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La Rinconada è la città più alta del mondo, situata a circa 5100 m di altitudine nelle Ande peruviane. Fa parte del Distretto di Ananea che si estende sul fianco occidentale di una ramificazione del Nevado Ananea Grande che sovrasta la città e che i gli abitanti hanno soprannominato La Durmiente, per via del profilo montuoso delle sue cime che sembra disegnare quello di una donna sdraiata supina. Data l'altitudine le condizioni di vita sono dure e particolarmente proibitive, l'aria è rarefatta, non è possibile garantire i servizi essenziali, non esistono né scuole né ospedali, eppure conta una popolazione di circa 82.000 abitanti.
Vita e pericoli nelle miniere di La Rinconada
La città sorge su un giacimento minerario che coinvolge direttamente circa 40.000 persone che, incuranti dei rischi connessi o accettandoli come necessari, trascorrono la maggior parte delle loro giornate in cunicoli stretti e soffocanti, respirando quotidianamente esalazioni nocive di metano e cianuro. Inoltre, si stima che a causa dell'attività mineraria vengano rilasciate circa 15 tonnellate di mercurio all'anno nei corsi d'acqua che confluiscono nella laguna La Rinconada, finendo successivamente nel lago Titicaca attraverso il fiume Ramis.

La zona insomma è fortemente contaminata, il rischio per la salute pubblica e gli ecosistemi coinvolti è altissimo, considerando anche che le acque dei fiumi coinvolti nello smaltimento del mercurio vengono utilizzate dalla popolazione per uso domestico. L'età media è di 30-35 anni, circa la metà di quella di un peruviano medio, situazione che non stupisce considerando la mancanza dei servizi basilari come il sistema fognario, un'organizzazione per la raccolta dei rifiuti, l’assenza di elettricità e riscaldamento, tutte cose che rendono l'ambiente urbano insalubre e poco sicuro.
La Rinconada e mancanza d’ossigeno: come sopravvivono gli abitanti
In città il turismo è fortemente sconsigliato, non sono presenti infrastrutture di accoglienza e, in mancanza di istituzioni pubbliche, domina la criminalità: il tasso di violenza è altissimo; complice anche la scarsità di ossigeno che, per un turista, potrebbe essere addirittura letale se non trattata correttamente, con l'utilizzo di bombole e mascherine.

Una ricerca internazionale pubblicata sulla rivista Hemasphere alla quale hanno lavorato l'Università di Milano e quella francese di Grenoble ha infatti evidenziato come la capacità dell'organismo umano di adattarsi anche alle condizioni più estreme abbia consentito agli abitanti locali di supplire alla carenza di ossigeno (ipossia) indotta dall'alta quota sintetizzando grandi quantità di emoglobina, che è necessaria per trasportare l'ossigeno nell'organismo. I risultati della ricerca mostrano che, nonostante l’aumento progressivo dei globuli rossi e della massa di emoglobina, non si verifica la conseguente carenza di ferro utile alla produzione di queste cellule. Anche in condizioni estreme, come quelle degli abitanti di La Rinconada, che presentano un ematocrito superiore al 70% a causa del raddoppio del volume totale degli eritrociti, i livelli di ferro restano adeguati.
Questo fenomeno è reso possibile dalla presenza elevata di ceruloplasmina, una proteina essenziale per l'assorbimento del ferro, la cui produzione è stimolata proprio dalla carenza di ossigeno. Le scoperte dello studio potrebbero rivelarsi utili per supportare i pazienti affetti da malattie respiratorie caratterizzate da ipossia cronica grave o da patologie ematologiche come la policitemia, in cui si registra un notevole aumento dei globuli rossi. Si tratta della dimostrazione di quanto il corpo umano possa adattarsi a condizioni di vita estreme, ma anche se è certamente possibile adattarsi a quelle ambientali, le condizioni abitative della città difficilmente possono essere considerate civili.