Negli ultimi mesi si sta alzando il livello di allerta per la diffusione dell’influenza aviaria nei gatti, in particolare per il virus H5N1. Un nuovo studio dell'Università del Maryland – attualmente in attesa di peer-review – ha analizzato tutti i casi di aviaria nei felini riportati nella letteratura scientifica inglese nel periodo 2004-2024 (486 casi), rilevando che una specifica variante del virus H5N1 (quello con l'incidenza maggiore) determina un tasso particolarmente alto di mortalità nei gatti, risultando fatale per il 63% dei casi. Va detto che al momento il fenomeno è piuttosto sporadico e assente in Italia, anche se gli autori dello studio riferiscono che i casi di aviaria nei gatti sono aumentati drasticamente a partire dal 2023.
La preoccupazione fra le autorità sanitarie e la comunità scientifica internazionale sorge sia perché i gatti sono particolarmente esposti al contagio (attraverso la predazione di volatili infetti), sia perché molti gatti vivono a stretto contatto con l'uomo. Il rischio è quello dello spillover (il cosiddetto “salto di specie”), anche se al momento la possibilità di un contagio umano è giudicata improbabile da enti autorevoli come lo statunitense Centers for Desease Control and Prevention.
Cos'è H5N1, uno dei virus dell’influenza aviaria
Codificato come H5N1, è un virus influenzale di tipo A appartenente allo stesso gruppo dei virus che provocano le influenze stagionali. Deve la sua denominazione al fatto che infetta gli uccelli selvatici e il pollame di allevamento e, come tutti i virus influenzali, ha la capacità di mutare molto facilmente e rapidamente. L'influenza aviaria è stata descritta per la prima volta nel 1878 proprio sul pollame.
Il così detto “serbatoio naturale” di questo virus è rappresentato da specie di uccelli acquatici come anatre, alzavole, germani, oche e cigni; il veicolo di trasmissione sono carcasse o feci infette. Il pollame, viste anche le condizioni di sovraffollamento di molti allevamenti, si contagia molto facilmente e se un esemplare si ammala, tutti gli altri vanno abbattuti. L'aviaria provoca quindi perdite economiche non indifferenti in questa filiera alimentare. In Italia la ricerca e il controllo sanitario dell’influenza aviaria è attuato dall'Istituto Zooprofilattico delle Venezie, centro di referenza nazionale per questa malattia.
I casi di spillover dell'influenza aviaria nei gatti: ci sono rischi per l'uomo?
In passato si erano già verificati casi di spillover da uccelli selvatici a mammiferi sia selvatici che domestici. Dopo gli uccelli, i mammiferi carnivori che vanno a caccia di uccelli sembrano essere i più colpiti dal virus. Nel caso dei gatti, casi di contagio si erano già verificati nel 2004 in Thailandia, nel 2022 in Francia e nel 2023 in Polonia. Ma un recente studio di un gruppo di ricercatori americani riferisce di casi di influenza aviaria nei bovini e nei gatti domestici all’interno degli allevamenti. La particolarità è che si sono verificati decessi tra i felini alimentati con latte crudo, quindi non pastorizzato, proveniente dalle vacche malate. È stato infatti riscontrato un elevato grado di similarità tra i virus isolati dalle mucche e dal latte crudo infetto e quelli trovati nei gatti.
Al momento è improbabile uno spillover all'uomo, con mutazioni genetiche del virus che lo renderebbero in grado di diffondersi per contagio diretto fra esseri umani, tuttavia il livello di allerta si sta alzando ed è importante contenere il contagio tra i uccelli e mammiferi.
Quali sono i sintomi nel gatto domestico e le precauzioni da adottare
Nel gatto la principale causa d’infezione è determinata dal consumo di uccelli selvatici portatori del virus o di carcasse contaminate. Pericolosa è anche la frequentazione di luoghi con depositi di guano di uccelli, acque stagnanti in presenza di uccelli acquatici o allevamenti di pollame. Va evitato, quindi, il contatto dei nostri felini con piccioni o altre carcasse di uccelli, con frattaglie provenienti da impianti di macellazione del pollame o residui di pollame crudo. La soluzione più indicata per prevenire il contagio è limitare le escursioni del proprio gatto in libertà e alimentarlo con prodotti controllati e non con scarti o carni crude.
Nel gatto il periodo di incubazione del virus è piuttosto rapida: dopo 2-3 giorni dal contagio la malattia si manifesta con sintomi neurologici come movimenti incontrollati e difficoltà di equilibrio, oltre a febbre, secrezioni da occhi e naso e difficoltà respiratorie.
È bene recarsi immediatamente dal veterinario se il nostro gatto è entrato in contatto con carcasse di uccelli e manifesta questi sintomi.