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La damnatio memoriae (condanna della memoria) è la cancellazione del ricordo di una persona o, più raramente, di interi movimenti e idee politiche, mediante la distruzione di tutte le testimonianze e i documenti che riguardano i “condannati”. La damnatio memoriae è stata applicata in molte civiltà antiche e ha forse raggiunto la massima diffusione al tempo di Roma antica. In età contemporanea, forme di damnatio memoriae sono state applicate ad alcuni uomini e movimenti politici, per esempio ai dittatori dopo che sono stati estromessi dal potere. Simile, almeno in parte, alla damnatio memoriae è la cancel culture, che provoca accesi dibatti etici e politici.
Le origini della damnatio memoriae
La damnatio memoriae, che letteralmente significa “condanna del ricordo”, è la cancellazione del ricordo di una persona o di un gruppo di persone (per esempio, un movimento politico). Consiste nell’eliminare ogni documento – scritto, figurativo o di qualsiasi genere – che “parli” della persona o del gruppo di persone condannate. L’espressione damnatio memoriae è relativamente recente, essendo stata coniata solo nel 1689, ma la pratica di cancellare il ricordo di determinate persone era molto diffusa già nel mondo antico.
Una forma di damnatio memoriae era applicata nelle civiltà mesopotamiche e nell’antico Egitto. Il caso più noto riguarda il faraone Akhenaton, vissuto nel XVI secolo a.C., famoso per aver cercato di cambiare la religione egizia e introdurre il monoteismo. Dopo la sua morte, i sacerdoti e i nuovi governanti ripristinarono la religione tradizionale e ordinarono la distruzione di templi, statue e rilievi che lo raffiguravano.

Anche nell’antica Grecia era comune distruggere statue e iscrizioni relative a persone che, per qualche ragione, erano considerate nemici pubblici.
La damnatio memoriae a Roma
La damnatio memoriae era ampiamente diffusa al tempo di Roma antica. Talvolta la condanna era inflitta dal Senato con un apposito provvedimento e consisteva nel divieto di tramandare il nome del condannato e nel distruggere tutte le testimonianze. Per esempio, il volto del condannato era eroso nelle opere figurative, inclusi bassorilievi e monete, che lo raffiguravano. Chi violava la damnatio memoriae rischiava di essere messo a morte.
In età imperiale furono colpiti dalla damnatio memoriae numerosi imperatori, caduti in disgrazia dopo la morte. Uno dei casi più celebri riguarda Geta, il fratello di Caracalla. Dopo la morte del padre Settimio Severo, i due fratelli regnarono insieme per alcuni mesi, ma nell’anno 211 Caracalla fece uccidere Geta e ne decretò la damnatio memoriae. Il volto di Geta fu eliminato dalle opere pittoriche e scultorie che lo raffiguravano e il nome fu cancellato dalle iscrizioni, per esempio da quella dell’Arco di Settimio Severo in Roma.

La cancellazione del ricordo dal Medioevo a oggi
La damnatio memoriae è stata applicata anche nel Medioevo ad alcuni personaggi entrati in contrasto con le autorità. In epoca contemporanea, invece, non è stata più inflitta come condanna penale, ma è stata impiegata, in certa misura, in occasione dei rivolgimenti politici. Per esempio, in molti casi, quando dopo il crollo delle dittature, sono state abbattute le statue dei dittatori.

Un fenomeno del genere è avvenuto anche in Italia dopo la caduta del fascismo, sebbene una parte dei simboli del regime sia rimasta in piedi.
Un caso particolare riguarda l’Unione Sovietica di Stalin. Il dittatore prese il potere dopo una dura lotta contro altri dirigenti per diventare leader al posto di Lenin, morto nel 1924. Il suo rivale più tenace fu Lev Trockij, che aveva avuto un ruolo di primo piano nella Rivoluzione d’ottobre. Dopo che Stalin ebbe preso il potere, fece in modo che il nome di Trockij non fosse ricordato e persino le fotografie nelle quali compariva accanto a Lenin furono ritoccate per eliminarlo. La stessa sorte toccò ad altri dirigenti politici.

Dopo la morte, però, anche Stalin subì una sorta di damnatio memoriae e molte statue e opere che lo raffiguravano furono abbattute.
La cancel culture
Talvolta si considera come versione attuale della damnatio memoriae la cancel culture, cioè il boicottaggio applicato a persone giudicate negativamente per i loro comportamenti. La cancel culture è un fenomeno complesso e difficile da definire con precisione. In generale indica l’“esclusione” o la messa al bando di persone, opere o idee, spesso a seguito della pressione dell’opinione pubblica. Un ruolo decisivo in questo processo è giocato dai social media. Un esempio riguarda il produttore cinematografico Harvey Weinstein, che nel 2017 fu accusato di molestie sessuali da numerose attrici. Sull’onda dell’indignazione popolare, Weinstein, fu espulso dall’Academy of Motion Picture Arts and Sciences (l’organizzazione che, tra le altre cose, assegna i premi Oscar) e molti suoi progetti furono annullati. Sebbene l’espulsione di Weinstein possa essere condivisibile, in molti altre occasioni la cancel culture può basarsi su giudizi non univoci e provocare dibattiti di carattere morale e politico.