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3 Settembre 2022
13:30

La Cina e l’uso della forza per ottenere stabilità: il caso dello Xinjiang e degli uiguri

Oltre a Hong Kong e al Tibet, in Cina c'è un'altra provincia caratterizzata da una forte volontà di autonomia: lo Xinjiang, abitato dagli uiguri.

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La Cina e l’uso della forza per ottenere stabilità: il caso dello Xinjiang e degli uiguri
Xinjang Cina Uiguri

Se la Cina vuole veramente contendere la supremazia globale agli Stati Uniti nei prossimi decenni, deve prima raggiungere la stabilità interna. In molte aree del Paese, infatti, la popolazione non è allineata con il governo di Xi Jinping. I casi di Hong Kong e del Tibet sono noti, ma c'è anche un'altra grande regione della Cina in cui lo Stato fatica a imporsi: lo Xinjiang, abitato per la maggior parte da un popolo di religione musulmana attualmente discriminato, gli uiguri.

Cos'è lo Xinjiang e chi sono gli uiguri

Lo Xinjiang è una regione occidentale della Cina e significa  letteralmente "nuova frontiera". Fu infatti invasa dalle armate cinesi nel 1949 e la Repubblica Popolare la rese successivamente il suo bastione nord-occidentale.

Mappa dello Xinjiang

La maggior parte degli abitanti dello Xinjiang, costituita dagli uiguri, però, vorrebbe invano che la regione si chiamasse "Uiguristan" o "Turkestan Orientale". E già questo denota una frizione con il potere centrale. Ma chi sono gli uiguri?

Gli uiguri sono una popolazione di etnia turca e di religione musulmana e sono quindi molto diversi dall'etnia Han, quella dominante in Cina. Per questo motivo, gli uiguri tendono da sempre a non assimilarsi al modello cinese imposto da Pechino. Essi, infatti, lo ritengono offensivo verso le loro tradizioni. Nel tempo, quindi, sono sorti anche dei movimenti uiguri per l'indipendenza dello Xinjiang, alcuni dei quali si sono macchiati di attacchi violenti contro le forze dell'ordine cinesi di presidio alla regione.

uiguri Cina

I campi di rieducazione

Lo Xinjiang, dunque, è stato sempre un problema per la Cina. Tuttavia, dopo l'attentato alle Torri Gemelle dell'11 settembre 2001, Pechino ha colto l'occasione, definendo gli uiguri terroristi e procedendo, da allora, all'assimilazione forzata della popolazione.

Diverse associazioni umanitarie hanno denunciato le azioni della Cina nei confronti degli uiguri. Pechino, infatti, ha costruito dei "campi di rieducazione" dove gli uiguri sono imprigionati, tenuti sotto sorveglianza, condannati ai lavori forzati e "rieducati ideologicamente". Alcune agenzie internazionali ritengono addirittura che in questi campi stia avvenendo un vero e proprio genocidio.

campi di rieducazione uiguri

La campagna "go west"

Oltre ai campi di rieducazione, la Cina ha cercato  di assimilare gli uiguri anche in altri modi, in particolare attraverso la campagna "Go West" proposta da Xi Jinping. Questa operazione consisteva nell'offrire degli incentivi alle aziende per investire nello Xinjiang, al fine di offrire opportunità economiche agli abitanti della zona.

Il risultato della campagna Go West, però, è stato praticamente nullo. Anzi, le aziende cinesi che si spostavano nello Xinjiang venivano (comprensibilmente) accolte molto male, il che ha generato un'ulteriore ondata di repressione. Ma perché Pechino insiste? Perché è così fondamentale lo Xinjiang?

Uiguri Cina

A cosa serve lo Xinjiang?

Abbiamo detto che Xinjiang significa "nuova frontiera". Il nome ormai è datato, ma molto probabilmente Xi Jinping lo avrebbe chiamato così se fosse stato lui a dover scegliere. Perché? Perché lo Xinjiang è veramente, oggi più che mai, la "nuova frontiera" della Cina. È proprio dallo Xinjiang, infatti, che passeranno le nuove vie della seta dirette in Europa. Perciò se questa zona non è stabile, l'intero progetto non è al sicuro. Inoltre, in assoluto, se la Cina vuole ambire a sfidare gli Stati Uniti, deve in primo luogo essere unita al suo interno e finché zone come lo Xinjiang non saranno pacificate, questo sarà di difficile realizzazione.

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