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9 Settembre 2025
13:00

Perché in Francia continuano a cadere i governi e come siamo arrivati a questo punto

Il governo francese guidato dal Primo ministro François Bayrou è caduto per un voto di sfiducia. È il terzo esecutivo che cade in poco più di un anno: ma quali sono le cause della profonda instabilità politica ed economica francese?

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Perché in Francia continuano a cadere i governi e come siamo arrivati a questo punto
Macron e Von der Leyen
Credit. Christophe Licoppe / European Union, 2025 / EC – Audiovisual Service via Wikimedia Commons

L’Assemblea Nazionale francese ha sfiduciato il governo guidato dal Primo ministro François Bayrou, che ha presentato le sue dimissioni al Presidente della Repubblica Emmanuel Macron. Il voto di fiducia di lunedì 8 settembre si è concluso con 364 voti contrari, 194 a favore e i 15 astenuti. Bayrou è il terzo capo del governo costretto a lasciare il suo incarico in poco più di un anno, dopo i predecessori Gabriel Attal e Michel Barnier. Il prevedibile sviluppo e la caduta del fragile governo di minoranza francese (legata principalmente al progetto di legge finanziaria per il 2026) è solo l'ultimo episodio di una crisi senza precedenti nella storia della Quinta Repubblica francese, che costringe ora Macron a cercare un nuovo candidato senza indire elezioni anticipate, già escluse a priori dal Presidente.

Un parlamento frammentato

Il governo Bayrou era in carica dal 13 dicembre 2024 ed era sostenuto da una coalizione di partiti formata dal partito centrista Movimento Democratico – spesso abbreviato in MoDem – da quello del Presidente Macron Renaissance e da parte dei Repubblicani (storico partito di centrodestra in profonda crisi di consensi). Complessivamente poteva contare su 210 parlamentari su 577, appoggiandosi di volta in volta al supporto dei partiti di opposizione per approvare le singole leggi in agenda.

Qui si trova il primo elemento di instabilità dell'attuale situazione politica francese: l’assenza di una maggioranza assoluta nel Parlamento dal 2022. Questa frammentazione parlamentare rende molto difficile approvare leggi divisive come le manovre di bilancio. Il voto di fiducia di lunedì 8 settembre si è concluso con 364 voti contrari, 194 a favore e i 15 astenuti: per la prima volta nella storia della Quinta Repubblica francese, un governo è stato sfiduciato.

A determinare la sconfitta di Bayrou è stata la compattezza dell’opposizione, composta dal partito Rassemblement National di Marine Le Pen e Jordan Bardella e dal Nuovo Fronte Popolare, l’alleanza di sinistra che riunisce Socialisti, La France Insoumise, Ecologisti e Comunisti.

Una legge di bilancio impopolare

La caduta di Bayrou è legata soprattutto al progetto di legge finanziaria per il 2026. Il testo prevedeva un taglio della spesa pubblica da 44 miliardi di euro per cercare di riportare sotto controllo i conti dello Stato.

L'ormai ex Primo ministro aveva cercato di giustificare i sacrifici e le misure di austerità con toni a tratti catastrofici, parlando di una situazione economica “drammatica”. A sostenere queste sue affermazioni c'è in effetti la situazione di stress dei conti pubblici francesi: alla fine del primo trimestre del 2025, infatti, il debito del Paese era pari al 113,9% del Pil (circa 3.345 miliardi di euro). Per la Francia si tratta di una percentuale record, che nell'Eurozona è seconda solo a quelle di Grecia e Italia.

Anche il deficit statale, cioè la differenza tra entrate e uscite, resta elevatissimo: 5,8% nel 2024, quasi il doppio rispetto al limite europeo del 3%. Va detto che, nonostante i toni allarmistici, l'ultimo pareggio di bilancio per Parigi risale al 1974 e da quell'anno il deficit è cresciuto in modo costante, con un'impennata dovuta prima all'emergenza pandemica del COVID-19 e poi all'aumento dei costi dell'energia innescato dalla guerra di invasione russa in Ucraina.

