In Italia la dispersione scolastica registra una delle incidenze più elevate d’Europa (12,7%) dopo la Romania (15,3%) e la Spagna (13,3%). Nonostante i progressi registrati siamo ancora lontani dall’obiettivo del 9% entro il 2030 stabilito dalla UE. Inoltre, la percentuale di NEET nel nostro Paese (ossia dei 15-29enni che non studiano e non lavorano), raggiunge il 23,1% (con una media UE del 13,1%). Cerchiamo di capire come si distribuisce questo fenomeno nel nostro paese e quali sono le cause.
Cos’è la dispersione scolastica?
Per dispersione scolastica intendiamo il mancato, incompleto o irregolare percorso scolastico da parte dei giovani in età scolare. Rientrano in questa definizione l’abbandono scolastico, l’uscita precoce dal sistema formativo, l’assenteismo, la ripetenza e l’accumulo di lacune e ritardi nell’acquisizione di competenze che possono compromettere le prospettive di crescita personale, culturale e professionale degli individui.
Come vedremo, la dispersione scolastica è un fenomeno complesso e multidimensionale e non trova le proprie radici in un’unica causa.
I numeri in Italia
Per quanto riguarda la situazione nel nostro paese, i dati ufficiali disponibili provengono da tre fonti principali: il Ministero dell’Istruzione, l’ISTAT e l’INVALSI.
Il tasso di abbandono scolastico in Italia è del 12,7% con picchi in Sicilia (21,1%), Puglia (17,6), Campania (16,4%) e Calabria (14%).
La percentuale dei NEET (cioè dei giovani che non studiano, non seguono percorsi di formazione e non lavorano) è invece del 23,1%. In regioni come Sicilia, Campania, Calabria e Puglia i 15-29enni NEET hanno addirittura superato i coetanei che lavorano (3 giovani NEET ogni 2 giovani occupati).
Secondo i dati INVALSI, la percentuale di studenti che non raggiunge livelli adeguati di lettura e comprensione del testo è passata dal 34% del 2018 al 39% del 2022. In matematica, sempre nello stesso periodo, tale quota è passata dal 39% al 44%. I risultati si fanno ancora più preoccupanti se guardiamo alle differenziazioni regionali: tra le regioni del Sud e del Nord troviamo un distacco di ben 10 punti percentuali. In italiano si passa dal 49% nelle regioni del Sud e delle Isole, al 34%-35% delle regioni del Nord e del Centro. Così anche per le prove di matematica.
Chi è più soggetto alla dispersione scolastica?
Sinteticamente, il fenomeno della dispersione scolastica riguarda soprattutto:
- principalmente i maschi,
- nella fascia di età 14-15 anni,
- gli studenti delle regioni meridionali: sebbene il fenomeno sia in calo, il divario fra Nord e Sud continua a presentare livelli preoccupanti: Campania, Sicilia, Calabria, Puglia e Molise sono le regioni che presentano l’incidenza maggiore del fenomeno della dispersione scolastica
- gli alunni stranieri nati all’estero (in maggiore difficoltà rispetto ai nati in Italia)
- il periodo di passaggio tra le medie e le superiori, che rappresenta ad oggi il momento più “critico”
- si concentra soprattutto in alcuni istituti: il tasso di dispersione scolastica più contenuto si registra nei licei (1,8%), seguiti dagli istituti tecnici (4,3%) e dagli istituti professionali (7,7%)
Le cause della dispersione scolastica e i fattori di rischio
Sono molti i fattori di rischio che possono portare un giovane studente ad abbandonare il proprio percorso scolastico prima del tempo. Ecco le principali:
- La dimensione psicologica e soggettiva: difficoltà cognitive e di apprendimento, disagio, demotivazione, senso di inadeguatezza, attitudini.
