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28 Agosto 2023
11:44

Il mondo assume sempre più calorie: significa che stiamo sconfiggendo la fame nel mondo?

Dati FAO indicano che l'offerta pro capite in calorie nell'alimentazione è in cosante aumento in tutto il mondo. Una ricerca ci aiuta a interpretare questi dati alla luce del fenomeno della denutrizione in alcune aree del Pianeta.

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Il mondo assume sempre più calorie: significa che stiamo sconfiggendo la fame nel mondo?
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Secondo la FAO, l'offerta calorica pro capite è aumentata costantemente dalla seconda metà del secolo scorso a oggi a livello globale.
L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura, infatti, pubblica e aggiorna annualmente i dati completi sull'approvvigionamento e il consumo alimentare dal 1961.
In questo caso, ha monitorato l’offerta media di chilocalorie per persona al giorno, dividendo i dati per macroaree mondiali. Ciò che è stato osservato è un costante aumento di questa offerta media che non tiene conto, però, di sprechi e rifiuti sia a livello di vendita al dettaglio e ristorazione, sia del consumo vero e proprio dei nuclei famigliari. Quello che è stato valutato, detto in maniera semplice, è la disponibilità pro capite piuttosto che l’effettiva assunzione.

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Credits: Our World in Data

Sì ma cosa vogliono dirci questi dati? Possiamo affermare di aver sconfitto la fame nel mondo, o di essere vicinissimi a questo traguardo? Proviamo a rispondere a queste domande tenendo bene a mente un concetto: i dati statistici offrono uno spaccato di realtà universale, quella individuale e dei piccoli gruppi richiede studi più mirati.

Le differenze tra le diverse aree del mondo

La tendenza complessiva all’aumento della disponibilità pro capite di chilocalorie non è uguale nelle diverse aree del globo. Negli ultimi decenni, infatti, si è registrato un aumento significativo dell'offerta calorica in Asia e in Africa, considerate tra le regioni più povere del mondo mentre in alcuni paesi del cosiddetto Primo Mondo, come gli Stati Uniti, si è osservato un leggero calo.

L'aumento più marcato nei continenti asiatico e africano sta a significare che negli ultimi decenni questi si stiano mettendo in pari rispetto ai paesi più abbienti. Dal punto di vista dell’approvvigionamento alimentare, quello in cui viviamo oggi è un mondo più equo rispetto al secolo precedente: le abissali differenze tra Nord e Sud del mondo sono state appianate – o almeno, è quello che possiamo dire se guardiamo ai popoli divisi per macroaree – anche grazie a una sorta di effetto plateau (quindi di stabilizzazione) come quello sperimentato da Francia, Giappone, USA e Regno Unito.

Il fabbisogno energetico minimo

Tuttavia, se da un lato l'approvvigionamento calorico medio costituisce un indicatore importante per valutare la sicurezza alimentare, dall’altro per rispondere all’annosa questione sulla fame e la denutrizione nel mondo, dobbiamo accompagnare quest’unità di misura a un’altra: il fabbisogno energetico minimo (MDER).

L’MDER è la soglia calorica che ogni individuo dovrebbe consumare per raggiungere un peso minimo accettabile in relazione alla sua altezza. Se l’apporto calorico di una persona scende al di sotto del suo MDER specifico per lunghi periodi, questa è denutrita. Per stimare i livelli di denutrizione in una popolazione, si valuta l’MDER medio di un dato paese e poi si “pondera” in base alla situazione demografica. Si tiene, cioè, conto del fatto che il fabbisogno energetico varia in base a sesso, età e attività fisica che, come possiamo immaginare, sono molto diversi tra Europa e Stati Uniti, tra questi ultimi e il continente africano, e così via.

Per fare un esempio, i paesi con una popolazione molto giovane registrano un valore medio di MDER inferiore, poiché il fabbisogno energetico dei bambini è in genere minore di quello degli adulti. Le variabili da tenere in considerazione sono tante, e tra queste alcune assumono il ruolo di fattore confondente.

Il coefficiente per la disuguaglianza alimentare

Ora, a noi interessa forse di più misurare l’assunzione calorica in sé per poter valutare la sicurezza alimentare nei vari paesi, così da capire finalmente quanto gli obiettivi globali di giustizia alimentare siano vicini o lontani al loro raggiungimento. A questo scopo, la FAO definisce per ogni popolazione un parametro chiamato “Coefficiente di variazione della distribuzione abituale del consumo calorico” (da qui in poi, CV). Tale coefficiente, misurato su base annuale per i paesi in via di sviluppo dal 1990, ci indica che la disuguaglianza alimentare c’è ancora ed è tipicamente più alta nell'Africa subsahariana, in Iraq e ad Haiti. I valori del CV, in generale, non sono aumentati granché rispetto al 1990 e alcuni sono addirittura diminuiti: il Sud America ha infatti sperimentato un notevole declino, soprattutto in Brasile.

brasile calorie

PIL e approvvigionamento alimentare

A questo punto, un’altra domanda sorge spontanea: esiste forse una correlazione tra approvvigionamento alimentare pro capite e prosperità di un paese? Sì. Il grafico in basso dimostra come l'offerta giornaliera pro capite di calorie (ma anche di proteine e grassi) tende ad aumentare con la crescita economica, ma si vede anche come oltre a una certa soglia di reddito, questa si stabilizzi o addirittura subisca una leggera decrescita. Tradotto: man mano che ci arricchiamo, l'offerta pro capite tende ad aumentare, ma solo fino a un certo punto.

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Credits: Our World in Data

Ricapitolando: una tendenza al rialzo della disponibilità calorica pro capite è un bene ma no, la fame e la denutrizione non sono ormai un brutto ricordo e anzi servono dati più approfonditi in merito alle aree più a rischio.

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