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20 Dicembre 2025
7:00

Il primo sito Web della storia “info.cern.ch”: com’era 35 anni fa il World Wide Web

In occasione del suo 35esimo anniversario, ripercorriamo la nascita della prima pagina Web della storia – info.cern.ch –, creata dal Centro di Ricerca di Ginevra. Messa online dall'informatico Tim Berners-Lee il 20 dicembre del 1990, fu aperta al pubblico dal 6 agosto 1991.

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Il primo sito Web della storia “info.cern.ch”: com’era 35 anni fa il World Wide Web
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Tim Berners–Lee, lo scienziato britannico che inventò il World Wide Web nel 1989, mentre lavorava al CERN di Ginevra. Credit: CERN. per soddisfare la domanda di condivisione automatizzata di informazioni tra scienziati di università e istituti di tutto il mondo.

Il 20 dicembre 1990, all'interno dei corridoi del CERN di Ginevra, in Svizzera, Tim Berners-Lee accendeva i “motori” del primo sito Web della storia, un evento che avrebbe cambiato radicalmente il nostro modo di vivere, lavorare, comunicare e informarci, sebbene in quel momento quasi nessuno se ne fosse accorto, incluso lo stesso scienziato britannco. In questo articolo esploreremo la genesi del World Wide Web, distinguendolo dall'infrastruttura fisica di Internet che già esisteva, e analizzeremo le tre tecnologie fondamentali inventate da Berners-Lee che ancora oggi, dopo tre decenni e mezzo, costituiscono l'“ossatura” della navigazione online: l'HTML per strutturare i contenuti, l'URL per localizzarli univocamente e il protocollo HTTP per trasferirli dal server al nostro dispositivo. Vi racconteremo di come quel primo sito, raggiungibile all'indirizzo http://info.cern.ch (tutt'ora online), fosse in realtà un "meta-documento", ovvero un manuale di istruzioni su come utilizzare il Web stesso, privo di grafica accattivante ma ricco di una visione rivoluzionaria basata sull'ipertesto. Analizzeremo inoltre il contesto tecnologico dell'epoca, dominato da sistemi incompatibili tra loro, e di come la decisione del CERN, presa nel 1993, di rendere questa tecnologia royalty free abbia rappresentato il vero catalizzatore per l'esplosione globale del fenomeno, portando alla nascita dei primi browser grafici come Mosaic e all'era del commercio elettronico.

Come il 20 dicembre 1990 ha cambiato il mondo dell'informazione

Per comprendere la portata “sismica” di quanto accaduto il 20 dicembre 1990, dobbiamo immergerci nell'atmosfera digitale che si respirava alla fine degli anni '80, un periodo in cui Internet esisteva già ma appariva molto diversa dallo spazio “accogliente” a cui siamo abituati oggi. Si trattava essenzialmente di un insieme di reti utilizzate quasi esclusivamente da accademici, militari e ricercatori, dove l'accesso alle informazioni era un percorso a ostacoli che richiedeva competenze tecniche specialistiche. Immaginiamo un ente di ricerca vasto e complesso come il CERN, dove migliaia di scienziati da tutto il mondo producevano una mole immensa di dati; il problema principale era che queste informazioni rimanevano intrappolate in quella che potremmo definire una sorta di Torre di Babele digitale. I dati risiedevano su computer diversi, dai mainframe IBM ai sistemi Macintosh, ognuno con i propri formati di file e protocolli proprietari, rendendo lo scambio di informazioni un vero e proprio incubo logistico: per leggere il lavoro di un collega, spesso bisognava fisicamente accedere al suo stesso terminale o possedere il medesimo software.

Esistevano certamente dei precursori che tentavano di mettere ordine in questo caos, come ARPANET, il progetto militare statunitense che fungeva da spina dorsale della rete, o Usenet, una rete mondiale di server interconnessi tra loro nata negli Stati Uniti e che veniva usata dagli utenti principalmente per discutere di vari argomenti. Nessuno di questi sistemi, però, offriva una soluzione completa per la consultazione documentale. Forse il tentativo più intelligente sotto questo aspetto era rappresentato Gopher, sviluppato dall'Università del Minnesota, che organizzava i file in una gerarchia di menu strutturati, permettendo di navigare tra server diversi, ma mancava ancora quell'elemento di fluidità che avrebbe poi definito il Web. È in questo scenario frammentato che entrò in gioco la visione di Tim Berners-Lee, un informatico britannico che aveva intuito come il vero valore del CERN non risiedesse solo nei dati degli acceleratori di particelle, ma nella connessioni tra le persone. Già nel 1989 aveva presentato una proposta intitolata “Gestione delle informazioni”, un documento tecnico che il suo supervisore, Mike Sendall, definì «vago, ma emozionante», dando fortunatamente il via libera al progetto.

