Vi è mai capitato di trovarvi tra due specchi e vedere la vostra immagine riflessa "all'infinito"? Ognuno dei due specchi riflette l'immagine riflessa dall'altro, che però è proprio l'immagine dello specchio stesso. Si genera così un loop infinito (o quasi) di immagini speculari, cioè ricorsive. Questo effetto è detto effetto Droste, il cui nome non deriva – come accade solitamente – dal cognome della persona che lo ha inventato, bensì da una marca olandese di cacao, la Droste. Sulla scatola del cacao olandese, infatti, era presente l'immagine di un'infermiera che teneva in mano un vassoio su cui era appoggiata la scatola di cacao stessa, raffigurante l'infermiera con in mano il vassoio… e così via.
L'effetto Droste è stato largamente utilizzato nelle pubblicità, a partire da quella dell'omonimo cacao che risale al 1904. Ma non solo, questo effetto può essere ritrovato in diverse opere artistiche, come ad esempio quelle di Escher.
Come funziona il riflesso (quasi) infinito dello specchio
Quando ci ritroviamo tra due specchi posizionati uno di fronte all'altro, nello specchio che stiamo fronteggiando viene riflessa la parte anteriore del nostro corpo, mentre lo specchio posto dietro di noi riflette le nostre spalle. Ma non solo! Ognuno dei due specchi riflette l'altro, compresa l'immagine riflessa al suo interno. Il risultato è un susseguirsi ricorsivo di riflessi della stessa immagine, via via più inclinata e distante a seconda dell'inclinazione di uno specchio rispetto all'altro e della distanza tra i due specchi.
È lecito pensare che i riflessi siano infiniti, ma questo sarebbe possibile solo nel caso in cui gli specchi sono perfettamente paralleli e nel caso ideale in cui riflettono perfettamente la luce. Ad ogni riflesso, infatti, ogni specchio assorbe una percentuale – anche se infima – di luce, e questo fa si che l'immagine riflessa vada via via oscurandosi fino a non essere più riproducibile. Inoltre, se i due specchi non sono perfettamente paralleli, il riflesso va via via spostandosi fino a uscire dal "campo visivo" dello specchio.
In ogni caso, l'effetto Droste è sicuramente molto affascinante, motivo per cui è stato molto utilizzato sia nelle pubblicità che nell'arte.
Il nome di questo effetto deriva da una pubblicità
Sorprendentemente, il nome di questo effetto non deriva da un famoso fisico – come spesso accade – bensì da una marca olandese di cacao. Si tratta infatti del cacao Droste, che nel 1904 pubblicizzò il suo prodotto tramite l'immagine di un'infermiera che reggeva un vassoio su cui si posava la scatola di cacao Droste, ritraente la stessa infermiera con vassoio, e così via.
Per questo motivo, negli anni settanta venne coniato il termine "effetto Droste" per indicare questo tipo di grafica contenente se stessa, che in pubblicità era già ampiamente utilizzato anche nei primi anni del 1900. È famosa per esempio la pubblicità dei formaggi francesi La vache qui rit in cui è ritratta una vacca che porta degli orecchini con la sua stessa immagine disegnata.
Anche nella musica questo effetto è stato utilizzato più volte. Si pensi per esempio alla copertina dell'album Ummagumma dei Pink Floyd, oppure al video del brano Bohemian Rhapsody dei Queen.
Tuttavia, l'esempio forse più famoso di disegno ricorsivo non si trova in pubblicità, bensì nella storia dell'arte con Maurits Corneelis Escher.
Escher e l'effetto Droste
Escher è famoso in tutto il mondo per le sue opere incredibilmente ipnotiche, in cui le figure ritratte si ripetono secondo regole geometriche a volte rigorose, altre impossibili. La ricorrenza è sicuramente uno dei punti focali delle sue opere, che giocano spesso sulla tassellazione come mezzo per l'infinito.
Tra tutte, l'effetto Droste spicca particolarmente nell'opera Print Gallery del 1956, in cui è possibile scorgere un uomo che osserva l'esibizione di una galleria, in cui è ritratto un porto mediterraneo. Addentrandosi all'interno del dipinto, l'uomo si ritrova a scorgere un edificio che scopre essere proprio quello in cui si trova, e a vedere dunque se stesso che osserva l'opera stessa. L'artista – come spiega Bruno Ernst nella sua opera The Magic Mirror of M. C. Escher – voleva trovare il modo di ritrarre qualcosa che non avesse né inizio né fine, e per questo iniziò a traslare l'immagine lungo linee rette. Si rese però conto che per il suo fine, era necessario utilizzare linee curve e proporzioni differenti della stessa immagine.