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5 Agosto 2023
7:30

L’aria inquinata può ostacolare la formazione di pioggia? Lo studio sulla pianura padana

Le emissioni da attività umane impattano negativamente la nostra salute, ma sembra che possano anche influenzare le piogge nelle aree più industrializzate.

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L’aria inquinata può ostacolare la formazione di pioggia? Lo studio sulla pianura padana
pioggia e inquinamento

Molte città e regioni italiane sono spesso soffocate da alti livelli di inquinanti, tra cui spiccano gli NOx e le polveri sottili, che possono costituire un problema per la salute dei cittadini: soprattutto nei mesi invernali, l'unica tregua è data dall'arrivo di piogge in grado di ripulire l'aria. Sempre più frequentemente però, negli ultimi decenni, le precipitazioni sembrano scarseggiare proprio laddove ce ne sarebbe più bisogno. Ma quindi: è possibile che il forte inquinamento di queste regioni, come la pianura Padana, possa avere un effetto sul meteo, contrastando la formazione di piogge? In questo articolo vediamo insieme se esiste una correlazione tra inquinamento e riduzione delle precipitazioni.

La diminuzione delle piogge in pianura

Un gruppo di ricercatori italiani ha analizzato le precipitazioni della regione Alpina, utilizzando i dati di 3000 pluviometri (con due gruppi di dati, uno esclusivamente da stazioni Lombarde e un secondo riferito all'intero arco montuoso) in un periodo compreso tra il 1951 e il 2019. I dati dimostrano un lieve aumento delle precipitazioni annue a quote superiori a 1000 metri, che contrasta con l'evidente calo (-15%) in pianura: in particolare, le maggiori differenze si riscontrano nei mesi invernali (dicembre/gennaio/febbraio), dove si raggiunge un -25% in pianura, a fronte di un +25% alle quote più alte.

Torino nubi montagne
La variazione % nelle precipitazioni medie è generalmente negativa per le pianure, ma positiva per le aree montane: potrebbe influire la presenza di aerosol da attività umane (Christel, Pixabay)

Questi dati non destano particolare stupore: con l'aumento della temperatura media annua, la maggior evaporazione dalle valli si traduce naturalmente in condensazione di nubi e piogge sui pendii montuosi, dove i venti costringono l'aria a salire di quota raffreddandosi per via della minore pressione atmosferica.

Gli effetti degli aerosol in pianura

Il dato più interessante si ha però analizzando l'andamento negli ultimi decenni: lo studio evidenzia infatti, tra il 1950 e 1990, un aumento della differenza di precipitazioni tra valle e pendii con un picco negli anni '80, seguita però da una lieve diminuzione successiva. 

La concentrazione di CO2 atmosferica non è certo diminuita negli ultimi decenni, e le temperature medie sono sempre aumentate: la spiegazione è quindi da cercare altrove. Proprio negli anni '80, la qualità dell'area nella pianura Padana ha raggiungo i minimi storici, con una altissima presenza di aerosol che, soprattutto in inverno, tendevano a concentrarsi alle quote più basse. Fortunatamente questi livelli sono stati ridotti, a partire dagli anni '90, grazie a leggi anti-inquinamento sempre più stringenti (e spesso contestate).

Immagine
Gli aerosol in atmosfera sono in grado di deviare e riflettere parte della luce solare (Diane Picchiottino, Unsplash)

Questi aerosol possono riflettere parte della radiazione solare, che non arriva al suolo ma al contrario riscalda l'aria in quota favorendo l'inversione termica e la formazione di nebbie rispetto alle piogge; allo stesso tempo, smog e PM10 sembrerebbero modificare in parte la dinamica delle nubi più basse, favorendo la condensazione di più gocce di minore dimensione, che tendono a rimanere sospese in atmosfera invece di precipitare al suolo.

Sebbene lo studio lasci aperte le porte ad ulteriori sviluppi, vista la complessità delle interazioni tra nubi e aerosol, i risultati sembrano quindi indicare che le emissioni possano avere un effetto diretto sulla scarsità di piogge delle zone più industrializzate.

Le sperimentazioni per il controllo del clima

La possibilità che gli inquinanti atmosferici sfavorisca le precipitazioni in atmosfera potrebbe far sorgere una domanda: è possibile al contrario promuovere le piogge, scegliendo dove e quando concentrarle, come alcune tesi complottistiche affermano da anni?

Fortunatamente, la realtà è ancora lontana da un simile controllo. È innegabile che l'umanità sia interessata della questione, e diversi Paesi soprattutto in regioni aride come il Medio Oriente hanno sperimentato processi di "cloud seeding" a partire già dagli anni '70.

I metodi più diffusi consistono nel rilasciare, in presenza di nubi, sali inorganici come ioduri di potassio o argento, frammenti di ghiaccio secco o altre sostanze in grado di formare un microscopico "nucleo", intorno al quale l'umidità naturalmente presente possa condensarsi per poi precipitare al suolo.

cloud seeding schema
L’idea dietro al "cloud seeding" è quella di forzare la formazione di gocce pesanti all’interno delle nubi.

Diverse sperimentazioni in Israele hanno portato a risultati inizialmente incoraggianti, ma i recenti studi sul periodo 2013-2020 hanno mostrato variazioni di appena l'1,8% in media, un risultato insignificante rispetto agli stessi margini di errore delle misurazioni e calcoli effettuati.

Altre sperimentazioni famose, dai dubbi risultati, sono state portate avanti dal governo Cinese durante le Olimpiadi di Pechino 2008 o in Arabia Saudita, progetti che avrebbero avuto risultati positivi a detta delle istituzioni locali. L'assenza di studi strutturati non convince però la comunità scientifica sulle efficacia di queste misure, vista l'impossibilità su singoli avvenimenti di valutare quanto le naturali condizioni siano stati influenzate dall'intervento dell'uomo.

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