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22 Ottobre 2022
7:30

L’esperimento di Asch sul conformismo sociale e la volontà di essere uguali agli altri

Un famoso esperimento di psicologia sociale degli anni '50 mostra come cambia la nostra opinione quando siamo membri di un gruppo, anche se il dato su cui ci esprimiamo è oggettivo.

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L’esperimento di Asch sul conformismo sociale e la volontà di essere uguali agli altri
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Credit: Fred the Oyster, CC BY–SA 4.0.

L’esperimento di Asch è un test ampiamente noto nell’ambito della psicologia sociale che è stato realizzato del 1951 dallo psicologo polacco Solomon Asch. L’obiettivo della ricerca dello studioso è di dimostrare che quando l’essere umano fa parte di un gruppo ha una tendenza a modificare i propri giudizi e il proprio comportamento. Anche se il dato che ci si presenta è semplice ed oggettivo, siamo portati a modificare la valutazione di quello che vediamo se in un gruppo la maggior parte è in disaccordo con noi.
Vediamo nel dettaglio come si è svolto l’esperimento e quali sono i risultati ottenuti.

Lo svolgimento dell’esperimento

Solomon Asch divide l’esperimento in due parti:

  1. una prima parte per costituire il cosiddetto “gruppo di controllo”. In questo caso questa sezione era volta a stabilire se uno specifico contenuto fosse facile da riconoscere e in qualche modo fosse “oggettiva” e condivisa da tutti la soluzione;
  2. una seconda parte invece impostata proprio sul confronto con la prima con l’obiettivo di far emergere il cambiamento di opinione del soggetto nei casi in cui il gruppo sostiene qualcosa di diverso dall’evidenza.

Vediamo le due parti nel dettaglio.

La prima parte

Per prima cosa Asch porta i soggetti sperimentali in una stanza e dice loro che saranno sottoposti a un test della loro percezione visiva. Sottopone a ognuno di loro singolarmente una scheda come quella che vedete all'inizio dell'articolo e poi chiede a ciascuno di indicare quale tra A, B e C sia la linea più simile a quella isolata (a sinistra).
Chiaramente la risposta corretta è la C. Lo psicologo aveva bisogno di dimostrare che il riconoscimento della linea corretta fosse un compito facile in modo da poter avere una base per il suo vero esperimento. Asch fa ripetere questa selezione della linea più simile ben 12 volte ai partecipanti, ogni volta sottoponendo loro delle schede diverse, in modo da essere certo della semplicità del compito.

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In questo modo scopre che nel 99% dei casi le persone – che ricordiamo sono da sole a scegliere la linea – selezionavano la risposta corretta e quindi può concludere che questo compito sia facile e che la risposta sia per tutti pressoché ovvia.
A questo punto può passare al prossimo step.

La seconda parte

Solomon Asch ha ora modo di mettere in atto il suo vero test. Questa volta chiama un singolo partecipante dell’esperimento e lo mette in un’aula insieme ad alcuni attori e fa in modo che il soggetto testato non sappia che gli altri sono appunto dei figuranti, ma gli lascia credere che siano altri partecipanti al test delle percezioni visive.

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A questo punto viene chiesto a tutti (soggetto e attori) di esprimersi sulla lunghezza delle linee riportate su schede uguali a quelle della parte precedente. Praticamente si ripete lo stesso identico meccanismo, solo che questa volta il soggetto testato è inserito in un gruppo.
Non solo: agli attori viene detto di scegliere di proposito la linea sbagliata. Quindi nel caso della scheda vista prima gli attori scelgono la linea B, anche se la risposta giusta è ovviamente la C. Immaginiamo la scena: tre attori e un solo vero partecipante, gli attori rispondono tutti B e poi arriva il turno del soggetto sperimentale, cosa risponderà?
Anche in questo caso sottopone al gruppo altre 12 schede simili. Vediamo quali sono i risultati.

I risultati dell’esperimento di Asch

Grazie al suo esperimento lo psicologo alla fine dimostra che la maggior parte delle risposte dei soggetti sperimentali, nonostante la pressione degli attori nel gruppo, continuava ad essere corretta. Allo stesso tempo però il 75% circa dei partecipanti almeno una volta si conformava al gruppo e quindi rispondeva in modo sbagliato pur essendo consapevole dell’errore per non contraddire la maggioranza.
Addirittura una piccola percentuale (circa il 5%) sbagliava sempre pur di adeguarsi al gruppo. Mentre il 25% circa dei partecipanti non si piegava mai alla volontà degli altri.

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Al contrario, però, Solomon Asch scoprì anche che se dagli attori venivano date risposte sbagliate ma diverse tra loro – nel nostro esempio uno degli attori diceva A, e un altro B – oppure se venivano messi due soggetti sperimentali insieme nel gruppo con gli attori, era molto meno probabile che i partecipanti all’esperimento sbagliassero risposta perché era minore la pressione esercitata dall’opinione del gruppo che non era unitaria.

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Camilla Ferrario
Redattrice
L’universo è un posto strano e il modo che abbiamo di abitarlo cattura continuamente la mia attenzione. “Sii curiosa” è il mio imperativo: amo provare a ricostruire indizio per indizio il grande enigma in cui ci troviamo. Sono laureata in Filosofia, ho fatto la speaker in una web radio e adoro il true crime. Di cosa non posso fare a meno? Del dialogo aperto con gli altri e della pasta alle vongole.
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