Il franco CFA ebbe origine come valuta dei territori coloniali francesi in Africa, ma attualmente è in realtà costituito da due monete distinte, anche se assolutamente intercambiabili, denominate rispettivamente “franco CFA dell'Africa Occidentale” (in francese: franc Communauté Financière Africaine) e “franco CFA dell'Africa Centrale” (in francese: franc Coopération Financière en Afrique centrale), utilizzate come valute ufficiali da 14 Stati africani e stampate ed emesse rispettivamente dalla “Banca Centrale degli Stati dell'Africa Occidentale” (Banque Centrale des États de l'Afrique de l'Ouest – BCEAO) e dalla “Banca degli Stati dell'Africa Centrale” (Banque des États de l'Afrique Centrale – BEAC). Si tratta di una valuta accusata da molti di essere uno strumento con cui la Francia mantiene di fatto un controllo parziale sulle sue ex colonie: in effetti, per quanto abbia contribuito a ridurre la volatilità monetaria negli Stati africani che la utilizzano, grazie ad essa e ad altre politiche Parigi favorisce la propria influenza e le proprie esportazioni nell'area.
Origini e storia del franco CFA
Creato ufficialmente il 26 dicembre 1945, fino al 1958 la valuta fu chiamata “franco delle colonie francesi d'Africa” (franc Colonies françaises d'Afrique). Nel periodo tra il 1958 ed il 1960 cambiò il nome in “franco della Comunità Francese d'Africa” (franc Communauté française d'Afrique) ed infine dal 1960 ad oggi sono state introdotte le due valute descritte nell'introduzione. La ragione di facciata che portò la Francia a optare per l'introduzione di questa moneta fu la necessità di favorire la crescita economica dei territori africani sotto il suo controllo. Tale dichiarazione d'indenti permase anche nell'epoca post-coloniale, e ancora oggi il franco CFA viene presentato come uno strumento indispensabile per garantire la stabilità macroeconomica della regione, in particolare tenendone sotto controllo l'inflazione.
Che caratteristiche ha il franco CFA e chi lo utilizza?
All'atto della sua introduzione, il franco CFA presentava un tasso di cambio fisso con il franco francese pari a 1:1,7 che nel 1948 divenne 1:2. Da quel momento in poi, se si esclude la svalutazione del 1994, il valore del franco CFA riflette meramente il valore relativo della valuta francese, prima il franco e poi l'euro. Attualmente 1 euro equivale a 655,957 franchi CFA e tale sistema di cambio fisso è garantito dalla Francia. Attualmente i Paesi che hanno nel franco CFA la loro moneta ufficiale sono 14: Senegal, Mali, Costa d'Avorio, Burkina Faso, Togo, Benin, Niger, Ciad, Camerun, Repubblica Centrafricana, Camerun, Congo, Gabon, Guinea Equatoriale e Guinea-Bissau. I primi 12 paesi citati sono ex-colonie francesi mentre gli ultimi due sono rispettivamente ex-colonie spagnole e portoghesi. Gli Stati facenti parte dello spazio monetario, secondo i dati del 2023, hanno una popolazione combinata di almeno 230 milioni di abitati e un PIL pari a 313,7 miliardi di dollari.
Perché il franco CFA è contestato?
Una delle critiche più feroci che viene imputata, anche in Italia, al franco CFA è che esso, al di là delle dichiarazioni di facciata, non sia altro che uno strumento a disposizione della Francia per portare avanti una politica neocoloniale ai danni dei suoi ex-possedimenti africani. Dall'altra parte invece i suoi difensori evidenziano come, dal momento della sua introduzione a oggi, esso abbia risparmiato, dal punto di vista macroeconomico, ai suoi utilizzatori la volatilità monetaria (cioè una grande variazione del valore della moneta) sperimentata da altri Stati nella regione.
Sebbene quest'ultima argomentazione abbia, dal punti di vista della mera teoria economica, un suo valore, non si può dire, per esempio, che il franco CFA abbia favorito l'integrazione economica del potenzialmente enorme mercato dell'Africa Occidentale e Centrale ex-francese dato che a oggi le relazioni di interscambio commerciale (specialmente di materie prime) esistenti tra questi paesi e la Francia (e da alcuni anni anche con la Cina) sono più consistenti che non l'interscambio tra i paesi africani stessi. Non solo, il sistema a cambio fisso è stato probabilmente una delle ragioni che hanno impedito a quei Paesi di creare dal basso un settore manifatturiero valido perché le importazioni di prodotti finiti dalla Francia (favorite proprio dal cambio fisso) hanno fatto concorrenza sleale ai prodotti locali.
Da ultimo, bisogna ricordare che una valuta, per quanto chiacchierata, è pur sempre solo uno “strumento” che acquisisce valore positivo oppure negativo a seconda che venga inscritta in un determinato contesto. Nel caso del contesto più ampio dell'insieme di politiche formulate nel corso dei decenni dalla Francia nei confronti delle sue ex-colonie dell'Africa Occidentale e Centrale (corruzione delle élite locali, assassinii politici, finanziamento di colpi di Stato, interventi militari diretti, contrazione di prestiti presto trasformatisi in debiti onerosi e via dicendo) non è possibile non vedere dietro al franco CFA uno dei tanti volti dell'ancora ingombrante presenza della potenza colonizzatrice nella vita dei Paesi un tempo colonizzati.