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17 Aprile 2025
15:55

«Tracce di vita» a 124 anni luce dalla Terra sul pianeta K2-18 b? Non ancora, facciamo chiarezza

Il telescopio spaziale James Webb conferma gli indizi della presenza di due molecole che, per quanto ne sappiamo, sono prodotte solo da micorganismi fotosintetici, nel pianeta K2-18 b potenzialmente abitabile. La scoperta di tracce di dimetilsolfuro e di dimetil disolfuro però non è ancora certa e servono ulteriori studi.

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«Tracce di vita» a 124 anni luce dalla Terra sul pianeta K2-18 b? Non ancora, facciamo chiarezza
esopianeta K2 18 b
Rappresentazione artistica del pianeta extrasolare K2–18 b. Credit: NASA

«I più forti indizi di attività biologica fuori dal Sistema Solare»: così sono stati definiti gli ultimi risultati ottenuti da un team di astronomi dell'Università di Cambridge guidato da Nikku Madhusudhan, che hanno analizzato con il telescopio James Webb l'esopianeta K2-18 b a 124 anni luce da noi nella costellazione del Leone. Nello specifico, i nuovi dati del telescopio spaziale NASA confermano in maniera più netta gli indizi già individuati della presenza di dimetil solfuro (DMS) e/o dimetil disolfuro (DMDS), due molecole a base di zolfo, carbonio e idrogeno nell'atmosfera di questo esopianeta oceanico o "hycean world".

Questa è una notizia importante perché sulla Terra queste sostanze sono prodotte solo dall'attività antropica e dal fitoplancton (il dimetil solfuro conferisce alla salsedine il suo odore caratteristico) e non sono noti processi non-biologici in grado di generare queste due molecole, quindi la loro presenza su K2-18 b – se confermata – potrebbe significare che il pianeta è abitato da microrganismi fotosintetici oceanici. L'ipotesi non è così peregrina, perché quello che sappiamo su K2-18 b ci suggerisce che sia una “super-Terra” (ha un diametro 2,6 volte maggiore di quello terrestre) che si trova nella fascia di abitabilità della sua stella e sarebbe ricoperto da un oceano globale di acqua liquida.

Tuttavia, la rilevazione di DMS e/o DMDS non ha raggiunto la significatività statistica necessaria per affermare con certezza che quelle molecole siano effettivamente lì, quindi sarebbe decisamente prematuro affermare che abbiamo trovato prove di vita extraterrestre su altri pianeti.

La storia dell’esopianeta K2-18 b: cosa abbiamo scoperto finora

Il pianeta K2-18 b è stato scoperto nel 2015 dal telescopio spaziale Kepler e ha attirato subito l'attenzione per la sua potenziale abitabilità, ma è balzato agli onori nella cronaca già dal 2019 quando il telescopio spaziale Hubble scoprì la presenza di vapore acqueo nell'atmosfera del pianeta. La svolta è avvenuta nel 2023, quando James Webb ha trovato indizi della presenza di DMS, la cui importanza abbiamo spiegato sopra, oltre alla scoperta (questa volta confermata) di anidride carbonica e metano: fu la prima osservazione di composti a base di carbonio (l'elemento della vita) nell'atmosfera di un pianeta nella fascia abitabile della sua stella.

L'interesse scientifico su K2-18 b è salito al punto che nel 2024 sono state commissionate nuove osservazioni con James Webb. Gli astronomi hanno raccolto i dati, li hanno analizzati con cura e adesso stanno pubblicando i risultati:  gli indizi sui DMS e/o DMDS nell'atmosfera dell'esopianeta sono stati confermati con una maggiore significatività statistica (la più alta mai ottenuta per una molecola che non sappiamo spiegare nell'atmosfera di un pianeta se non tramite processi biologici) ma comunque non abbastanza per parlare di una vera e propria scoperta scientifica. Secondo gli autori della ricerca, servono altre 16-24 ore di osservazione da parte di Webb per poter avere una conferma o una smentita definitiva.

Le nuove osservazioni di James Webb

La significatività statistica sulla rilevazione di DMS e/o SMDS su K2-18 b è aumentata non solo grazie ai nuovi dati raccolti dal James Webb nel vicino infrarosso, ma anche grazie a nuove osservazioni nel medio infrarosso (cioè con lunghezze d'onda più lontane da quelle della luce visibile) tramite lo strumento MIRI (Mid-InfraRed Instrument).

Anche nel medio infrarosso gli astronomi hanno notato gli indizi della presenza di dimetil solfuro e dimetil disolfuro, che vanno quindi a sommarsi a quelli nel vicino infrarosso, ma è importante ribadire che finora si tratta di indizi e non di una scoperta certa.

spettro esopianeta dimetil solfuro
Spettro della luce proveniente dalla stella attorno a cui orbita il pianeta K2–18 b dopo aver attraversato l’atmosfera del pianeta stesso. Sono indicate le regioni dello spettro in cui i dati osservativi sono compatibili con i modelli teorici per la presenza di DMS e DMDS nell’atmosfera del pianeta. Credit: NASA/ESA/CSA

C'è vita su K2-18 b? L'importanza del nuovo studio

Se questi dati dovessero essere confermati da future osservazioni, staremmo parlando di un mondo con possibili oceani di acqua liquida in superficie e nella cui atmosfera ci sarebbero concentrazioni altissime (migliaia di volte quelle che si trovano nell'atmosfera terrestre) di molecole di cui non si conoscono processi di produzione non-biologica. È comprensibile quindi che il nuovo studio sulla composizione atmosferica di K2-18 b stia facendo parlare di sé: potrebbe significare, almeno in teoria, che il pianeta ospiti forme di vita fotosintetiche!

Come ha ribadito più volte lo stesso Madhusudhan, però, è fondamentale essere cauti e mantenere quel sano scetticismo tipico della scienza. La validazione di una scoperta scientifica è infatti un processo lungo e accidentato, e da dove siamo ora a un possibile annuncio della vita extraterrestre ce ne passa di strada. Per esempio, anche se ulteriori analisi arriverebbero a dare alla rilevazione di dimetil solfuro e dimetil disolfuro lo status ufficiale di scoperta scientifica, bisognerebbe comunque escludere oltre ogni ragionevole dubbio che quelle molecole non siano arrivate lì tramite processi non biologici che al momento non sono noti. Come si può capire, non è un problema semplice.

La vicenda comunque merita attenzione e interesse e non rimane che attenere ulteriori osservazioni e nuove analisi dei dati raccolti.

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Filippo Bonaventura
Content editor coordinator
Ho una laurea in Astrofisica e un Master in Comunicazione della Scienza alla SISSA di Trieste. La prima mi è servita per imparare come funziona ciò che ci circonda, la seconda per saperlo raccontare. Che poi sono due cose delle tre che amo di più al mondo. Del resto, a cosa serve sapere qualcosa se non la condividi con qualcuno? La divulgazione per me è questo: guidare nel viaggio della curiosità e del mistero. Ah, la terza cosa è il pianoforte e la musica in ogni sua forma.
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