La parola “motosega” ci fa venire in mente immagini di tagliaboschi intenti a tagliare tronchi di alberi, ma quello che non tutti sanno è che i gli strumenti da cui derivarono le motoseghe furono inventati per facilitare il parto. Nel 1780 due medici scozzesi, John Aitken e James Jeffray, idearono un prototipo di motosega a manovella per eseguire la cosiddetta “sinfisiotomia”, una pratica chirurgica che consisteva nell'allargare il bacino andando a praticare la resezione dell’articolazione tra le due ossa pubiche per facilitare il parto nei casi più complicati. Questo macchinario, per quanto possa sembrare inquietante se collocato in una sala operatoria, ha dato origine alla moderna motosega, utilizzata non solo in campo medico ma anche nell’industria del legname.
Il parto nel XVIII secolo
Nel XVIII secolo, il parto era un momento critico e talvolta pericoloso per la vita delle future neo-mamme. Le complicazioni erano frequenti, specialmente quando la partoriente faceva fatica a dilatare la cervice (la parte inferiore dell’utero), con la conseguenza che il bambino non riusciva a passare attraverso il canale d'uscita. Una delle soluzioni era il taglio cesareo (che però era altamente rischioso a causa delle emorragie) e la craniotomia, una procedura che prevedeva la rottura del cranio del feto per salvare la madre, andando a sacrificare però il nascituro.
Un'altra pratica diffusa era la sinfisiotomia, che consisteva nel tagliare la sinfisi pubica, ovvero l'articolazione posta tra l'osso pubico sinistro e quello destro. Prima dell’invenzione della motosega, questa operazione veniva eseguita con un bisturi, ma era imprecisa e spesso causava danni a organi vicini come la vescica e l'uretra.
Fu in questo scenario che Aitken e Jeffray introdussero la loro innovazione. Il loro dispositivo era dotato di una catena con denti seghettati e manovelle su entrambi i lati, progettato per segare l'osso in modo più efficace e meno invasivo rispetto al bisturi. La sega, flessibile e maneggevole, poteva raggiungere zone difficili senza danneggiare troppo i tessuti circostanti. Tuttavia, questa soluzione non era priva di difetti: la catena poteva rompersi o impigliarsi nell'osso, rendendo l'intera procedura complessa e rischiosa. Nonostante ciò, il principio di funzionamento di questo strumento fu una delle basi su cui si svilupparono le successive motoseghe chirurgiche.
L'evoluzione della motosega nel tempo
La motosega presto trovò altre applicazioni, mediche e non. Dopo aver visto la sua efficacia nel taglio delle ossa, iniziò a essere utilizzata non solo in ostetricia, ma anche per l'escissione di articolazioni malate e la rimozione di tessuti ossei compromessi. Nel 1830 il chirurgo tedesco Bernard Heine sviluppò una versione meccanica chiamata osteotomo, che accelerava il processo di taglio grazie a un ingranaggio manuale. Questo dispositivo fu utilizzato durante la guerra civile americana per amputazioni rapide e precise e, come potete apprezzare dalla seguente foto, si avvicinava di più al concetto di motosega che conosciamo oggi, visto che era caratterizzata da una catena continua che facilitava il taglio di tessuti duri.
Con il passare degli anni, l’utilizzo della motosega toccò ambiti lontani da quello medico. Una pietra miliare fu posta nel 1918 dal costruttore di mulini canadese James Shand, che brevettò la prima motosega portatile per uso esterno. Stando a quanto dichiarato dal British Columbia Provincial Museum «l'idea gli venne mentre stava recintando il suo quarto di terreno e scoprì che il filo spinato, trainato dai cavalli, aveva segato un palo di quercia di sette pollici». La prima motosega con motore a scoppio, invece, fece la sua comparsa nel 1927, quando l'inventore tedesco Emil Lerp la produsse in serie.