0 risultati
video suggerito
video suggerito
7 Febbraio 2024
19:59

L’influenza spagnola, la pandemia del ‘900 che uccise decine di milioni di persone nel mondo

La pandemia influenzale spagnola del 1918-1920, di natura virale, fu una delle più terribili della storia, forse quella con il più alto numero di morti in assoluto. Colpì un mondo già pesantemente debilitato dalla Prima guerra mondiale.

A cura di Erminio Fonzo
10 condivisioni
L’influenza spagnola, la pandemia del ‘900 che uccise decine di milioni di persone nel mondo
Spagnola copertina

Dal 1918 al 1920 il mondo intero fu colpito da una nuova forma di influenza, passata alla storia come “influenza spagnola” o “grande influenza”. La diffusione del contagio fu agevolata dalla Prima Guerra Mondiale, che creava condizioni particolarmente favorevoli alla circolazione del virus. La “spagnola” ebbe questo nome perché le prime notizie giunsero in Europa dalla Spagna, ma le sue origini non sono note con certezza. Sembra che fu portata in Europa dai soldati americani; colpì in particolare Spagna, Francia e Italia. Quel che è certo è che la pandemia si sviluppò in tre ondate, raggiungendo ogni angolo del globo, e provocò un numero di morti stimato tra 20 e 100 milioni dal 1918 al 1920.

All’epoca la medicina non conosceva ancora i virus e non fu in grado di proporre soluzioni efficaci, sebbene con il passare dei mesi i rimedi migliorassero. Si rivelarono utili, inoltre, le misure di prevenzione, che però, anche a causa della guerra, non furono introdotte in tutti i Paesi. La “spagnola” è stata quasi dimenticata per decenni e solo da pochi anni l’interesse della comunità scientifica e dell’opinione pubblica si è riacceso.

Che tipo di virus era l’influenza spagnola e perché fu chiamata così

La “spagnola” fu una pandemia di influenza, provocata da un virus influenzale a RNA di tipo A, sottotipo H1N1. L’influenza, come sappiamo, è una malattia infettiva molto comune e in genere ha un tasso di letalità (percentuale dei morti sui contagiati) molto basso, inferiore allo 0,1%. La spagnola del 1918, invece, provocò milioni di morti.

Il virus H1N1 (creit Cybercobra)
Il virus H1N1 (credit Cybercobra)

Le origini della pandemia non sono note con certezza. Per molti anni si è ritenuto che il virus fosse comparso per la prima volta negli Stati Uniti, più precisamente in un campo militare del Kansas, nel quale erano acquartierati i soldati in partenza per l’Europa. Recentemente sono emerse nuove teorie, secondo le quali il virus circolava già prima del 1918 e si era sviluppato in Europa o in Cina.

Quel che è sicuro è che l’epidemia non c’entra niente con la Spagna, che fu colpita, ma non più di altri Paesi. Il nome “spagnola” è dovuto al fatto che le prime notizie sulla pandemia giunsero in Europa dalla Penisola iberica. Quasi tutto il continente era coinvolto nella Prima Guerra Mondiale e nei Paesi belligeranti era in vigore la censura, che impediva di pubblicare notizie sulla malattia. La Spagna era neutrale e, poiché i giornali discutevano regolarmente della pandemia, i mezzi di informazione europei inizialmente la presentarono come un fenomeno circoscritto alla Penisola iberica.

Un giornale di Madrid con notizie sulla pandemia
Un giornale di Madrid con notizie sulla pandemia

I sintomi e la letalità: quanti morti causò

I sintomi di chi era contagiato erano molto seri: febbre, difficoltà respiratorie, vomito, sbocchi di sangue. Il tasso di letalità variava da luogo a luogo e in media si attestava intorno al 3-4%: può sembrare un dato basso, ma, avendo la pandemia infettato centinaia di milioni di individui, gli effetti furono devastanti.  Le stime oscillano tra 20 e 100 milioni di vittime. In dati assoluti, la spagnola fece forse più morti della peste del ‘300 (per la quale le stime variano da 50 a 200 milioni di persone). In termini relativi, perse la vita una quota compresa tra l’1% e il 5,4% della popolazione mondiale.

