"Spazio, ultima frontiera", questo recita il famoso incipit della serie classica di Star Trek. Esso ben rappresenta la voglia dell'essere umano di esplorare e sondare l'ignoto alla ricerca di nuove "Terre", cioè pianeti abitabili. Ma esiste effettivamente un pianeta in grado di ospitarci e con le condizioni adatte a supportare la vita come la conosciamo? A che punto siamo nella ricerca di pianeti potenzialmente abitabili e quindi nella ricerca di una nuova Terra?
La scoperta del primo esopianeta
Fino ai primi anni '90 vi erano solo poche indicazioni che esistessero altri pianeti al di fuori del nostro Sistema Solare e la loro esistenza era per lo più relegata al reame della fantascienza. Fu solo nel 1995, con la scoperta di un pianeta di tipo gioviano attorno alla stella 51 Pegasi da parte di Didier Queloz e Michel Mayor – cosa che valse loro il premio Nobel per la Fisica nel 2019 – che la fantascienza si tramutò in una nuova fiorente branca dell'astronomia, la ricerca e caratterizzazione dei pianeti extra-solari o esopianeti, cioè al di fuori del nostro Sistema Solare. Da quel momento in poi, migliaia di nuovi pianeti extra-solari sono stati scoperti dagli astronomi, sia di massa e caratteristiche simili ai giganti gassosi del Sistema Solare, come Giove e Saturno, sia pianeti di tipo roccioso, come la nostra Terra.
I metodi per scoprire esopianeti
Ma come fanno gli astronomi a scoprire nuovi esopianeti? Esistono principalmente metodi indiretti e diretti.
Metodi indiretti
Il metodo della velocità radiale e il metodo del transito vengono definiti indiretti, poiché non permettono l'osservazione diretta dell'oggetto, ma si basano sugli effetti che il pianeta provoca sulla sua stella madre. In particolare, nel metodo della velocità radiale si rilevano i piccoli effetti di variazione della velocità della stella dovuta all'orbita del pianeta, mentre nel metodo del transito, si osserva la luminosità della stella per un certo periodo di tempo e, quando il pianeta passa davanti alla stella, parte della sua luce viene bloccata e gli astronomi rilevano questa piccola variazione di luminosità.
Metodi diretti
Il metodo di imaging diretto è invece, come suggerisce stesso il nome, un metodo che permette la rilevazione diretta del pianeta extra-solare. Un compito non semplice, dato che la luminosità della stella attorno cui il pianeta ruota è molto maggiore di quella del pianeta stesso. È un po' come voler scorgere nel cielo un aereo che sta passando in proiezione molto vicino al Sole, ma amplificato di diversi ordini di grandezza.
Quanti esopianeti abbiamo scoperto fino ad oggi
Queste tecniche hanno permesso di confermare al 2023 l'esistenza di più di 5000 esopianeti in circa 3900 diversi sistemi planetari extra-solari. La maggior parte di essi è stata scoperta grazie ai telescopi spaziali della NASA Keplero, attivo dal 2009 al 2018, e TESS, attivo dal 2018, senza dimenticare l'europeo CHEOPS, attivo dal 2019. La maggior parte degli esopianeti scoperti sono di dimensione e composizione simile ai pianeti gassosi del Sistema Solare e solo circa il 5% sono di tipo roccioso simile alla Terra. Questo perché le dimensioni e quindi la massa dei pianeti simili a Giove hanno un effetto maggiore sulla loro stella madre, rispetto a pianeti di dimensioni e massa simile alla Terra.
Wolf 1069b: uno dei migliori candidati
Uno dei più recenti candidati ad essere un pianeta abitabile simile alla Terra è stato scoperto dai ricercatori del Max Planck Institute for Astronomy ad Heidelberg, in Germania. Il suo nome è Wolf 1069b e si trova a circa 31 anni-luce di distanza dalla Terra, relativamente vicino in termini cosmici. Esso ha una massa simile alla Terra ed orbita attorno ad una stella nana rossa, alla giusta distanza per essere nella cosiddetta fascia abitabile, ovvero la zona attorno ad una stella in cui la luce proveniente da essa rende le condizioni di temperatura del pianeta tali da poter permettere la presenza di acqua allo stato liquido.
Questo pianeta è il sesto esopianeta più vicino alla Terra che si trova nella fascia di abitabilità della propria stella ed insieme ad altri come Proxima Centauri b e Trappist-1, sono tra i migliori candidati per future ricerche di firme biologiche nelle loro atmosfere.
La ricerca di una nuova Terra non è più solo un titolo da fantascienza, ma diventa ogni giorno sempre più una realtà. Il telescopio spaziale James Webb della NASA ha già scoperto il suo primo esopianeta e caratterizzato l'atmosfera del gigante gassoso WASP-39b. Il suo programma scientifico di studio dell'atmosfera dei pianeti alla ricerca di firme biologiche è solo all'inizio e presto sarà affiancato da altri sofisticati telescopi, come l'Extremely Large Telescope (ELT) dello European Southern Observatories (ESO) e i telescopi spaziale PLATO e ARIEL dell'Agenzia spaziale europea (ESA). Il futuro è quindi promettente e nel giro di 10 anni, se non prima, gli astronomi potrebbero essere in grado di identificare un pianeta gemello della Terra, potenzialmente in grado di ospitare la vita come la conosciamo e, un giorno, chissà, anche noi esseri umani.