I moai, cioè le grandi "teste di pietra" dell'Isola di Pasqua, sono enormi statue dalla forma umana perlopiù monolitiche, cioè scavate a partire da un unico blocco di tufo vulcanico (a volte da altre rocce, come il basalto). Alcune hanno anche un cilindro in testa, detto pukao, ricavato da un altro tipo di tufo rossastro, che funge da cappello o più probabilmente da acconciatura elaborata. Questo tipo di statua si trova solamente su quest'isola remota, situata nell'oceano Pacifico meridionale, il cui nome originale è Rapa Nui – che significa "grande isola" – e appartiene al Cile, anche se dista migliaia di chilometri dal Sudamerica.
I moai sono alti mediamente intorno ai 4 m, ma il più grande di tutti supera questa misura abbondantemente: si tratta di una statua che in passato è caduta e si è rotta in più parti: si chiama Paro e, se fosse ancora eretta e integra, raggiungerebbe 9,8 m di altezza, più di un palazzo di tre piani. Si trova nel complesso archeologico di Ahu Te Pito Kura e portarla lì fu probabilmente un'impresa per gli abitanti dell'isola: pesa infatti circa 74 tonnellate e, dall'analisi delle rocce di cui è composta, è risultato che sia stata spostata in loco percorrendo un tragitto di circa 5 km. Paro è stato studiato a lungo e addirittura ricostruito digitalmente nel 2000.
Chi ha costruito i moai: le caratteristiche
Le grandi statue cerimoniali presenti sull'isola sono state realizzate dalla popolazione di Rapa Nui tra il 1200 e il 1500 d.C. Essendo queste sculture incastrate nel terreno, spesso sono visibili solo le teste delle statue (motivo per cui sono appunto note come "teste"), ma al di sotto c'è quasi sempre un corpo interrato, con torso e braccia (ma, tranne in un caso, niente gambe). Spesso queste statue sono anche decorate: sul dorso sono infatti incisi simboli in rongorongo, il sistema di scrittura locale, che potrebbero indicare l'identità del team di scalpellini autore dell'opera o il gruppo che l'aveva commissionata.
Gli antichi polinesiani dell'Isola di Pasqua scolpirono circa mille di queste statue, trasportandone intorno a cinquecento dal cratere vulcanico di Rano Raraku (o da altri luoghi simili, ma in minore misura) verso diversi siti monumentali posti sull'isola, alcuni dei quali distanti quasi 20 km. Questo perché le enormi figure in pietra venivano generalmente erette su piattaforme templari (ahu) posizionate lungo la costa. Ma come facevano a spostarle? Dopo anni di dibattiti e speculazioni, sembra che il trasporto avvenisse in posizione verticale: questo posizionamento del centro di massa consentiva loro di "cadere in avanti" e oscillare da un lato all'altro, sostanzialmente "camminando" fino a destinazione.
Le statue sono alte in media circa 4 m, e pesano sulla decina di tonnellate (ma possono arrivare fino a 80). Tra queste, all'interno del complesso archeologico di Ahu Te Pito Kura, ce n'è una particolarmente alta: si tratta di Paro, tocca i 9,8 m di altezza e pesa circa 74 t (e fu spostata per oltre 5 km). Purtroppo non esiste una foto di Paro nella sua forma originale perché non è più "in piedi", ma è spezzata e a terra, anche se è stata ricostruita digitalmente nel Duemila.
Perché alcune statue moai non sono state terminate
Esistono molte statue non terminate nel principale sito di estrazione vulcanica. Sono state attribuite diverse motivazioni a questa scelta: a volte gli scultori trovavano delle imperfezioni nella roccia, delle specie di grumi duri nel tufo, e optavano per un materiale migliore; a volte queste erano semplicemente abbandonate quando, sul finire dell'era delle statue monumentali, venne meno anche l'interesse nei loro confronti. Certo, queste opere non finite possono essere comunque spettacolari: uno di questi giganti finiti solo "a metà" sarebbe stato alto ben 21 metri.
Alcune statue, poi, si sono danneggiate e sono cadute in seguito a terremoti. Purtroppo, bisogna parlare anche dei danneggiamenti derivati dalle invasioni coloniali: negli anni successivi all'arrivo di Roggeveen (l'esploratore olandese che giunse per primo sull'isola) tutti i moai che erano stati eretti sull'ahu furono abbattuti; alcune statue in piedi furono segnalate alcuni decenni più tardi, ma nessuna rimase oltre la metà dell'Ottocento (a parte quelle parzialmente sepolte sui pendii esterni di Rano Raraku).
Alcune di queste grandi opere furono poi prelevate a forza: 10 o più moai sono stati rimossi dall'isola e trasportati in diverse località del mondo, infatti li possiamo ritrovare al Museo del Louvre di Parigi e al British Museum di Londra, che ne ha ben due. Uno di questi si chiama, non a caso, "Hoa Hakananai'a", cioè "l'amico rubato". Fortunatamente da una ventina d'anni ci sono diversi progetti, come l'Easter Island Statue Project, che hanno come obiettivo il loro studio, la loro mappatura e e la loro futura conservazione.
Teste dell’isola di Pasqua: significato e mistero
Ma cosa significano queste grandi sculture? Molto probabilmente rappresentano i volti di capi ancestrali (deceduti) il cui potere soprannaturale andava a proteggere la comunità isolana. Per questo motivo erano spesso posti lungo la costa e rivolti verso l'entroterra, così da sorvegliare la comunità locale. Da questo deriverebbe anche il loro soprannome di aringa ora, cioè "i volti viventi degli antenati".