0 risultati
video suggerito
video suggerito
30 Aprile 2025
7:00

Il peggior blackout del mondo fu nel 2012 in India: 620 milioni di persone senza corrente per giorni

Nel 2012 un grave blackout interessò 22 stati dell'India su 28, lasciando senza elettricità centinaia di milioni di persone, bloccando tutti i servizi essenziali per diverse ore e mandando nel caos megalopoli come New Delhi. Ecco i fattori che portarono al nefasto evento.

228 condivisioni
Il peggior blackout del mondo fu nel 2012 in India: 620 milioni di persone senza corrente per giorni
blackout india

Il maxi blackout che ha colpito Spagna, Portogallo e Francia nei giorni scorsi è stato niente in confronto a quanto accaduto in India il 30 luglio del 2012, quando il Paese fu teatro di quello che viene tuttora considerato il blackout elettrico più vasto della storia per numero di persone coinvolte: oltre 620 milioni di cittadini (secondo alcune stime addirittura le persone coinvolte furono più di 700 milioni) – circa la metà della popolazione indiana e il 9% di quella mondiale dell'epoca – rimasero senza corrente elettrica per ore, in alcuni casi per giorni. Questo evento colpì 22 dei 28 stati indiani, compresa la capitale Nuova Delhi, compromettendo infrastrutture essenziali, bloccando treni, interrompendo le comunicazioni e persino lasciando centinaia di minatori intrappolati sottoterra.

L'origine di questo enorme collasso è da ricercare nel fallimento simultaneo di tre delle cinque reti elettriche del Paese: quella settentrionale, quella orientale e quella nord-orientale. La causa principale fu un sovraccarico della rete, aggravato dall'utilizzo eccessivo di energia da parte di alcuni stati e da un'insufficiente risposta tecnica delle utility regionali. L'accaduto mise in luce (in senso figurato, visto che la “luce” era letteralmente andata via) non solo le fragilità strutturali del sistema elettrico indiano, ma anche le disuguaglianze nell'accesso all'energia, il crescente fabbisogno energetico dovuto all'espansione economica dell'India e l'urgenza di riforme nel settore dell'energia.

Cosa ha causato il blackout in India nel 2012

Per comprendere la portata del disastro, occorre sapere che il sistema elettrico indiano è suddiviso in cinque grandi reti: settentrionale, orientale, nord-orientale, meridionale e occidentale. Queste reti sono in gran parte interconnesse, con l'eccezione della rete meridionale, che è connessa agli altri solo tramite un collegamento in corrente continua ad alta tensione o HVDC (High Voltage Direct Current), mentre gli altri quattro sistemi operano in modo sincronizzato tra loro. Alle 02:35 (fuso orario indiano) del 30 luglio 2012, il collasso cominciò con la rete settentrionale, che aveva già subìto un'interruzione minore il giorno precedente. A causa della manutenzione di alcune linee e di un flusso di energia eccessivo lungo la linea Bina-Gwalior, che trasportava più del doppio della capacità ottimale, il sistema entrò in crisi. I dispositivi di sicurezza automatica, i cosiddetti interruttori automatici, intervennero disconnettendo le linee per evitare danni ulteriori, ma ciò provocò un effetto a cascata che disaccoppiò l'intera rete settentrionale.

Con la rete settentrionale isolata, l'energia elettrica cominciò a fluire forzatamente attraverso la rete orientale, ma le perdite di trasmissione e il carico mal distribuito provocarono un abbassamento della frequenza elettrica – parametro fondamentale per la stabilità delle reti – e anche questa rete si disconnesse. L'intero sistema crollò sotto la pressione della domanda e dell'incapacità di ridurre il carico o aumentare la generazione in tempo utile. Gli impianti di produzione elettrica vennero messi offline per sicurezza, determinando un deficit stimato in 32 gigawatt (GW), una cifra gigantesca che superava l'intero consumo di elettricità di molti Paesi di medie dimensioni!

