Domenica 3 luglio 2022 una porzione di ghiaccio sulla Marmolada si è staccata, franando per svariate centinaia di metri e purtroppo ha provocato 10 vittime identificate, 7 feriti e alcuni dispersi, ma i dati sono in costante aggiornamento.
Secondo quanto registrato dall'OGS (L’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale) di Trieste il distacco sarebbe avvenuto intorno alle 13:43 stando a quanto rilevato dai loro sismografi. Il crollo infatti è stato tanto imponente da poter essere registrato dagli strumenti che di solito registrano i terremoti.
Cerchiamo di capire cosa è successo.
Breve ricostruzione del crollo
L'immagine che vedete corrisponde alla nostra ricostruzione 3D di Punta Rocca. Qui una parte di ghiaccio che sovrasta la roccia si è letteralmente staccata. Parliamo di un volume di ghiaccio enorme: sembra che si tratti dell’equivalente di due campi da calcio alti 80 metri.
Questo volume di ghiaccio, cadendo, si è frantumato in mille pezzi. Durante il percorso, la neve e il ghiaccio che si trovavano sul cammino sono stati messi in moto e questo ha aumentato il volume complessivo.
Questo è tipico anche delle più comuni valanghe di neve. Può cominciare anche da un masso di piccole dimensioni: questo mette in moto la neve sotto, che metterà in moto altra neve ecc… il risultato è che a valle arriva un volume di materiale enorme. Non a caso si chiama proprio "effetto valanga".
Torniamo a guardare la montagna. Il versante che affaccia verso Nord è molto inclinato, per cui la velocità di discesa della valanga ha raggiunto valori molto elevati, addirittura picchi di 250-300 km/h.
La valanga ha percorso circa 2.5 -3 km e si è fermata solo in corrispondenza dell'enorme frattura naturale che vedete qui in figura.
Purtroppo al momento, il bilancio provvisorio è di 8 morti e almeno 8 feriti e si stima siano dispersi ancora una ventina di escursionisti.
Possibili cause del distaccamento
Da un lato l'aumento delle temperature degli ultimi decenni ha alterato il ciclo dell'acqua, facendo nevicare sempre meno: poca neve vuol dire poco ghiaccio e perlopiù molto fragile e sottile, quindi maggiormente a rischio di crollo.
Dall'altro, le temperature record di queste ultime settimane hanno colpito anche l'alta montagna, con valori ben al di sopra delle normali medie dei mesi di giugno e luglio.
In questo caso c'è un fattore specifico che ha contribuito al crollo: il caldo fa fondere il ghiaccio giovane e fragile formando una patina di acqua che si infiltra tra la roccia e il ghiacciaio, lubrificandone lo scorrimento.
L'immagine che può aiutare a rendere l'idea è questa: quando siamo su un acquascivolo senz’acqua, non scivoliamo. Con l’acqua invece scivoliamo molto più facilmente. Concettualmente in geologia il fenomeno è analogo.
La grande frana del Vajont, per esempio, aveva come superficie di scollamento uno strato argilloso che – impregnato d’acqua – ha fatto partire la frana.
Inoltre i crolli dei ghiacciai possono essere inaspriti dalla mancanza di ghiaccio stesso che, come sappiamo, riflette i raggi solari per l'effetto di albedo. È probabile inoltre che il poco ghiaccio presente sia ormai sporco e intervallato a grosse porzioni di roccia nuda, due condizioni che alimentano la fusione e indeboliscono l'effetto di riflessione.
Il crollo dei seracchi e la formazione delle valanghe sono fenomeni naturali che avvengono normalmente ad alte quote. Ma quando le temperature salgono, il pericolo aumenta così come le probabilità di crollo.
Climatologi e glaciologi parlano di trasformazione della criosfera alpina che si trova attualmente in una fase di disequilibrio dovuta alle temperature che continuano ad aumentare velocemente. In questo momento i ghiacciai alpini, non ancora in equilibrio con il nuovo clima che si sta instaurando, reagiscono a questi cambiamenti riducendosi o provocando eventi catastrofici di questa portata.
L'incidente sulla Marmolada era prevedibile?
Sulle varie testate sono stati presentati pareri discordanti. Da una parte il crollo era previsto e la tragedia era annunciata. Dall'altra il fenomeno era impossibile da prevedere.
Sicuramente parlare a posteriori è facile.
Dal punto di vista scientifico e vista la tipologia di evento, cioè un crollo di una porzione di ghiacciaio lì dove i ghiacci si stanno ritirando e li dove ci sono temperature ben più alte delle medie stagionali, è probabile che avvenga un crollo come questo.
Ma dire esattamente dove e quando sarebbe successo è poco realistico. Per prevedere quel distacco sarebbe stata necessaria una rete di monitoraggio di tutti i ghiacciai delle Alpi.
Può succedere nuovamente?
La risposta è sì, può accadere ancora.
La stessa nicchia che è rimasta, quella da dove si è staccato il pezzo di ghiaccio, ora è in una condizione di instabilità.
In quella zona è rimasta infatti una grande porzione di ghiaccio ed è possibile che anch'essa si stacchi e venga a valle.
Ma è anche probabile che ulteriori blocchi di ghiaccio crollino da altre cime delle nostre Alpi.
Cosa si può fare? Il monitoraggio è tecnicamente l’unica vera arma che abbiamo a disposizione ma concretamente non è così facile da attuare.