- La dimensione socioeconomica della famiglia di origine: le incidenze più elevate di abbandono scolastico si registrano dove il livello d’istruzione dei genitori è più basso (si va dal 22,7% di abbandono dei giovani i cui genitori hanno al massimo la licenza media, al 2,3%, per i giovani con genitori con la laurea). Allo stesso modo, sono più portati ad abbandonare la scuola precocemente anche i giovani i cui genitori non hanno una professione qualificata o non lavorano (circa il 22% contro il 3-9% di chi ha genitori con una professione qualificata). Anche in questo caso, lo svantaggio si acuisce per i giovani residenti nelle regioni meridionali.
- i ghetti educativi: gli studi sulla dispersione ci indicano che gli alunni più fragili culturalmente ed economicamente (e nella maggior parte dei casi i due fattori vanno di pari passo) tendono a raggrupparsi in alcune scuole, dove si crea una sorta di “ghetto educativo”. Qui si generano dinamiche a cascata: gli insegnanti tendono ad adattare l’apprendimento e i programmi al livello generale della classe, penalizzando così gli studenti di livello potenzialmente più alto e la scuola non è in grado di emancipare gli studenti dalla loro condizione svantaggiata di partenza.
- Fattori legati alla scuola e al contesto: come il rapporto con gli insegnanti e la qualità della didattica.
- Carenza di spazi e servizi educativi: sempre dagli studi di settore, emerge che l’offerta del “tempo pieno”, delle mense scolastiche e la presenza di palestre scoraggiano l’abbandono scolastico perché creano un contesto coinvolgente e pienamente educante per i ragazzi che lo frequentano.
Le conseguenze sociali e individuali
La dispersione scolastica genera conseguenze negative sia sul singolo individuo (“costi individuali”) sia sulla società di cui fa parte (“costi sociali”). Eccole:
- Anzitutto, la riuscita scolastica è un processo che ha a che fare con la crescita individuale nel suo complesso. Non terminare la scuola può avere ripercussioni su quest'ultima.
- La scarsità di stimolazioni e di risorse, dovuta all'abbandono della scuola, può impattare negativamente sulla formazione delle capacità sociali, cognitive, emotive.
- Uscendo dal sistema scolastico i giovani vanno incontro a una mancanza di opportunità che pregiudica fortemente la loro riuscita non solo a livello formativo, ma anche umano e sociale rischiando di riprodurre gli svantaggi familiari di partenza, con un circolo vizioso che si autoalimenta.
- L’abbandono scolastico precoce (denominato a livello internazionale Early school leavers – ESL) ha conseguenze anche sui NEET (Not in education, employment or training – ovvero dei giovani non coinvolti in un percorso formativo o lavorativo), un fenomeno che nel nostro Paese presenta percentuali tra le più alte dell’Unione Europea.
- L’azzeramento della dispersione scolastica avrebbe un impatto positivo sul PIL compreso in una forbice che va da un minimo dell’1,4% ed un massimo del 6,8%. Questo avverrebbe per diverse ragioni. Anzitutto perché la spesa pubblica investita in istruzione "ritorna" nel sistema grazie al lavoro e alla produttività di chi ha potuto beneficiare di questa spesa, in una sorta di circolo virtuoso che si alimenta (se ciò non avviene, l'investimento che lo Stato fa per l'istruzione viene "perso"). In secondo luogo, perché secondo alcuni studiosi (per esempio De Long), alti livelli di istruzione favoriscono l’applicazione e l’utilizzo delle nuove tecnologie e porterebbero alcuni Paesi ad avere una maggiore possibilità di essere relativamente ricchi.
In conclusione, possiamo affermare che la lotta alla dispersione scolastica è di fondamentale importanza per costruire una società più equa. Le azioni di contrasto e prevenzione che possono essere intraprese sono molteplici ed è importante che tengano conto dei fattori di rischio illustrati sopra. Una delle prime azioni, è garantire uguali condizioni di partenza a tutti i bambini e bambine, ricordandoci che la povertà educativa si riflette sui livelli di benessere sociale, economico e psicologico di ciascuno di noi.