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D’estate, dopo giorni di sole e asfalto rovente, arriva un temporale che scarica pioggia sul terreno secco, magari dopo un periodo di siccità, e sentiamo un particolare odore. Non estremamente gradevole, ma un aroma fresco, terroso, per qualche motivo familiare e piacevole. Questo odore ha un nome preciso: petricore (dal greco petros, “pietra”, e ichor, “linfa degli dei”). Quando le prime gocce di pioggia colpiscono il suolo asciutto, si forma una sorta di effetto aerosol, un meccanismo fisico con cui le gocce di pioggia sollevano nell'aria sostanze intrappolate nel suolo, e viene rilasciata una miscela di sostanze prodotte da piante, batteri e minerali. In realtà, non è una prerogativa dell'estate, avviene anche in inverno, ma quando il suolo è più secco, questo processo fisico avviene in maniera più marcata.
Il nostro naso capta con straordinaria precisione questo mix di gocce d'acqua e molecole odorose (Volatile Organics Compounds VOCs), tra le quali spicca la geosmina, prodotta dai batteri del suolo. In poche parole, annusiamo "l’essenza" del suolo. Non dobbiamo stupirci se lo notiamo, anche se non lo associamo a niente in particolare: il petricore è un vero e proprio un messaggio della natura che forse ha aiutato i nostri antenati a capire dove c’era acqua, vita, sicurezza. Oggi ci tocca ancora, come un ricordo che non abbiamo vissuto, ma che sentiamo nostro.
La geosmina: il profumo della terra (e delle barbabietole)
La geosmina è una molecola prodotta da microrganismi del suolo, in particolare dai batteri del genere Streptomyces, appartenenti agli Attinobatteri. Si accumula nel terreno durante i periodi asciutti e viene liberata nell’aria quando le gocce d’acqua la trascinano fuori dal suolo. È la principale responsabile del classico “odore di terra bagnata” dopo la pioggia.
Il nostro naso è una sorta di “sensore molecolare” molto efficiente: è in grado di percepire la geosmina in quantità minuscole, fino a 5 parti per trilione (come un ago in un pagliaio per intenderci). Questo significa che bastano pochissime molecole per attivare i nostri recettori olfattivi. Alcuni studi hanno riscontrato come in alcune specie poter riconoscere l'odore della pioggia sia stato un vantaggio evolutivo e suppongono, ma si tratta di teorie che richiedono conferma, che anche l’ipersensibilità del nostro naso alla geosmina potrebbe essere un effetto evolutivo dovuto al bisogno di riconoscere luoghi umidi, dunque ricchi d'acqua potabile, oppure evitare cibi contaminati da muffe e batteri.
La geosmina è anche la stessa molecola che dà alle barbabietole quel retrogusto “terroso”. Non a caso, molti vini o acque minerali che presentano sentori sgradevoli “di tappo” o “di terra” sono proprio contaminati da tracce di geosmina.
L’effetto aerosol: le gocce che spruzzano profumo
Ma come fa questa molecola a raggiungere le nostre narici al primo scroscio di pioggia? La risposta è assai dinamica: le gocce di pioggia, cadendo su superfici porose e asciutte come un terreno, intrappolano aria nel punto d’impatto, creando bollicine che poi risalgono e scoppiano, liberando minuscole particelle nell’aria: un vero e proprio aerosol naturale.

Uno studio del Massachusetts Institute of Technology (MIT) ha dimostrato che questo fenomeno, chiamato "aerosolizzazione per impatto", è più efficiente su superfici asciutte, rugose e porose, come terra battuta o cemento. È anche per questo che il profumo del petricore è più intenso all’inizio della pioggia, quando il suolo è ancora asciutto e viene rilasciata tutta la geosmina accumulata insieme ad altre sostanze.
Le goccioline trasportano con sé geosmina, oli vegetali, composti organici volatili (VOCs) e, occasionalmente, spore di batteri. Non è solo una questione olfattiva: questo processo ha anche un ruolo ecologico, contribuendo al ciclo delle sostanze nel suolo e, in certi casi, persino alla diffusione di microrganismi. Il fenomeno è più marcato in estate: alla prima pioggia, il terreno secco rilascia tutte le sostanze accumulate in giorni di caldo e umidità, sprigionando il loro odore tutto in un colpo.