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10 Febbraio 2025
7:00

Il miele “pazzo” dell’Himalaya: cos’è, perché si chiama così e che effetti ha

Sulle scogliere dell'Himalaya, ad altezze vertiginose, si trovano i favi delle api giganti, che producono il cosiddetto miele "pazzo", un miele dalle capacità psicotrope e allucinogene. Anche se vietato in alcuni Stati, la pericolosissima raccolta di questo miele continua, poiché è di fatto tra i mieli più costosi al Mondo.

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Il miele “pazzo” dell’Himalaya: cos’è, perché si chiama così e che effetti ha
Miele pazzo Himalaya

Quando pensiamo al miele siamo abituati a pensare ad un semplice alveare o a delle arnie. Siamo abituati a pensare a una sostanza color oro densa e zuccherina. Ed, infine, siamo abituati a pensare agli apicoltori che lo prelevano bardati nelle loro tute in tutta sicurezza. Il miele dell'Himalaya non è nulla di tutto ciò, dato che per ottenerlo i pochi esperti designati devono sorreggersi su una scala di corde sospesa nel nulla, esposti alle punture delle api più grandi al mondo. Come se non bastasse, questo miele di colore rossiccio ha un retrogusto amaro e, anche se ingerito in piccole quantità, può provocare effetti allucinogeni e condurre all'intossicazione. Malgrado questo è un miele ricercatissimo in tutto il mondo, anche se vietato in alcuni Stati.

Cos'è il miele "pazzo" dell'Himalaya e perché si chiama così

Il miele "pazzo" dell'Himalaya è uno dei mieli più costosi al mondo, sia a causa del suo metodo di raccolta, che è davvero pericolosissimo, sia per i particolari effetti che ha su chi lo mangia. Viene prodotto in maggioranza  nella regione del Mar Nero in Turchia (dove viene chiamato deli bal), ma proviene anche dalle montagne del Nepal e viene prodotto dalle tribù Gurung (o Kulung). Il National Geographic ha prodotto un documentario in collaborazione con The North Face per mostrare la vita che conduce Mauli Dahn Rhai, uno di questi raccoglitori di miele proprio tra queste montagne.

Miele pazzo
Il miele pazzo dell’Himalaya. Credits: The Drug Users Bible, CC BY 2.0, via Wikimedia Commons

Il miele "pazzo" ha un colore molto scuro, tendente al rossastro e viene prodotto dall'ape mellifera più grande esistente al mondo, l'Apis laboriosa o "ape mellifera gigante dell'Himalaya", la quale può raggiungere fino ai 3 cm di lunghezza, un'enormità rispetto ai 10-15 mm delle api operaie dell'ape comune.

Questo miele vanta l'appellativo di "pazzo" perché contiene sostanze psicotrope, ossia che agiscono sulle funzioni psichiche del cervello. In particolare si parla della Grayanotossina, una particolare neurotossina presente in percentuale molto alta nei fiori di rododendro (in particolare Rhododendron ponticum e Rhododendron luteum). Le api giganti prendono il nettare proprio da questi fiori, producendo poi il miele che contiene appunto questa tossina. Le api giganti sono totalmente immuni agli effetti di questa tossina, ma l'uomo assolutamente no.

Anche solo un cucchiaino di questo miele, può portare all'avvelenamento e gli effetti tossici possono dipendere da vari fattori: da come il proprio corpo la metabolizza, alla quantità ingerita, dalla concentrazione di Grayanotossina nel miele e dalla stagione di produzione. A prescindere dal consumo per lo scopo ipnotico e "ricreativo" e nonostante la sua tossicità, generalmente il miele dell'Himalaya viene utilizzato dai popoli che lo raccolgono nella medicina tradizionale. La raccolta avviene in primavera (momento in cui la concentrazione di Grayanotossina è massima) o anche in autunno e con questo miele curano ipertensione, diabete, artrite, influenza, gastrite e disfunzioni erettili (viene anche considerato un afrodisiaco).

