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24 Gennaio 2024
9:00

La Sardegna è stata spagnola per più di tre secoli: storia del dominio iberico nell’isola

Dal XIV al XVIII secolo la Sardegna fu governata prima dalla corona d’Aragona e poi dal Regno di Spagna. Il dominio iberico ha lasciato tracce indelebili nella cultura, nella lingua e nelle tradizioni dell’isola.

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La Sardegna è stata spagnola per più di tre secoli: storia del dominio iberico nell’isola

Per oltre tre secoli, dal XIV all’inizio del XVIII secolo, la Sardegna venne amministrata prima dal regno d’Aragona e poi, dopo l’unione di questo col regno di Castiglia, dalla nuova corona di Spagna. Gli Spagnoli modificarono profondamente la politica e l’economia dell’isola, ma anche le tradizioni.

Quando e perché la Sardegna diventò Aragonese

L'esercito del regno d'Aragona entrò in Sardegna nel 1323 e  cominciò ufficialmente a governare l'isola nel 1326. Per capire perché, dobbiamo fare un passo indietro.

Nel Medioevo la Sardegna era divisa in stati molto particolari: i Giudicati. I Giudici agivano come dei re, ma il loro potere era limitato e controllato dalla corona de logu, un’istituzione che aveva prerogative simili a quelle di un parlamento e di una corte di giustizia, e dalle cartas de logu, dei decreti che sono stati assimilati a delle primitive costituzioni.

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I quattro giudicati sardi prima dell’ingresso di Pisa e Genova nell’isola.

A partire dall’XI secolo avevano già fatto il loro ingresso nella politica sarda le due repubbliche marinare di Pisa e Genova. L’entrata in scena delle due ricche città aveva destabilizzato la solidità dei Giudicati, che uno dopo l’altro cominciarono a cadere. L’unico dei Giudicati che era sopravvissuto all’inizio del Trecento era il Giudicato di Arborea, con capitale Oristano, quello più ricco ed esteso.

È in questo momento della storia sarda che gli Aragonesi fecero il loro ingresso nell’isola. Per dirimere una controversia fra Aragonesi e Angioini sul possesso della Sicilia, nel 1297 papa Bonifacio VIII (1235-1303) decise di concedere ai Catalani il possesso della Sardegna, come una sorta di indennizzo per la perdita della Sicilia. Il papa creò il regno di Sardegna, da assegnare agli Aragonesi, a patto che essi andassero a conquistarselo da soli.

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L’esercito catalano–aragonese in marcia.

Nel 1323 l'esercito catalano sbarcò nella Sardegna meridionale, comandato dal principe Alfonso d’Aragona (1299-1336), con l'obiettivo di conquistare Cagliari, controllata da Pisa. La città toscana fu costretta a firmare la resa nel 1326, cedendo alla corona d’Aragona i suoi enormi territori nella parte meridionale e orientale dell’isola. Il regno di Sardegna, amministrato dai Catalani, era stato istituito.

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La Sardegna dopo la sconfitta dei Pisani. I Doria e i Malaspina erano due potenti famiglie: i primi erano di origine genovese, mentre i secondi di origine toscana. Credits: Xoil.

La guerra sardo-catalana e la fine del dominio spagnolo

L’arrivo in Sardegna degli Aragonesi inaugurò quasi un secolo di guerra perenne sull’isola. Infatti, nonostante l’Arborea avesse visto di buon occhio l’invasione catalana in funzione antipisana, i Sardi si accorsero presto che il regno d’Aragona era un agente più pericoloso per il controllo dell’isola di quanto lo fossero state Pisa e Genova. Nel giro di alcuni anni, a metà del secolo, il Giudicato d’Arborea scese in guerra contro gli Aragonesi, questa volta alleandosi con Genova.

La guerra fu lunga e a fasi alterne, con numerosi colpi di mano e ribaltamenti, ma gli Aragonesi ne uscirono vincitori e nel 1420 l’ultimo giudice, il francese Guglielmo II di Narbona (1370-1424), vendette agli Aragonesi gli ultimi territori sardi indipendenti. Da quel momento in poi, il regno di Sardegna aragonese dominò su tutta l’isola.

