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23 Marzo 2025
18:30

La “zone rouges” e gli effetti devastanti delle battaglie della Prima Guerra Mondiale in Francia

A Verdun, in Francia, ci sono le "zone rouge", luoghi in cui persistono ancora oggi le conseguenze di esplosivi e gas tossici utilizzati durante le battaglie della Prima Guerra Mondiale. Dopo più di cent'anni la vegetazione è scomparsa e i livelli di inquinanti, come l'arsenico, rimangono elevatissimi.

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La “zone rouges” e gli effetti devastanti delle battaglie della Prima Guerra Mondiale in Francia
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Credits: Dirk Gently, Flickr, CC BY–NC–ND 2.0

Poche località al mondo possono testimoniare la brutalità della guerra moderna come l'area di Verdun, nel nord-est della Francia, designata dopo il conflitto come una delle devastate "zone rouges" o "zone rosse". La catena di aree non contigue, vasta centinaia di chilometri quadrati, fu teatro di mesi di scontri pesantissimi durante la Prima Guerra Mondiale, con un impiego massiccio di artiglieria e gas tossici, soprattutto da parte dell'esercito Tedesco: la "nuova" guerra industrializzata mostrò qui tutto il suo potenziale catastrofico. A conflitto terminato, la regione era così devastata che le autorità francesi dichiararono inabitabili estese aree, chiamate appunto zone rouges. Qui fu inoltre organizzata la distruzione degli armamenti residui: in un panorama quasi alieno e privo di vita, furono bruciate tonnellate di esplosivi e armamenti a base di composti tossici, che ancora oggi avvelenano il suolo della zona.

Una premessa: la battaglia di Verdun e l’attacco della Germania alla Francia

Allo scattare del conflitto mondiale nel 1914, innescato dall'omicidio dell'Arciduca austriaco Franz Ferdinand in Serbia ed esteso all'intera Europa dalla fitta rete di alleanze nazionali, la Germania si trovava circondata da nemici: a est l'Impero Russo, a ovest la Francia. I tedeschi attuarono dunque il piano Schlieffen, aggiornato nel corso degli anni ma già formulato già nel 1905 nell'eventualità in cui la Germania si fosse trovata in guerra su due fronti: contando sulla lentezza della mobilitazione dei russi, attaccarono dapprima in forze le posizioni francesi sul Fronte Occidentale, aggirando le fortificazioni al confine passando dal neutrale Belgio. L'obiettivo era raggiungere rapidamente Parigi, costringendo i francesi alla resa e spostando quindi le truppe a est per contrastare la Russia.

Il piano tedesco fu inizialmente efficace, anche grazie al massiccio uso di gas tossici ed esplosivi, reso possibile anche dall'avanzata industria chimica tedesca.

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Truppe francesi partono all’assalto nel territorio martoriato dalle artiglierie tedesche. Credits: Collection DocAnciensdocpix.fr, Public domain, via Wikimedia Commons

L'avanzata tedesca si arenò però contro la disperata difesa francese, forte anche dell'intervento dell'Inghilterra, scesa in campo proprio come risposta all'invasione del neutrale Belgio: dopo un anno e mezzo di combattimenti, all'inizio del 1916 la situazione era quindi di stallo.

Il comando tedesco decise di concentrare le forze nell'area di Verdun, dove i combattimenti erano stati fino ad allora meno intensi: sfruttando l'efficiente rete ferroviaria accumularono fino a 2,5 milioni di colpi d'artiglieria per colpire duramente posizioni che resistevano dall'inizio del conflitto, sperando di logorare l'esercito nemico. Un massiccio rinforzo di truppe e artiglieria francese fu impiegato per contrastare le manovre, portando a una lunga battaglia che da febbraio si protrasse fino al dicembre 1916.  Sul campo rimasero ben 300,000 morti e almeno 500,000 feriti, quasi equamente distribuiti tra truppe francesi e tedesche.

La devastazione nelle zone rouges e le conseguenze ambientali

Alla fine del conflitto, nel 1918, la Francia dovette fare i conti con una devastazione mai vista prima: in intere regioni il terreno era completamente rivoltato e ormai privo di vegetazione, con buche create dalle esplosioni a perdita d'occhio, al punto che le autorità dichiararono queste aree inutilizzabili sia per l'agricoltura che per la ricostruzione urbana. A questo si aggiunse il problema delle tonnellate di ordigni inesplosi (che ancora oggi, occasionalmente, vengono alla luce) e gli armamenti abbandonati dagli eserciti nemici in ritirata.

Queste aree vennero chiamate "zone rouges", per distinguerle da zone più facilmente ricostruibili. Alcune sono state riconvertite, negli anni, in parchi naturali o sacrari in memoria dei caduti come l'Ossuario di Douaumont, ma in altre l'inquinamento è ancora, dopo più di 100 anni, troppo alto per pensare a un qualsiasi riutilizzo.

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La mappa delle zone più colpite, stilata nel 1918. Le "zone rouges", rosse, furono considerate totalmente distrutte, non abitabili nè coltivabili. Credits: Tinodela, Lamiot, via Wikimedia Commons, CC BY–SA 2.5

Uno studio del 2007 ha analizzato un sito della pianura di Woëvre, dove alle devastazioni della guerra si aggiunse l'inquinamento generato dello smaltimento di circa 200.000 munizioni tossiche, incenerite per ordine del Ministero della guerra Francese negli anni '20. Dopo quasi 100 anni dal conflitto, un'area di circa 70 metri quadrati si presentava ancora ricoperta di ceneri e resti metallici e la parte centrale era del tutto priva di vegetazione, a causa degli inquinanti fitotossici nel terreno.

Al limitare dell'area esaminata erano diffuse solo specie in grado di resistere agli alti livelli di inquinamento, esclusivamente erba (Holcus Lanatus) o muschio (Pohlia Nutans) e licheni (Cladonia fimbriata)

La contaminazione persistente del terreno nell’area di Verdun

Nel suolo sono state rivelate altissime concentrazioni di rame, piombo, zinco e soprattutto arsenico, derivante dalle armi chimiche tedesche. L'arsenico, dagli effetti cancerogeni a concentrazioni già molto basse a volte presenti in natura, nelle zone rouges raggiunge livelli tra i 2019 e i 175907 mg/kg, un valore quasi 10.000 volte più alto della soglia prevista dalla legge italiana (20 mg/kg, per i terreni ad uso residenziale o per verde pubblico, D.Lgs 152/2006 ). Le concentrazioni così alte di arsenico si ritrovano non solo in superficie sul terreno, ma anche più a fondo, fino a 2 metri di profondità nel suolo!

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Alcune aree delle zone rouges sono state riconvertite a sacrari come l’Ossuario di Douaumont, luogo di sepoltura per soldati di entrambi gli schieramenti [Credits: Jean–Pol GRANDMONT, CC BY–SA 3.0, via Wikimedia Commons]

Altri contaminanti organici come i nitro-aromatici, una famiglia di molecole utilizzate nella fabbricazione di esplosivi, sono invece presenti in concentrazioni minori, grazie proprio al trattamento termico (combustione) delle munizioni abbandonate, che ha evitato che si accumulassero nel terreno.

La gravità della contaminazione è evidente anche in studi più ampi, che confrontano l'inquinamento di diverse regioni colpite da conflitti come il Vietnam o l'Iraq post Guerra del Golfo: i siti francesi risultano essere decisamente tra i più inquinati.

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