Ultimamente sul web molti utenti sostengono che la pizza sia l’alimento della felicità, con l’aggravante del “lo dice la scienza”. Il collegamento tra pizza e felicità, come si legge in quegli articoli, è la serotonina, che si troverebbe in abbondanza nell’impasto e nella mozzarella, sotto forma di un suo precursore, il triptofano. Si legge anche che la pizza renderebbe felice grazie al rilascio di endorfine nel cervello. Le cose però sono molto più complicate di così: la correlazione tra pizza è felicità è un’errata ipersemplificazione.
Il cibo fa provare piacere, ma non felicità
Mangiare qualcosa di buono può migliorare il nostro umore, e questo ci è chiaro ogni volta che ci tiriamo su il morale con una bella barretta di cioccolato. I nostri circuiti cerebrali sono cablati in modo da rilasciare dopamina e altri neurotrasmettitori associati al piacere ogni qual volta mettiamo in atto un comportamento utile alla sopravvivenza.
Ad esempio, gli zuccheri semplici sono un alimento di cui il nostro cervello è ghiotto, tendenzialmente scarso nei luoghi dove abbiamo vissuto per centinaia di migliaia di anni e, anche se oggi ne abbiamo in abbondanza, i nostri meccanismi di ricompensa non si sono adattati a questa eccessiva disponibilità, continuando a spingerci all’assunzione e innescando, appunto, sensazioni di piacere quando li mettiamo in bocca. Ma quella sensazione di piacere fisiologica è molto distante da quella che chiamiamo “felicità”.
Pizza e serotonina, come stanno davvero le cose
La serotonina è un neurotrasmettitore che viene prodotto a partire dal triptofano, un amminoacido essenziale (che quindi deve essere ottenuto tramite la nostra alimentazione) che ha bisogno di essere sintetizzato in prima battuta dall’enzima triptofano idrossilasi e successivamente subire un ulteriore processo di decarbossilazione per arrivare ad essere disponibile come serotonina. Questo ultimo passaggio è tendenzialmente lineare: tanto idrossitriptofano è disponibile, tanta serotonina viene prodotta.
Ora però, se è vero che la quantità di rilascio di serotonina è effettivamente modulata dall’assunzione di cibo, e che quindi la serotonina prodotta dipende da quanto triptofano ingeriamo, è vero anche che non tutto il triptofano che ingeriamo diventa serotonina, dato che il processo di sintesi del primo dipende dalla disponibilità degli enzimi di cui abbiamo parlato, necessari alla trasformazione.
Un’altra cosa decisiva da sapere è che il triptofano è precursore non soltanto della serotonina, ma anche della melatonina, della vitamina B3 e di alcuni fitormoni. È chiaro quindi che il triptofano che ingeriamo ha più di una destinazione metabolica, ed è del tutto inesatto affermare che, dato che la pizza contiene triptofano, allora abbiamo più serotonina e quindi più felicità!
Come se non bastasse, la serotonina sintetizzata non finisce soltanto nel sistema nervoso. Questa, infatti, ha ruoli determinanti anche nel tratto gastrointestinale, oltre che venire utilizzata alla periferia del nostro corpo nei recettori del dolore posti sotto la nostra pelle. Al livello del sistema nervoso centrale, la serotonina deve competere con altri amminoacidi per accaparrarsi il trasportatore che permette loro di superare la barriera ematoencefalica.
L’ormone della felicità non esiste
Non esiste un ingrediente o un neurotrasmettitore della felicità. È piuttosto corretto dire che la serotonina è un modulatore dell'umore che contribuisce al benessere generale e alla regolazione emotiva. Non solo, nella ricerca sulla depressione, la lotta a questa condizione non riguarda tanto la quantità di serotonina totale, quanto l'inibizione dei ricaptatori della serotonina (gli elementi della sinapsi che “risucchiano” la serotonina rilasciata).
Più riusciamo a far stare la serotonina nello spazio sinaptico inibendo i ricaptatori, più serotonina viene assorbita dal neurone successivo. Tanto è complessa la faccenda che la comunità scientifica parla di "mito della serotonina”, e oggi la quantità totale di serotonina disponibile nel corpo è un fattore decisamente marginale quando si cerca di capire le cause della depressione, tanto che L'American Psychiatric Press, nel Textbook of Clinical Psychiatry dice chiaramente che la carenza di serotonina come causa di un qualsiasi disturbo mentale è, ad oggi, un’ipotesi non confermata.
E quindi, come spesso accade, ci troviamo davanti ad una impersemplificazione della realtà, così tanto semplificata da apparire più fuorviante che informativa. Approssimare la pizza al solo triptofano, pensare che il triptofano sia uguale alla serotonina e, infine, ipotizzare “maggiore serotonina uguale maggiore felicità”: tutte deduzioni errate.
Sono molti i neurotrasmettitori che entrano in gioco nei processi di benessere del corpo, e rilevante è anche la situazione e il momento in cui tali trasmettitori si attivano. Ci sarebbe poi da vedere se altri alimenti nella pizza competano o inibiscano la sintesi del triptofano, o se il conteggio totale tra gli elementi "pro" e gli elementi "contro" in una bella pizza possa portare ad un risultato positivo nella sua globalità. Insomma, la pietra filosofale non è stata ancora trovata.