centro urbano più popolato d’Italia, avevano sede diverse grandi fabbriche; in alcune aree l’agricoltura era specializzata e si coltivavano piante industriali: ulivi, viti, tabacco, ecc. Nel complesso, però, l’economia del Sud era meno sviluppata di quella del Centro-Nord.

Livello di industrializzazione delle regioni italiane nel 1861 . Marrone oltre 1.4; rosso 1.1-1.4, rosa 0.9-1.1, bianco meno di 0.9
Indice di industrializzazione delle regioni italiane nel 1861. Marrone: oltre 1.4; Rosso: 1.1–1.4, Rosa: 0.9–1.1; Bianco: meno di 0.9

Lo stesso discorso vale per le infrastrutture, che, in media, al Nord erano più moderne ed efficienti. Prendiamo il caso delle ferrovie. La prima linea ferroviaria italiana fu la Napoli-Portici, costruita nel Regno delle Due Sicilie nel 1839. La linea, però, rimase pressoché unica; altri Stati preunitari, pur avendo iniziato a costruire ferrovie qualche tempo dopo, si dotarono di reti più estese ed efficienti. Al momento dell’Unità, il Regno di Sardegna aveva una rete di 828 km, il Regno delle Due Sicilie, che pure era molto più grande, di soli 128 km. Inoltre, la Napoli-Portici non era stata costruita per favorire la modernizzazione del territorio, ma per collegare due palazzi reali: era, in sostanza, un divertimento per il sovrano.

La rete ferroviaria al momento dell'Unità (credits Arbalete)
La rete ferroviaria al momento dell’Unità (credits Arbalete)

L’ingresso del Sud nell’Italia unita: non fu un’invasione

Come sappiamo, la monarchia borbonica fu rovesciata dalla Spedizione dei mille, guidata da Garibaldi. I mille volontari sbarcati in Sicilia erano in maggioranza cittadini del Centro-Nord, ma nel corso delle operazioni a loro si unirono migliaia e migliaia di volontari meridionali. Al termine della Spedizione, le forze garibaldine disponevano di circa 50.000 uomini, in maggioranza meridionali.

Il Mezzogiorno era ben rappresentato anche nella classe dirigente che governava il Regno d’Italia. Nei primi anni, i ruoli più importanti furono occupati da cittadini del Centro-Nord, ma dopo il 1876, quando il controllo del governo passò dalla Destra alla Sinistra storica, numerosi esponenti meridionali ascesero in posizioni di potere. Si pensi al calabrese Giovanni Nicotera, più volte ministro dell’interno e al siciliano Francesco Crispi, Presidente del Consiglio quasi ininterrottamente dal 1887 al 1896.

L'ingresso di Garibaldi a Napoli festeggiato dalla popolazione
L’ingresso di Garibaldi a Napoli

Il brigantaggio

Come sappiamo, tra il 1861 e il 1865 si sviluppò il brigantaggio, che, al contrario di quello che in genere si racconta, non era tanto una ribellione politica contro l’Unità e i Savoia, quanto un fenomeno di criminalità comune, esistente già da molti secoli. I briganti compivano rapine, furti ed estorsioni ai danni della popolazione e solo in pochi casi le loro azioni assunsero connotazioni politiche, perché lo Stato pontificio e i Borbone (in esilio a Roma) li finanziarono allo scopo di destabilizzare il Regno d’Italia. È però vero che il brigantaggio era dovuto alle condizioni socioeconomiche del Mezzogiorno e fu favorito dai cambiamenti prodotti dall’ingresso nel Regno d’Italia.

Banda di briganti in Irpinia
Banda di briganti in Irpinia

L’Unità d’Italia è stata un vantaggio per il Sud?

Per il Mezzogiorno, l’ingresso nel Regno d’Italia nel medio periodo rappresentò un progresso di valore inestimabile. Certamente la questione meridionale non è mai stata risolta, nonostante le misure varate dai governi nel corso degli anni, e il livello di sviluppo del Sud è restato inferiore a quello delle regioni settentrionali. Nel 1861, inoltre, il governo impose la “piemontesizzazione”, cioè l’estensione del sistema politico e amministrativo del Piemonte a tutto il territorio italiano, che sul momento creò difficoltà alle regioni del Sud (basti pensare alla leva militare obbligatoria, odiata dai cittadini meridionali).

Tuttavia, abbandonando l’anacronistico assolutismo borbonico, per entrare in uno Stato monarchico-costituzionale, il Sud è restato agganciato al progresso politico ed economico che, sia pure con molte difficoltà, ha interessato l’Europa occidentale.

Fonti
Lucy Riall, Il Sud e i conflitti sociali Annuario statistico italiano del 1864
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