La letalità cambiava molto a seconda dei luoghi, delle classi sociali e dell’età dei contagiati. L’aspetto più raccapricciante era che la malattia risultava particolarmente letale nella popolazione tra 20 e 40 anni, cioè quella che in genere resiste meglio alla malattie infettive. Per spiegare questa anomalia gli scienziati hanno avanzato varie ipotesi, tra le quali la presenza di anticorpi nella popolazione più anziana, che era stata già esposta a virus simili negli anni precedenti, e le condizioni del sistema immunitario, che nei giovani si attiva più rapidamente.

In Italia si stima che la pandemia di influenza spagnola causò qualcosa come 600.000 vittime su una popolazione di 40 milioni di abitanti.

Infermiera e paziente a Washington, 1919
Infermiera e paziente a Washington, 1919

Le tre ondate della spagnola

La spagnola si sviluppò in tre ondate principali. La prima si manifestò nel marzo del 1918 negli Stati Uniti e giunse in Europa verso la metà di aprile, diffondendosi prima negli accampamenti militari e poi nel resto della popolazione.

La seconda ondata, sviluppatasi tra la fine dell’estate e l’autunno del 1918, fu molto più violenta della precedente. Il virus era mutato, diventando più aggressivo, e in Europa le condizioni erano particolarmente favorevoli alla sua circolazione, perché la Prima Guerra Mondiale faceva sì che vi fossero enormi assembramenti di soldati, penuria di generi alimentari, carenza di igiene. Anche la secondata ondata, probabilmente, partì dagli Stati Uniti, e da lì raggiunse l’Europa e poi il resto del mondo. Nessun territorio fu risparmiato.

La diffusione del virus rallentò alla fine dell’anno, ma all’inizio del 1919 ebbe inizio la terza ondata, il cui impatto, fortunatamente, fu meno pesante. Nei mesi seguenti si verificarono altri focolai, limitati ad aree geografiche circoscritte, e alla fine del 1920 la pandemia poteva considerarsi superata.

Le reazioni della scienza e della popolazione

Nell’Ottocento la medicina aveva fatto enormi progressi, ma ancora non conosceva i virus. L’agente patogeno della spagnola fu identificato solo nel 1933, più di dieci anni dopo la fine della pandemia. I medici, perciò, si trovarono spiazzati e proposero cure poco efficaci. Non esistevano, inoltre, vaccini e, a causa della guerra, i governi non poterono investire risorse ingenti per i malati.

In alcuni casi, si rivelarono molto utili le misure non farmacologiche: mascherine, distanziamento, chiusura delle scuole e divieto di assembramenti. Le misure furono applicate in maniera diversa a seconda degli Stati e persino tra città e città all’interno dei singoli Paesi, ma nei luoghi dove furono osservate più rigorosamente riuscirono a limitare i contagi.

Poliziotti in mascherina a Seattle
Poliziotti in mascherina a Seattle

Come accade sempre durante le pandemie, proliferarono i ciarlatani, cioè persone che proponevano spiegazioni antiscientifiche e talvolta millantavano di possedere rimedi miracolosi. Sui giornali comparivano con frequenza pubblicità di prodotti come pasticche, dentifrici, sciroppi che, secondo i venditori, avrebbero limitato il contagio. Si trattava, naturalmente, di rimedi del tutto inefficaci.

La memoria della pandemia

La censura di guerra fece sì che, mentre la pandemia era in corso, le notizie circolassero in maniera assai limitata. Chi dava notizie allarmanti rischiava di essere accusato di disfattismo e perciò i giornali cercavano sempre di minimizzare le proporzioni dei contagi e rassicurare la popolazione. Anche negli anni successivi della spagnola si è parlato poco, soprattutto perché si era sviluppata nel corso di un evento ancora più traumatico, quale la Prima Guerra Mondiale, che ha monopolizzato l’attenzione degli storici.

In genere, nei libri di storia alla spagnola è dedicato non più di qualche rigo nei capitoli sulla guerra. Solo negli ultimi anni i ricercatori e l’opinione pubblica hanno mostrato un maggiore interesse per la pandemia, in particolare dopo che, nel 1997, alcuni scienziati sono stati in grado di “recuperare” il virus da un cadavere congelato e a ricrearlo in laboratorio. Più di recente, la pandemia di Covid-19 ha fatto aumentare ulteriormente l’attenzione per la spagnola.

Memoriale a Auckand, Nuova Zelanda
Memoriale a Auckand, Nuova Zelanda
Fonti principali
Thomas A. Garrett, Economic Effects of the 1918 Influenza Pandemic: Implications for a Modern-day Pandemic
Sfondo autopromo
Cosa stai cercando?
api url views