L'intuizione geniale di Berners-Lee

L'intuizione geniale di Berners-Lee non fu quella di inventare il collegamento tra testi, concetto già teorizzato da pensatori come Vannevar Bush decenni prima, ma di applicare l'idea dell'ipertesto a una rete globale di computer. Tra il settembre e il dicembre del 1990, scrisse il codice che avrebbe dato vita a un intero ecosistema basato su tre pilastri fondamentali che utilizziamo ancora oggi. Il primo è l'HTML (HyperText Markup Language), un linguaggio di markup (e non di programmazione complessa), che serviva a creare lo scheletro delle pagine attraverso semplici “tag” per definire titoli, paragrafi e collegamenti. Il secondo è l'URL (Uniform Resource Locator), la soluzione al problema dell'indirizzamento, che forniva un metodo univoco e coerente per trovare qualsiasi risorsa Web, evitando il caos di formati incompatibili. Il terzo pilastro è l'HTTP (Hypertext Transfer Protocol), il motore invisibile che gestisce il dialogo tra il client, ovvero il nostro browser, e il server che ospita i dati, attraverso un ciclo continuo di richieste e risposte.

Tutto questo software venne sviluppato e fatto girare su una macchina molto particolare: un computer NeXT. Questa workstation, creata dall'azienda fondata da Steve Jobs dopo la sua uscita da Apple, era dotata di strumenti avanzati che permisero a Berners-Lee di creare rapidamente il primo browser della storia, chiamato WorldWideWeb (poi rinominato Nexus). Una caratteristica affascinante di quel primo browser, che abbiamo perso nel tempo, era la sua natura bidirezionale: non era solo uno strumento per visualizzare le pagine, ma anche un editor che permetteva agli utenti di modificare i contenuti e creare nuovi link direttamente, incarnando una visione del Web come strumento collaborativo paritario. Quel singolo cubo nero marchiato NeXT fungeva anche da primo server Web della storia, tanto da recare un adesivo con scritto a mano: «This machine is a server. DO NOT POWER IT DOWN!!», ovvero “Questa macchina è un server. NON SPEGNERE!!”), poiché spegnerlo avrebbe significato, letteralmente, spegnere l'intero World Wide Web.

Primo server NeXT del CERN
Una replica della macchina NeXT utilizzata da Tim Berners–Lee nel 1990 per sviluppare ed eseguire il primo server WWW. Credits: Maximilien Brice/Anna Pantelia/CERN

Quando il 20 dicembre 1990 il sito http://info.cern.ch divenne finalmente operativo, era inizialmente accessibile alla sola rete interna del CERN. Il sito aveva (e ha tutt'ora) un layout decisamente spartano: sfondo bianco, testo nero e collegamenti blu. That's it!. Il contenuto era autoreferenziale, spiegava cioè cosa fosse il progetto stesso, come creare pagine e come cercare informazioni. Ma la vera rivoluzione risiedeva nella funzione del collegamento ipertestuale, che distruggeva la linearità della lettura tradizionale: con un click si poteva saltare da un concetto all'altro, anche se le informazioni risiedevano su computer distanti migliaia di chilometri, mimando il funzionamento associativo del cervello umano.

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Screenshot che mostra la pagina “World Wide Web”, che compare facendo click sul collegamento “Browse the first website” presente nella home page del sito https://info.cern.ch/. Credit: CERN.

Il 30 aprile 1993 il Web divenne di pubblico dominio

In tutto ciò va detto che il Web rimase uno strumento di nicchia per fisici fino a quando non si verificarono due eventi cruciali. Il primo fu la lungimirante decisione del CERN, il 30 aprile 1993, di rendere la tecnologia del World Wide Web di pubblico dominio e libera da royalty, impedendo che una singola azienda potesse controllarla e invitando chiunque a costruirvi sopra. Il secondo fu l'arrivo di browser accessibili al grande pubblico, come Mosaic, sviluppato nel 1993 dall'NCSA (National Center for Supercomputing Applications) dell'Università dell'Illinois. Mosaic fu il primo a mostrare le immagini all'interno del testo e non in finestre separate, trasformando il Web da un archivio testuale a un'esperienza multimediale visivamente attraente.

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