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9 Agosto 2024
6:00

La vera storia di Mata Hari, la spia più famosa della storia

Della danzatrice olandese Mata Hari, una delle spie più famose di sempre, si sa ancora poco: personaggio molto citato nella cultura pop, ma non presente sui libri di storia. Tutti conoscono il suo nome, pochi la sua storia: parla di una donna talentuosa alla ricerca della bellezza, ma che lasciando la danza per lo spionaggio trovò la strada verso la morte.

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La vera storia di Mata Hari, la spia più famosa della storia
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Mata Hari: un nome, una leggenda. Questa ammaliante danzatrice olandese – il cui vero nome era Margaretha Geertruida Zelle – che venne processata e fucilata per tradimento in Francia, in quanto ritenuta spia nemica durante la Prima Guerra Mondiale. Ma fu davvero una traditrice? Attorno a lei gravitano molte storie fantasiose. La sua, però, fu davvero affascinante: risollevatasi da un passato di tristezza e miserie arrivò a Parigi, dove diventò una vera e propria star. Poi arrivò la guerra, e la stella – molto lentamente – esplose: per alcuni mesi prestò servizio come agente segreta a favore della Francia, ma venne incastrata da un subdolo piano militare e venne condannata a morte. Mata Hari, però, non tradì mai i francesi: fu solo un capro espiatorio di guerra.

Chi era Mata Hari: la triste gioventù

Margaretha Zelle nacque a Leeuwarden, nei Paesi Bassi, il 7 agosto 1876. Non era una bambina come tante altre: vanitosa, istrionica, sagace e ciarliera, spiccava soprattutto per la sua estetica: in un paese dove tutti hanno pelle chiara, capelli biondi e occhi chiari, lei aveva la pelle olivastra e capelli e occhi nerissimi (nonostante i genitori fossero entrambi di origini olandesi), tantoché un suo compagno di scuola in una lettera le scrisse che sembrava "un'orchidea in un campo di denti di leone".

La sua infanzia venne rovinata quando il padre, che la ricopriva di regali, scappò con un'altra donna. Pochi anni dopo la madre morì, e Margaretha rimase orfana. Aveva solo 14 anni ed era un'adolescente molto focosa, che venne espulsa da scuola perché aveva avuto una relazione con il preside. Andò dal padrino all'Aia, una città ricca di ufficiali coloniali che riposavano dopo essere tornati dalle Indie orientali olandesi. La giovane sperava di sposare uno di loro e trasferirsi in una splendida villa coloniale per "vivere come una farfalla al sole".

Nel 1895 sposò il capitano Rudolph MacLeod, ma non fu un matrimonio felice: le nascose una miriade di debiti ed era pieno di amanti, tantoché le aveva trasmesso la sifilide. Hari era diventata una farfalla, sì, ma intrappolata nel retino. Con lui ebbe due figli, ma uno dei due morì a causa della sifilide congenita. Tutti sapevano che il bambino era morto a causa del padre, che con la sua vita sessuale sregolata aveva trasmesso la malattia a moglie e figlio. Nel 1902 i coniugi riuscirono a rientrare in patria e divorziarono. Mata Hari affidò la figlia al padre, poi partì per Parigi.

Mata Hari incanta Parigi con le sue danze esotiche

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Hari nel 1905. Credits: P. Boyer

A Parigi iniziò a lavorare come cavallerizza in un circo, poi si reinventò come danzatrice di danza sacra indù (da lei inventata), e fu lì che da Margaretha diventò "Mata Hari", nome di origini malesi che significa "occhio di sole". La sua prima esibizione risale al 1905, al Museo Guimet, dove danzò davanti a 600 invitati illustri con indosso solo un abito di veli, un reggiseno tempestato di brillanti e un elaborato copricapo. Fu subito un successo in una società annoiata dalle consuete danze sempre identiche, e ben presto le sue performance furono richieste persino nelle altre capitali europee.

All'inizio di ogni spettacolo Hari raccontava che quelle che avrebbe compiuto erano danze sacre apprese in alcuni templi indiani del sud, dov'era nata, e di esser cresciuta nel tempio di Kandaswamy dedicato alla dea Shiva. La sua bellezza esotica e le sue coreografie la resero la donna più ambita della Ville Lumière, e ufficiali, diplomatici, avvocati e altri uomini facoltosi di ogni età le chiedevano di uscire. Un profluvio di gioielli, abiti e persino cavalli purosangue non mancavano mai di arrivare a lei come simbolo di amore. La sua era una vita condita di bellezza e ricchezza, mai noiosa, ed era sempre in compagnia di uomini influenti che la ammiravano e la viziavano, proprio come aveva fatto suo padre fino al giorno della sua fuga.

Neanche quando arrivò la guerra cambiò le sue abitudini: persino gli indumenti di biancheria intima erano ormai quasi introvabili, ma lei non mancò mai di ostentare i suoi abiti vivaci per le strade parigine, attirando sguardi malevoli. La guerra, però, avrebbe raggiunto anche lei nell'autunno del 1915, anche se Hari non se lo aspettava.

