;Resize,width=638;)
Le prugne secche, o meglio disidratate, sono da sempre considerate un rimedio per chi ha problemi di stitichezza. Pensate che addirittura già nel 1878 si vendeva una preparazione a base di prugne medicate per la costipazione e i disordini biliari (come flatulenza, gonfiore e reflusso). Da un punto di vista scientifico, diversi studi confermano questo effetto, legato alla presenza di alcune sostanze, come fibre e sorbitolo, che hanno effetto lassativo e facilitano l’espulsione delle feci. L’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) ha però trovato insufficienti gli studi presentati e ha negato l’autorizzazione al claim salutistico che indicava le prugne secche come supporto per la normale funzionalità intestinale. Come sempre, non è un singolo alimento a fare la differenza, ma l’insieme di alimentazione, idratazione e attività fisica, come consigliato anche dall’Istituto Superiore di Sanità.
I benefici lassativi delle prugne secche derivano dalla loro composizione
Le prugne sono i frutti di alberi appartenenti al genere Prunus della famiglia delle Rosaceae, in particolare dal Prunus domestica. La loro fortuna nel corso dei secoli come rimedio lassativo è legato alla loro composizione: sia le prugne fresche che quelle essiccate contengono fibre, acidi clorogenici, sorbitolo, minerali (potassio, calcio, sodio, fosforo, ferro), vitamine (A, C, E, K) e antiossidanti. Quelle fresche in più hanno grandi quantità di acqua, che ovviamente viene persa durante il processo di essiccamento.
Le fibre presenti nelle prugne agiscono in due diversi modi: quelle solubili, come la pectina, fungono da prebiotici, ossia vengono digerite dai batteri del microbiota contribuendo alla sua salute; quelle insolubili invece, aumentano la massa fecale favorendone il passaggio nell’intestino.
Oltre alle fibre, anche sorbitolo e acido clorogenico contribuiscono all’effetto lassativo. Il sorbitolo infatti è uno zucchero con effetto lassativo osmotico: significa che attrae acqua dall’intestino rendendo le feci più morbide e favorendo così il loro passaggio attraverso l’intestino.

L’acido clorogenico invece, aumenta la motilità gastrica, cioè stimola i movimenti dei muscoli intestinali, la famosa peristalsi. Inoltre sono presenti anche altri componenti che possono influenzare la secrezione di acqua ed elettroliti all’interno del lume (il canale) intestinale, ammorbidendo le feci, e indurre le contrazioni muscolari.
In effetti, diversi studi condotti sia in vitro, in vivo che sull’uomo, hanno riportato che l’assunzione di prugne secche, o anche succo di prugna o prugne fresche, aumenta la frequenza di defecazione, il peso e la consistenza delle feci. Tutto indicherebbe quindi un miglioramento della stitichezza.
Prugne secche possono causare crampi e flatulenza: controindicazioni
Questo effetto benefico non arriva però senza effetti collaterali, comuni in realtà a molti lassativi. Tra i più frequenti ci sono senza dubbio crampi addominali e flatulenza. I crampi sono causati sia dall’azione dell’acido clorogenico sulla muscolatura intestinale, sia dal fatto che, se la stipsi è causata da un ingorgo importante, le prugne potrebbero ammorbidire solo una parte di feci. In questo modo, le feci ammorbidite, farebbero pressione sulla parte finale ancora dura, provocando i crampi.
La flatulenza e l’accumulo di gas possono invece essere causati dalla digestione delle fibre da parte dei batteri intestinali. Nonostante ciò, mangiare prugne sia fresche che secche è sicuro e la comparsa di questi effetti collaterali è sempre legata alla quantità che ne mangiamo: un paio di prugne secche non ci fanno nulla, finirci la scatola potrebbe non essere una buona idea.
Perché l’EFSA ha negato l’autorizzazione?
La domanda viene spontanea: sono usate da secoli, sono sicure, buone e di facile reperibilità, allora perché EFSA ha negato l’autorizzazione al claim salutistico “contribuiscono al mantenimento della normale funzione intestinale”?
Il problema principale risiede negli studi: hanno pochi partecipanti, manca il doppio cieco e manca il placebo. Uno degli studi presi in esame, evidenzia proprio la difficoltà a creare il doppio cieco e il placebo: come si fa a creare un placebo di una prugna? E com’è possibile impedire ai partecipanti di sapere che stanno o non stanno mangiando una prugna? Servirebbero quindi più studi con più partecipanti e una struttura migliore.

Inoltre, molti di questi studi non prendono in considerazione altri fattori che possono aver influenzato il risultato finale: lo stile di vita, eventuali altri cambiamenti nell’alimentazione, lo stato di idratazione generale dei partecipanti. Insomma, è difficile fare delle correlazioni causa-effetto con queste premesse, soprattutto quando si parla di alimenti.
In generale, come ricorda anche l’Istituto Superiore di Sanità, la stitichezza si può prevenire e trattare, soprattutto quella acuta, migliorando l’alimentazione, bevendo più acqua e facendo più attività fisica. In parole povere: mangiamo più frutta (tutta la frutta), più verdura (tutta la verdura) e muoviamoci di più.