Le conseguenze del mega blackout indiano

Neanche a dirlo, le conseguenze furono disastrose. Treni bloccati lungo migliaia di chilometri di binari, semafori fuori uso che causarono ingorghi nelle metropoli, ospedali costretti a sospendere interventi chirurgici per mancanza di energia, crematori elettrici che si fermarono lasciando i corpi incompletamente cremati. A Nuova Delhi e Calcutta, i cittadini affrontarono il caldo estremo senza aria condizionata, mentre nel Bengala occidentale centinaia di minatori rimasero intrappolati per ore in gallerie sotterranee a causa del blocco degli ascensori elettrici.

Come riportò il prestigioso The New York Times in un articolo che narrava del blackout «le interruzioni di corrente sono comuni in India, ma i funzionari hanno dichiarato che il blackout di lunedì [30 luglio 2012, NdR] è stato il peggiore degli ultimi dieci anni». Sebbene alcune delle aree più benestanti della capitale – come il quartiere costruito dal britannico Edwin Lutyens – furono in grado di sopperire al blackout con generatori privati, molte zone rurali e urbane rimasero completamente isolate.

Le critiche post-blackout

Nei giorni successivi al disastro, vennero sollevate critiche riguardo alla gestione del settore da parte del governo federale. Alcuni stati erano accusati di aver superato i limiti di prelievo concordati, contribuendo al collasso. Il ministro dell'energia di allora, Sushilkumar Shinde, sottolineò come l'eccessivo assorbimento da parte degli stati rappresentasse una violazione delle regole di sistema e promise sanzioni. Tuttavia, proprio mentre il blackout paralizzava il paese, Shinde fu promosso a ministro degli Interni, lasciando vacante la guida del dicastero energetico, poi assegnata a un ministro che ricopriva già altri incarichi.

Oltre agli aspetti tecnici e politici, il blackout del 2012 sollevò anche criticità riguardanti un problema strutturale profondo della rete energetica indiana. L'India, che all'epoca del mega blackout contava 1,2 miliardi di abitanti e una crescente classe media, stava assistendo a un aumento vertiginoso del consumo di energia elettrica, spinto dalla diffusione di climatizzatori, elettrodomestici e dispositivi digitali. La capacità produttiva e le infrastrutture di distribuzione, però, non stavano riuscendo a tenere il passo con il crescente fabbisogno energetico. Secondo la Central Electricity Authority, il deficit energetico nei mesi precedenti al disastro superava l'8%, mentre Greenpeace dava enfasi all'urgenza di diversificare le fonti e, ovviamente, anche all’importanza di migliorare la rete di distribuzione.

Se confrontata con la vicina Cina, nel 2012 l'India risultava infatti molto indietro: Pechino aveva aggiunto in media 84 GW all'anno alla sua rete, contro i soli 14 GW dell'India. Una delle ragioni, secondo alcuni osservatori, non risiedeva tanto nella volontà politica, quanto nella natura democratica dell'India, che rallenta le grandi opere pubbliche a causa delle consultazioni con le comunità locali e delle tutele legali previste. Harry Dhaul, direttore generale della Independent Power Producers Association of India, una ONG che promuove campagne per il miglioramento del settore energetico indiano, a questo riguardo aveva affermato:

In Cina, se vogliono costruire una diga idroelettrica e qualcuno si lamenta, non importa: in 24 ore viene trasferito e i lavori iniziano. In India non possiamo fare altrettanto.

Il ritorno dell'elettricità

Alla fine, l'80% del servizio fu ripristinato entro 15 ore dall'inizio del blackout, secondo la Power Grid Corporation, un tempo considerato da record per un evento di tale portata. Ma il blackout del 2012 rimane un potente monito sulle vulnerabilità infrastrutturali e sulla necessità di una pianificazione lungimirante per garantire sicurezza e stabilità energetica in un mondo sempre più dipendente dall'energia elettrica.

Sfondo autopromo
Cosa stai cercando?
api url views