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25 Febbraio 2022
14:59

La guerra in Ucraina rischia di rallentare la transizione ecologica in Italia e in Europa?

Questa guerra probabilmente avrà un'influenza negativa sulla velocità della transizione ecologica e lo dimostra il fatto che già oggi si parli della possibilità della riapertura di alcune centrali a carbone.

A cura di Andrea Moccia
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La guerra in Ucraina rischia di rallentare la transizione ecologica in Italia e in Europa?
Ucraina e transizione ecologica

Oggi, 25 Fabbraio 2022, il Presidente del Consiglio Mario Draghi ha rilasciato un'informativa urgente alla Camera dei Deputati sul conflitto in Ucraina.
Una parte specifica del suo discorso mi ha fatto riflettere molto e ha rafforzato la domanda che continuo a pormi da giorni: La guerra in Ucraina rischia di rallentare la transizione ecologica in Italia (e in Europa)?
Vi riporto qui alcuni estratti del discorso del Presidente Draghi a cui faccio riferimento (potrete guardarlo interamente dal minuto 19:00 di questo video):

"Le vicende di questi giorni dimostrano l’imprudenza di non aver diversificato maggiormente le nostre fonti di energia e i nostri fornitori negli ultimi decenni. In Italia, abbiamo ridotto la produzione di gas da 17 miliardi di metri cubi all’anno nel 2000 a circa 3 miliardi di metri cubi nel 2020 – a fronte di un consumo nazionale che è rimasto costante tra i 70 e i 90 miliardi circa di metri cubi".

"Il Governo è al lavoro inoltre per aumentare le forniture alternative. Intendiamo incrementare il gas naturale liquefatto (GNL) importato da altre rotte, come gli Stati Uniti. Il Presidente americano, Joe Biden, ha offerto la sua disponibilità a sostenere gli alleati con maggiori rifornimenti, e voglio ringraziarlo per questo. Tuttavia, la nostra capacità di utilizzo è limitata dal numero ridotto di rigassificatori in funzione".

"Potrebbe essere necessaria la riapertura delle centrali a carbone, per colmare eventuali mancanze nell’immediato. Il Governo è pronto a intervenire per calmierare ulteriormente il prezzo dell’energia, ove questo fosse necessario. Per il futuro, la crisi ci obbliga a prestare maggiore attenzione ai rischi geopolitici che pesano sulla nostra politica energetica, e a ridurre la vulnerabilità delle nostre forniture. Voglio ringraziare il Ministro Cingolani per il lavoro che svolge quotidianamente su questo tema così importante per il nostro futuro".

"Ho parlato del gas, ma la risposta più valida nel lungo periodo sta nel procedere spediti, come stiamo facendo, nella direzione di un maggiore sviluppo delle fonti rinnovabili, anche e soprattutto con una maggiore semplificazione delle procedure per l’installazione degli impianti. Ma il gas resta essenziale come combustibile di transizione. Dobbiamo rafforzare il corridoio sud, migliorare la nostra capacità di rigassificazione e aumentare la produzione nazionale a scapito delle importazioni. Perché il gas prodotto nel proprio Paese è più gestibile e può essere meno caro".

Alla luce di queste parole, vi riporto qui il mio pensiero.

L'Italia importa dalla Russia il 40% circa del gas naturale che consumiamo ogni anno. Il 40% significa quasi la metà; è una quantità enorme.
Qualora le vicende geopolitiche si inasprissero oltre modo, la Russia potrebbe decidere di ridurre le esportazioni di gas per danneggiare l'Europa e quindi anche l'Italia.
Se questa ipotesi si verificasse, la disponibilità energetica italiana subirebbe un grosso deficit e i prezzi del gas e dell'energia elettrica subirebbero un'ulteriore impennata. In altri termini ci sarebbe una intensa crisi energetica.
La popolazione risentirebbe degli effetti in breve tempo; è facile pensare che si instaurerebbe una insofferenza generale che porterebbe inevitabilmente ad un voler risolvere il problema in tempi brevi.
Le uniche soluzioni energetiche che hanno tempi breve sono le fonti fossili perché sono quelle più facilmente reperibili e trasportabili. La popolazione non avrebbe scelta e davanti ad una crisi del genere sarebbe più propensa ad accettare soluzioni che prevedano un maggior utilizzo di petrolio, gas e addirittura carbone.
In altri termini la crisi potrebbe influire sull'opinione pubblica indirizzandola verso scelte, temporanee si spera, lontane dal "rinnovabile". Volendo davvero essere schietti, le persone potrebbero cominciare a pensare: "la situazione è insostenibile, per cui se il fossile riduce o risolve il problema, usiamolo. Poi si vedrà".

Per cui, dal mio punto di vista, la risposta è in parte si. Questa guerra probabilmente avrà un'influenza negativa sulla velocità della transizione ecologica e lo dimostra il fatto che già oggi si parli della possibilità della riapertura di alcune centrali a carbone. Probabilmente è inevitabile ma allo stesso tempo è triste perché in qualche modo andrà ad impattare sullo slancio del "pensiero rinnovabile" costruito negli ultimi decenni.
Avremo modo di riparlarne.

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Andrea Moccia
Direttore editoriale
Sono nato nell'Agosto del 1985, a Napoli. Mi sono pagato gli studi universitari vendendo pop-corn e gelati nelle sale di un Cinema. Ho lavorato per dieci anni in giro per il mondo, di cui sette all'Istituto nazionale francese dell'energia, in qualità di geologo e team manager. Nel 2018 a Parigi, per gioco, è nata Geopop, diventata nel 2021 una azienda del gruppo Ciaopeople. Sono dell'idea che la cultura sia la più grande ricchezza per un Paese e ho deciso di dedicare la mia vita per offrire un contributo e far appassionare le persone alla conoscenza. Col sorriso :)
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