Potremmo chiamarla anche «energia stellare» perché è quella che accende le stelle come il Sole. In molti la considerano l’energia del futuro: è rinnovabile, relativamente più pulita di tante altre fonti energetiche rinnovabili (non genera CO2) ed è praticamente inesauribile.
Attenzione: la fusione nucleare non è da confondere con la fissione nucleare.
Oggi, quando parliamo di centrali nucleari, facciamo riferimento alla fissione nucleare, che consiste nella divisione di un atomo: il nucleo viene scisso in due nuclei più leggeri.
Il risultato di questa divisione è la liberazione di energia ed è proprio quella che recuperiamo per generare l’energia elettrica. La fusione invece è il fenomeno opposto: è l’unione di due atomi (leggeri) di idrogeno che, legandosi, danno vita a un nucleo (più pesante) di elio, un gas nobile, chimicamente inerte. Anche in questo caso, la reazione genera energia.
La fusione non ha niente a che vedere con Chernobyl
È molto importante separare i concetti di fissione e fusione perché sono profondamente diversi anche dal punto di vista della sicurezza. Mentre un grosso incidente in un reattore a fissione (come Chernobyl o Fukushima), anche se statisticamente poco probabile, può provocare enormi danni all’ambiente e alla salute delle persone a causa del rilascio del materiale radioattivo prodotto dal combustibile esausto, l’ipotetico incidente di un reattore a fusione nucleare non avrebbe ricadute rilevanti.
La fusione non genera residui radioattivi a lunga vita come nel caso della fissione e in caso di guasto, il reattore si spegnerebbe da solo perché, per poter mantenere la reazione di fusione, occorre alimentarla! In altri termini, non c’è rischio di una reazione a catena.
Molte persone associano il termine «nucleare» a qualcosa di pericoloso, come l'esplosione della bomba atomica e i disastri delle centrali nucleari, e ne sono spaventati. In entrambi i casi, tuttavia, si tratta di fissione nucleare,e non di fusione.
La magnificenza della fusione nucleare sta nel fatto che con 1,6 grammi di deuterio, estratto da 50 litri di normalissima acqua e 5 grammi di litio-6, sarebbe possibile potenzialmente produrre circa 380.000 kilowattora, cioè una quantità di energia in grado di soddisfare il fabbisogno di una persona per circa dieci anni.
Perché non usiamo ancora la fusione nucleare?
Perché allora non usiamo ancora questa fonte energetica così «magica» nonostante si parli di fusione da decenni? Perché è fisicamente complicatissimo mettere in moto una reazione di fusione. Il problema è che per fondere i due atomi dell’idrogeno è necessaria un’energia gigantesca, in grado di vincere la repulsione atomica di due nuclei dello stesso segno (positivo). Concettualmente è la stessa repulsione che si ha affiancando i poli positivi o negativi di due calamite. Tale energia può essere raggiunta con temperature elevatissime, addirittura di diversi milioni di gradi Celsius. Ovviamente, non esiste nessun materiale che riesca a reggere quelle temperature! Per ora tutti gli sforzi degli scienziati sono concentrati sulla costruzione di un reattore che riesca a isolare queste altissime temperature. Ciò è possibile attraverso un complesso sistema in grado di generare un campo magnetico e di intrappolare e confinare nelle proprie spire un plasma, mantenendolo lontano dalle pareti di contenimento.
Il progetto globale: ITER
In questi anni, mentre noi viviamo tranquillamente le nostre vite, a Cadarache, nel Sud della Francia, è in corso uno dei progetti sperimentali più ambiziosi della storia umana, frutto della collaborazione internazionale tra Europa, Giappone, Stati Uniti, Russia, Cina, India e Corea. Si tratta del progetto ITER (acronimo di International Thermonuclear Experimental Reactor), che in latino significa «strada», «percorso», per condurre le società verso un nuovo modello di produzione di energia, auspicabilmente entro il 2060.
Lì c’è uno dei cantieri più avanzati e complessi d’Europa, dove si sta costruendo un reattore a fusione nucleare il cui cuore, chiamato «tokamak», avrà un diametro e un’altezza di 30 metri e peserà circa 23.000 tonnellate (per darvi un termine di paragone la Tour Eiffel ne pesa circa 8000). All’interno del tokamak, il plasma sarà scaldato fino a oltre 100 milioni di gradi Celsius. I magneti superconduttori che lo controlleranno, opereranno invece a una temperatura bassissima (circa -269 °C). In pratica, potrebbe essere contemporaneamente uno dei luoghi più caldi e più freddi dell’universo.
È bene però tenere presente che l’ITER è un progetto sperimentale per cui il suo obiettivo non è quello di produrre energia elettrica dalla fusione nucleare in termini commerciali, bensì di dimostrare scientificamente e tecnologicamente che è possibile generare energia elettrica in modo vantaggioso.
La fusione nucleare infatti non è una novità. Il record mondiale di energia da fusione è detenuto dal tokamak JET europeo. Nel 1997, il progetto JET ha prodotto energia nucleare, ma lo fece consumando una quantità di energia maggiore, per cui il bilancio fu negativo.
Dobbiamo aspettare almeno fino al 2060
L’ITER, invece, è progettato per produrre una quantità di energia dieci volte superiore rispetto all’energia utilizzata per innescare la reazione, ovvero 500 megawatt di potenza di fusione da 50 megawatt di potenza termica in ingresso. Nel caso in cui questo obiettivo chiave sarà raggiunto (previsto intorno al 2030), si passerà alla fase successiva, denominata «progetto DEMO», che altro non sarebbe che la fase dimostrativa del primo vero prototipo di reattore a fusione nucleare. Secondo le tempistiche programmate dal consorzio europeo EFDA (Fusion Electricity – EFDA November 2012), al fine di generare energia elettrica da fusione entro il 2050, la costruzione di DEMO avrà inizio durante i primi anni Trenta del 2000, per terminare dopo almeno dieci anni. Nel 2040 infatti dovrebbe cominciare una fase operativa che durerà un’altra decade. Solamente dopo, si procederebbe alla costruzione di reattori a fusione nucleare commerciali a larga scala. Segnate sul vostro Google Calendar questo appuntamento nel 2060. Poi vedremo di quanto ci saremo sbagliati.
Il ruolo dell'Italia nella fusione nucleare
Il ruolo dell’Italia nel progetto ITER è stato, è e sarà di primissimo livello. Le aziende italiane nel campo della fusione nucleare, grazie a competenze molto elevate, rappresentano un’eccellenza internazionale: hanno vinto oltre il 50 per cento delle commesse di ITER, per un valore di oltre 1,3 miliardi di euro. La più grande superbobina è nata nello stabilimento di La Spezia della ASG Superconductors (Malacalza); anche i 5 chilometri di cavi superconduttori al suo interno sono stati progettati e realizzati dal Consorzio Icas che unisce ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) con due aziende di punta del settore, la Criotec Impianti e la Tratos Cavi. Di queste cose se ne sente parlare poco, non è vero? Nei miei anni all’estero ho capito quanto sia importante metterle in luce e sbandierarle come motivo di vanto.