La lunga guerra fra i Catalani e il Giudicato di Arborea aveva contribuito alla stagnazione economica dell’isola, assieme a fame e pestilenze. Per tutto il periodo della dominazione iberica poi, la Sardegna venne sfruttata per le sue risorse naturali e umane. Nonostante ciò, il governo spagnolo non fu molto diverso rispetto a quello applicato negli altri territori dell’impero.

Per dirimere la questione sulla successione al trono di Spagna, nel 1701 scoppiò la guerra di successione spagnola, che si concluse nel 1714 con un riassestamento generale della politica europea. La Spagna dovette cedere la corona di Sardegna all’Austria, ma il governo austriaco durò per appena quattro anni, perché nel 1718 l’isola venne definitivamente ceduta alla dinastia piemontese dei duchi di Savoia, che da quel momento in poi si sarebbero fregiati del titolo di re di Sardegna.

L’influenza della cultura iberica: le tradizioni spagnole in Sardegna

La cultura sarda venne molto influenzata dalla cultura catalana prima e da quella spagnola poi. Due delle città più importanti dell’isola, Cagliari e Alghero, vennero completamente ripopolate da persone di lingua catalana, e ad Alghero ancora oggi è parlato l’alguerés, un dialetto catalano.

Nel momento in cui gli Aragonesi presero il controllo dell’isola imposero la loro lingua nel governo e nell’amministrazione. All’interno della lingua sarda sono giunti molti catalanismi: ulleras, da ulleres, “occhiali”; calàsciu, da calaix, “cassetto”; busaca, da butxaca, “tasca”, sindria, “anguria”, solo per citare alcune parole di uso comune. Fra i toponimi abbiamo invece Elmas (El mas, casa di campagna), Monserrato (Montserrat, santuario mariano vicino a Barcellona), Portoscuso (Port Escus, “porto nascosto”), Sarroch (Roc, roccia). In Sardegna ci sono ancora cognomi di origine spagnola, tipicamente in -es o -ez come Alvarez, Lopez, Perez e Rodriguez.

L’arte catalana, in particolare quella gotica, influenzò molto l’architettura e la pittura sarde della fine del Medioevo.

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Elementi architettonici gotico–catalani nella cattedrale di Cagliari. Credits: Salko.

Nel 1492, il re d’Aragona Ferdinando (1452-15016) e la regina Isabella di Castiglia (1451-1504) unirono i loro due regni, segnando di fatto l’inizio della storia della Spagna unita. Il regno di Sardegna, in quanto parte della corona d’Aragona, divenne quindi parte dei domini spagnoli, che nel corso del ‘500 erano i più estesi del mondo, anche grazie alle conquiste coloniali nelle Americhe. Fra le tracce più tangibili della dominazione spagnola sull’isola ci sono le torri costiere, che ancora oggi punteggiano le coste sarde e che furono costruite per fronteggiare le incursioni dei pirati nordafricani.

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La torre di Cala Domestica faceva parte della rete di fortificazioni costruite dagli Spagnoli per respingere le incursioni dei pirati. Credits: shardana13.

Tra il ‘500 e il ‘600 la lingua spagnola castigliana prese il sopravvento sul catalano in Sardegna. Anche in questo caso, molte parole di uso comune della lingua sarda derivano dallo spagnolo: bentana, da ventana, “finestra”; mesa, “tavola”; serrai, da cerrar, “chiudere”, muntone, da montón, “molto, un mucchio” sono solo alcuni esempi.

L’influenza iberica non si limitò solo alla lingua. Molti culti religiosi e tradizioni giunsero in Sardegna dalla Spagna. Alcuni esempi sono i riti della settimana santa, affini a quelli della Sicilia, fra cui quelli che coinvolgono le confraternite religiose degli incappucciati.

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I "baballotti", gli incapucciati della settimana santa di Iglesias, nel sudovest dell’isola. Credits: Marco villadichiesa.
Fonti
Mainar Scanu A., Més enllà de l’Alguer: el llegat català a Sardenya Pisanu G., Osservazioni sull'elemento catalano nella toponomastica della Sardegna Virdis M., Il Catalano e il Sardo in rapporto
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