Nonostante la sospensione delle misure di contenimento del deficit da parte dell'Unione Europea durante gli anni della pandemia, la Francia è ora sotto procedura per deficit eccessivo da parte di Bruxelles per la sua incapacità di arrestare la spesa in eccesso, proseguita anche al termine dell'emergenza sanitaria.

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La sala dell’Assemblea Nazionale di Parigi. Fonte: Wikipedia

Spread e costi del debito

In una spirale che si autoalimenta, la tenuta dei conti francesi ha gravi ripercussioni sulla stabilità politica francese, che a sua volta ha un impatto significativo sulla finanza pubblica e l'agilità con cui il Paese può ottenere denaro sui mercati internazionali.

Semplificando molto, più un Paese è percepito come instabile, più gli investitori chiedono interessi elevati per acquistare i suoi titoli di Stato. Per questo è più facile capire perché nel 2025 i tassi sui titoli decennali francesi hanno raggiunto livelli simili a quelli italiani, considerati storicamente rischiosi. Ancora più allarmante è lo Spread con i Bund tedeschi, che nel 2024 oscillava intorno ai 45 punti base e in questi mesi ha quasi toccato gli 80. Per la Francia questa è una novità assoluta, dato che tradizionalmente era considerata tra i Paesi più affidabili dell’Eurozona. Ora invece sarà costretta a pagare interessi più alti per finanziare il proprio debito, aggravando ulteriormente la spesa pubblica.

Nonostante le difficoltà, molti economisti escludono scenari estremi come un commissariamento da parte della Troika (l'organismo di controllo economico formato da Banca Centrale Europea, Fondo Monetario Internazionale e Commissione Europea) come avvenuto per la Grecia nel 2015, minacciato dallo stesso Bayrou in uno dei suoi interventi. La Francia per il momento rimane un Paese con grande capacità di attrarre investimenti e con un’economia più solida rispetto a quella di Atene di un decennio fa. Ma la combinazione tra deficit elevato e governi di minoranza rischia di indebolirne il peso politico e la capacità di incidere sulle decisioni europee, dato che Parigi rappresenta la seconda economia dell'Eurozona e uno dei suoi più influenti attori politici.

Le prossime mosse di Macron

La sfiducia a Bayrou è anche un voto indiretto contro il Presidente Emmanuel Macron. I partiti di opposizione hanno infatti accusato il presidente di essere il vero responsabile dell’instabilità, arrivando in alcuni casi a chiederne le dimissioni. Macron ha però escluso categoricamente questa possibilità, ricordando che il suo mandato termina nel 2027 (e che non si può ricandidare, avendo raggiunto il limite dei due mandati). Per questo, le prossime settimane e la gestione del dopo-Bayrou saranno particolarmente delicate.

Macron non vuole sciogliere l’Assemblea Nazionale e convocare elezioni anticipate, perché il rischio è quello di consegnare la maggioranza a un parlamento ancora più frammentato, dove potrebbe crescere il peso del partito di estrema destra Rassemblement National e della coalizione della France Insoumise, sempre che non imploda prima di eventuali elezioni anticipate. Ma trovare un nuovo primo ministro non sarà semplice. I socialisti chiedono un capo di governo proveniente dalla loro area, mentre La France Insoumise e il Rassemblement National invocano elezioni il prima possibile. Macron al momento sta valutando tre possibili strade: la prima è nominare un nuovo premier all’interno della sua area politica, magari cercando un candidato adatto tra i ministri del governo appena caduto. La seconda è tentare un’apertura al centro-sinistra, cercando un compromesso con i socialisti o con figure indipendenti vicine alla loro area politica. La terza è affidarsi a un governo tecnico incaricato di votare le misure più urgenti, tra cui l'approvazione della legge di bilancio per il 2026, per esempio nominando come primo ministro l’attuale governatore della Banca di Francia François Villeroy de Galhau. Nessuna delle tre opzioni appare solida, fattore che nei prossimi mesi aggraverà ulteriormente le difficoltà dell'economia e dei conti pubblici francesi.

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Manifestanti nelle vie di Parigi. Fonte: Wikipedia
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