La proposta di ingaggio come spia

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Mata Hari nel 1910

Hari viaggiò molto per lavoro, e questo suo volteggiare tra una capitale e l'altra fece sì che fin da subito venisse tenuta d'occhio in tempi di guerra. Nell'ottobre del 1915 era all'Aia, quando il console onorario tedesco ad Amsterdam le offrì 20mila franchi per diventare una spia tedesca, ma lei rifiutò.

Una volta a Parigi, essendo sempre molto corteggiata dagli uomini non si rese conto che qualcuno la stava pedinando. Georges Ladoux, capo dell'unità di controspionaggio del Deuxième Bureau, ordinò che venisse controllata persino la posta che le arrivava e anche le sue chiamate, ma non si riuscì a trovare prove che attestassero che era una spia assoldata dai tedeschi.

Con la battaglia di Verdun del 1916 la guerra di logoramento peggiorò e in trincea i militari pativano per il gas fosgene dei tedeschi, che ne mutilò e uccise a migliaia. Questa situazione fece maturare in Ladoux un'idea che secondo lui poteva risollevare il morale delle truppe: arrestare una spia importante.

Nel frattempo Hari si era innamorata di un capitano russo che combatteva sul fronte francese e che era stato ricoverato all'ospedale Vittel perché era stato gravemente colpito dal fosgene. Hari cercò in tutti i modi di ottenere un lasciapassare per entrare in ospedale, ma non ci riuscì. Poi si ricordò che un suo amico lavorava per il Ministero della guerra, e chiese a lui, senza sapere che lavorava per l'ufficio di controspionaggio di Ladoux, e fu così che lui le fissò un appuntamento nell'ufficio del suo capo.

Ladoux le diede il lasciapassare, ma a una condizione: diventare una spia francese. Lei accettò per un milione di franchi, che a detta sua le sarebbero serviti per rinnovare il guardaroba in caso avesse dovuto ammaliare qualche militare. Partì su indicazione di Ladoux per la Spagna, in attesa di sue istruzioni che però non arrivarono.

Il tradimento 

Durante uno dei suoi spostamenti fece scalo in un porto britannico, dove venne interrogata dagli agenti che sospettavano che fosse una spia tedesca a cui somigliava. Nel tentativo di essere rilasciata disse che era una spia francese, ma quando gli agenti contattarono Ladoux, ebbe inizio il suo piano per incastrarla: scrisse ai britannici che sospettava di lei e che la aveva assunta solo per ottenere la prova schiacciante che dimostrasse il suo status di spia.

Una volta rilasciata arrivò in Spagna, dove si impegnò per irretire qualche militare nemico per carpire segreti importanti.

Per un po' di tempo frequentò un maggiore tedesco che le confessò che i sottomarini tedeschi si stavano avvicinando alle coste marocchine per far sbarcare un carico di armi. Lei scrisse subito a Ladoux, che non rispose. Nel frattempo, però, si era incaricato di intercettare i messaggi radio tra Madrid e Berlino e di dichiarare che grazie ad alcuni messaggi intercettati si poteva comprendere la natura di spia tedesca di Hari. Con il tempo si scoprì che i messaggi erano stati modificati, ma non abbastanza in tempo per salvarle la vita.

L'arresto di Mata Hari e la condanna a morte 

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Foto segnaletica di Mata Hari

Nel gennaio del 1917 ormai Hari aveva capito che era stata abbandonata e che i soldi promessi non sarebbero mai arrivati. Il 13 febbraio fu arrestata e interrogata dal giudice istruttore del terzo tribunale militare Pierre Bouchardon, conosciuto in tutta la Francia per essere un uomo spietato anche con i sospettati e per le donne "immorali e mangiatrici di uomini", e lei faceva parte di entrambe le categorie. Fu spedita in isolamento nella prigione parigina di Saint-Lazare, dove la sfortunata – abituata a lusso e ricchezza – dormì tra ratti e pulci, senza potersi lavare. Scrisse una lettera al suo amato, ma non sarebbe stata imbucata.

Su di lei pendevano otto capi d'accusa. Il processo iniziò nel luglio di quell'anno, e Hari vide davanti a se una giuria di sette militari. Era spacciata: non era stata amante di nessuno di loro. Le accuse continuavano ad essere inconsistenti, e non c'era modo di attestare se e quali informazioni sensibili avesse passato ai tedeschi. In tribunale si presentarono molti dei suoi ex amanti per difenderla, ma inutilmente: c'era bisogno di qualcuno da incolpare, e Mata venne condannata a morte per fucilazione.

La mattina del 15 ottobre di quell'anno Hari camminò a testa alta fino al luogo dell'esecuzione. Rifiutò di essere legata al palo e di indossare la benda, stupendo tutti i presenti: era il suo ultimo spettacolo, e lo inscenò a regola d'arte.

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Veronica Miglio
Storyteller
Innamorata delle parole sin da bambina, ho scelto il corso di lingue straniere per poter parlare quante più lingue possibili, e ho dato sfogo alla mia vena loquace grazie alla radio universitaria. Amo raccontare curiosità randomiche, la storia, l’entomologia e la musica, soprattutto grunge e anni ‘60. Vivo di corsa ma trovo sempre il tempo per scattare una fotografia!
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