La proposta di stop alla costruzione di auto con motori a combustione interna dal 2035 e il nuovo accordo tra Germania e UE sull'utilizzo di combustibili alternativi anche oltre questa data hanno puntato i riflettori sugli e-fuel. Questi "electrofuels" sono combustibili sintetici, ottenibili a partire da acqua e CO2 atmosferica tramite un processo noto come elettro-sintesi. In questo articolo vedremo quindi cosa sono gli e-fuel, come si possono produrre e quali sono i principali limiti di questa tecnologia.
Breve storia degli e-fuels
Dal mondo dell'aviazione a produttori di auto di lusso, sono diversi gli attori che hanno investito nell'evoluzione di processi in grado di produrre carburanti sintetici, senza partire dal petrolio. Storicamente, la spinta a questo tipo di carburanti è nata per la mancanza di materia prima: è stato così per la Germania nazista che, sotto embargo petrolifero ma dotata di grandi riserve di carbone, produsse già negli anni '40 carburanti sintetici fino a coprire il 92% del fabbisogno aeronautico e il 50% degli usi terrestri durante la Seconda Guerra Mondiale.
A cosa servono gli e-fuels?
Nel caso dei carburanti sintetici moderni, l'obbiettivo principale è compensare l'emissione di CO2 per ridurre l'impatto del settore trasporti sul clima e proporsi come alternativa ai motori elettrici. Utilizzando anidride carbonica ricavata da processi industriali, o semplicemente assorbita dall'atmosfera, si potrebbe creare un ciclo in continuo equilibrio tra emissione ed assorbimento di questo gas serra, in maniera simile a quello naturale di piante e altri organismi fotosintetici.
Sintetizzare composti organici a partire dall'anidride carbonica richiede molta energia: nelle piante questo avviene grazie alla luce del sole e alla fotosintesi clorofilliana, ma in laboratorio è l'energia elettrica a favorire la reazione (detta “riduzione” dell'atomo di carbonio), motivo per cui i carburanti ottenuti sono stati chiamati electrofuels o e-fuels.
La produzione dei carburanti sintetici
Per produrre e-fuel, i più recenti processi si basano sull'acqua (H2O) e su anidride carbonica (CO2) presente in atmosfera.
Tramite un processo di elettrolisi è possibile ricavare idrogeno a partire dall'acqua. La successiva reazione di elettro-sintesi con il carbonio, ottenuto a partire dalla CO2 atmosferica, consente di ottenere idrocarburi con catene di varia lunghezza: da molecole più semplici, come il gas metano, a miscele liquide di composti come l'esano o il butanolo, utilizzabili come combustibili spesso senza particolari modifiche ai motori già esistenti.
I processi di sintesi sono spesso favoriti (catalizzati) da alte temperature, necessarie ad esempio per separare la CO2 dalle soluzioni usate per catturarla, con un processo detto desorbimento termico. A questa "prima generazione" di e-fuel moderni appartiene ad esempio il Norsk E-Fuel, un carburante sostenibile per aviazione (in breve, SAF). L'elevato costo energetico, e di conseguenza economico, dei processi ad alte temperature è però tra i principali ostacoli alla diffusione degli e-fuel.
Per questo motivo, alcune start-up come Prometheus fuels hanno alzato l'asticella, cercando di sviluppare processi a temperatura ambiente per ottenere benzine o carburanti avio: la sfida in questo caso è produrre catalizzatori e sistemi di assorbimento dell'anidride carbonica che non prevedano il desorbimento termico.
È altrettanto importante che l'energia utilizzata sia rinnovabile, per raggiungere l'obbiettivo di emissioni nette zero.
Gli svantaggi degli e-fuel
È davvero possibile ad oggi realizzare impianti in scala industriale, in grado di soddisfare la richiesta a prezzi paragonabili alle fonti fossili, per “ripulire” il settore dei trasporti tradizionale? Gli studi condotti dall' ICCT (International Council on Clean Transportation) prevedono che nel 2035 gli e-fuels avranno ancora un costo di produzione 4 volte maggiore dei derivati del petrolio, a causa dell'energia elettrica impiegata e della scarsa efficienza dei processi.
Il più grave problema degli e-fuel è però un altro: qualsiasi combustibile, per le alte temperature e pressioni raggiunte nei motori a scoppio, porta alla produzione di altri inquinanti come gli NOx e il particolato (le famose PM10 e PM2,5). Anche gli e-fuel potrebbero quindi costituire un problema per la salute pubblica, se usati massicciamente per il traffico veicolare in centri urbani o intere regioni con scarso ricircolo dell'aria come la Pianura Padana.
Uno sforzo inutile per il futuro dei motori?
Ha davvero senso, quindi, continuare a studiare e investire sugli e-fuel? Le attuali previsioni lascerebbero immaginare un ruolo di nicchia nella mobilità del futuro. Purtroppo però, l'elettrificazione non può oggi dare una risposta completa alle richieste della nostra società, e le probabilità che possa farlo anche nei decenni successivi restano incerte, soprattutto in campi come l'aviazione.
Il rischio che i combustibili fossili, di fronte alle debolezze delle principali alternative, rimangano in uso ancora a lungo è concreto e minaccia fortemente gli obbiettivi di decarbonizzazione. Un mosaico di alternative potrebbe essere la strada giusta da percorrere e, in quest'ottica, anche gli e-fuel potrebbero giocare un ruolo non trascurabile per accompagnarci verso un 2050 a emissioni zero.