Gli effetti del miele pazzo dell’Himalaya: la tossicità delle Grayanotossine

Le Grayanotossine si legano ai canali ionici del sodio sulle membrane cellulari e gli impediscono di chiudersi rapidamente: in questo modo gli ioni fluiscono rapidamente e liberamente, compromettendo la comunicazione neuronale e con i muscoli.

I primi effetti della Grayanotossina si manifestano da mezz'ora a 4 ore dopo l'assunzione e possono essere brachicardia, ipotensione, debolezza, nausea, vomito, vertigini, sudorazione, sensazione di freddo, sensazione di pizzicore alla pelle, visione doppia, visione offuscata, delirio e in alcuni casi paralisi temporanea. I sintomi si risolvono generalmente in 24 ore o anche meno se la dose assunta non è alta. Raramente può essere fatale.

Questa sintomatologia è parte di quello che viene chiamato avvelenamento da Grayanotossina, malattia del miele pazzo o avvelenamento da rododendro e per trattarlo si utilizzano solitamente adrenalina o atropina.

Alveare ape laboriosa
Credits: Dutta Roy Sagnik, CC BY 4.0, via Wikimedia Commons

Come si raccoglie il miele dell'Himalaya

I raccoglitori del miele dell'Himalaya sono persone scelte spesso tramite l'interpretazione di un sogno e vengono incaricate del pericolosissimo compito di recuperare l'intero favo da cui poi attingere il miele. Solitamente il favo è posto ad altezze estreme su dirupi arroccati, scogliere e strapiombi. L'Apis laboriosa, infatti, vive a 2500 metri di altezza su pendii ripidissimi e costruisce qui il "nido" per proteggersi dalle intemperie.

I raccoglitori calano dall'alto, anche per oltre 30 metri, scalette fatte a mano con corde e legno. Solitamente dal dirupo si scende verso il basso, per raggiungere il favo sospeso: in questo caso, se la scala è sospesa e non riesce a toccare terra, un altro raccoglitore si posiziona sull'ultimo piolo in basso, in modo da bilanciare la scaletta per il raccoglitore che farà tutte le operazioni di rito. In base a come è posto il favo, si può anche fare il contrario, cioè posizionare la scala a terra e salire verso l'alto.

Viene calato, assieme alla scala, un bouquet di erbe che vengono bruciate, producendo molto fumo, che stordisce le api e le scoraggia dal pungere i raccoglitori. Il raccoglitore scende fino all'altezza del favo a piedi e mani nude, a volte è ancorato ad una corda di sicurezza, ma non sempre. Con l'aiuto di un bastone di 7 metri preleva e stacca il favo  dalla parete rocciosa a cui è appeso e lo pone in un apposito cesto di raccolta.

Raccoglitori di miele pazzo
Credits: Aerackkkkk, CC BY–SA 4.0, via Wikimedia Commons

Il favo risulta nero ad un primo sguardo, ma solo perché è interamente coperto di api, 100.000 esemplari all'incirca. Questo lavoro è pericolosissimo sia per le altezze a cui i raccoglitori sono costretti a lavorare, ma anche perché è impossibile non essere punti dalle api. Quasi sempre, infatti, dopo la raccolta, l'operaio ha punture su viso, mani e piedi, ma anche su tutto il corpo, poiché il pungiglione di queste api aggressive è grande e può penetrare anche attraverso i tessuti.

Vista la pericolosità del lavoro di raccolta e la tossicità del miele, in alcuni stati il consumo del miele dell'Himalaya è vietato, ad esempio in Corea del Sud non si può più consumare, ne vendere o importare dal 2005. La Corea del Sud è però l'unica ad averlo vietato, mentre in Paesi come il Nepal e la Turchia sono ancora consentite la produzione, la vendita e l'esportazione. Da una veloce ricerca su e-commerce che vendono questo miele, il costo medio di 50 grammi di miele si aggira intorno ai 60 euro. Per il loro lavoro però, secondo il National Geographic, i raccoglitori vengono pagati appena un centinaio di dollari per tre giorni di lavoro.

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