
Giappone e Corea del Sud hanno recentemente presentato degli innovativi prototipi di “batterie nucleari”. Il Japan Atomic Energy Agency (JAEA) ha sviluppato il primo prototipo al mondo di batteria ricaricabile a base di uranio, mentre un team di ricercatori del Daegu Gyeongbuk Institute of Science & Technology (DGIST) in Corea del Sud ha sviluppato un prototipo di batteria nucleare al carbonio-14 che in linea di principio non ha bisogno di ricarica
Le batterie nucleari, o più propriamente batterie a energia atomica o batterie a radioisotopi, sfruttano gli elettroni prodotti dal decadimento spontaneo di isotopi radioattivi per produrre corrente elettrica. Queste soluzioni possono essere di grande utilità in ottica della transizione energetica per via delle loro autonomie potenzialmente elevatissime. La ricerca sulle batterie a energia atomica è molto attiva: lo scorso anno hanno fatto molto parlare di sé, per esempio, i prototipi di batteria al nichel-63 sviluppata da Betavolt in Cina e la prima batteria nucleare al diamante prodotta nel Regno Unito.
Il primo prototipo di batteria nucleare ricaricabile giapponese
Il prototipo giapponese di batteria nucleare a base di uranio sfrutta un materiale con proprietà chimico-fisiche equivalenti a quelle dell'uranio impoverito, un sottoprodotto non fissile (cioè che non subisce il processo di fissione nucleare) che deriva dal processo di arricchimento dell'uranio naturale per la produzione di combustibile nucleare. Attualmente è classificato come materiale di scorta a basso carico radioattivo, non utilizzabile come combustibile primario nei convenzionali reattori termici ad acqua leggera in virtù della sua bassa concentrazione di isotopi fissili. Nel design di batteria proposto dalla JAEA, l'uranio impoverito è stato impiegato come materiale attivo per l'elettrodo negativo, mentre il ferro per quello positivo, generando una tensione di 1,3 V per singola cella, molto vicina a quella riscontrabile in una comune batteria alcalina (1,5 V).
Nel corso dei vari esperimenti, la batteria è stata sottoposta a 10 cicli di carica e scarica, al termine dei quali le sue prestazioni sono rimaste sostanzialmente invariate, indicando caratteristiche di ciclicità relativamente stabili. Per la JAEA, il risultato suggerisce che il loro modello di batteria dimostra una buona resistenza alla degradazione, un aspetto cruciale per garantirne l'affidabilità operativa e la durata nel tempo, rendendola particolarmente adatta per applicazioni pratiche che richiedono prestazioni stabili e a lungo termine. Questa tecnologia può rappresentare una soluzione innovativa per l'impiego dei materiali nucleari come fonte di energia elettrica, offrendo nuove prospettive per la gestione sostenibile dei rifiuti radioattivi e per un loro riutilizzo. Attualmente, secondo la JAEA, sono stoccate circa 16.000 tonnellate di uranio impoverito in Giappone e circa 1,6 milioni a livello globale.
La Corea del Sud propone una batteria nucleare che non deve essere ricaricata
Nel campo dei dispositivi di accumulo di energia elettrica, le batterie a ioni di litio, sebbene ampiamente utilizzate nei telefoni cellulari o veicoli elettrici, presentano una limitata autonomia operativa, che richiede frequenti cicli di carica, generalmente dopo poche ore o giorni di utilizzo.
Il prototipo realizzato in Corea del Sud è pensato proprio per affrontare questa problematica e si basa sul principio delle celle betavoltaiche, che sfruttano il decadimento di isotopi radioattivi per generare energia elettrica. Tale tecnologia è una soluzione innovativa rispetto alle convenzionali batterie agli ioni di litio, superandone le limitazioni in termini di autonomia e resistenza alla degradazione nel tempo.
La realizzazione di questa batteria di basa sull'impiego del carbonio-14 (o radiocarbonio), un isotopo radioattivo e instabile del carbonio, come materiale attivo sia per l'anodo che per il catodo della cella.
Il carbonio-14, nel suo processo di decadimento, emette elettroni, che a differenza di altre particelle generate da alcuni isotopi radioattivi sono considerati relativamente sicuri poiché possono essere facilmente schermati con un semplice e sottile strato di foglio d'alluminio. Per massimizzare l'efficienza di conversione, il team dei ricercatori coreani ha constatato come fosse necessario l'impiego di un semiconduttore a base di biossido di titanio, un materiale comunemente utilizzato nelle celle dei pannelli fotovoltaici, rivestito con un colorante a base di rutenio.
Infatti, lo strato superficiale di colorante, una volta eccitato dai raggi beta emessi dal carbonio-14, innesca una serie di reazioni di trasferimento elettronico, nota come "valanga di elettroni" (electron avalanche). Successivamente, la cascata di elettroni viene efficacemente raccolta dallo strato sottostante di biossido di titanio che, fungendo da collettore di carica, indirizza i portatori di carica verso un circuito esterno, generando un flusso di corrente elettrica. Il carbonio-14 presenta un tempo di dimezzamento molto lento, circa 5730 anni, il che implica che la batteria teoricamente potrebbe conservare il 50% della sua capacità energetica originale dopo quasi 6000 anni (non considerando però le perdite dovute alla degradazione di atri materiali). Questa caratteristica la rende una soluzione particolarmente innovativa per i dispositivi che richiedono una lunga durata operativa senza necessità di ricarica, come i pacemaker, eliminando l'esigenza di ulteriori interventi chirurgici per la sostituzione della fonte di alimentazione.