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8 Novembre 2025
15:00

Il significato e le origini dell’applauso, il gesto di battere le mani

Dall’antica Roma agli stadi moderni, l’applauso racconta l’evoluzione del consenso e dell'approvazione: da gesto spontaneo di emozione collettiva a linguaggio politico e spettacolare. Tra religione e potere, battere le mani rivela come l’uomo dia forma sonora alla partecipazione sociale.

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Il significato e le origini dell’applauso, il gesto di battere le mani
applaudire

Battere le mani è un gesto universale che racconta la storia dell’umanità: dal richiamo istintivo dei primati alla sacralità dei riti antichi, dal teatro di Dioniso alla politica romana, fino agli stadi e ai social di oggi.  Dalla ritualità sacra dell'antichità ai palchi del teatro moderno, fino agli stadi e alle piazze contemporanee, l'applauso racconta come gli esseri umani abbiano imparato a tradurre l'emozione collettiva in suono, a organizzare il consenso e, talvolta, a manipolarlo. La sua forma e il suo significato si sono trasformati nel tempo, seguendo le logiche del potere, della religione e del controllo sociale. Ma l'uomo ha trasformato questo gesto in un atto simbolico: già nel Libro dei Salmi (Bibbia, XI secolo a.C.) si legge "Popoli tutti, battete le mani! Acclamate Dio con grida di gioia". L'applauso umano dunque diventa acclamazione sacra, un modo per celebrare la presenza divina e scaricare un eccesso emotivo attraverso il corpo.

Quando nascono gli applausi nell'Antica Grecia e a Roma: dal teatro alla politica

Nell'antica Grecia, il gesto acquisisce una funzione pubblica e codificata. Nel teatro di Dioniso, fino a 14.000 spettatori esprimevano entusiasmo e commozione battendo le mani e gridando. É in questo contesto che l'applauso diventa una pratica consapevole di approvazione artistica.

A Roma, invece, il gesto si politicizza. Gli imperatori, come gli attori, avevano bisogno del consenso della folla, e l'applauso ne diventava la misura visibile. Già nel I secolo a.C., Cicerone osservava che "i sentimenti del popolo romano si mostrano meglio nel teatro". Il popolo comunicava con il suono: il ritmo, volume e durata del battito descrivevano gli umori della plebe meglio di un moderno sondaggio politico. L'imperatore Augusto arrivò a disciplinare gli applausi con segnali precisi, per evitare il caos, e Nerone, amante della teatralità, pagava migliaia di plausores professionisti, privi di anelli per non distorcere il suono, per scandire ritmicamente tre tipi di applauso: i "mattoni", le "tegole" e le "api", ognuno con un significato e simbolo differente. Il gesto pare assumere quindi una dimensione performativa, non più solo espressione di emozione, ma strumento di partecipazione.

Marcel Mauss e André Leroi-Gourhan hanno infatti sottolineato come i gesti corporei diventino progressivamente "tecniche del corpo", cioè azioni apprese e trasmesse culturalmente. Battere le mani, da segnale emotivo, si trasforma così in un atto codificato, carico di significati sociali.

La nascita dell'applauso "pagato"

L'applauso, simbolo di consenso, divenne presto anche una merce. Già Plutarco racconta che il commediografo Filemone di Siracusa arruolava spettatori pagati per battere le mani ai momenti strategici, superando così il rivale Menandro. Nella Roma imperiale l’applauso raggiunge il suo massimo splendore come linguaggio del potere. Svetonio e Cassio Dione raccontano che gli imperatori valutavano il proprio consenso dal fragore della folla: più forte era il rumore, più salda appariva l’autorità. Così il gesto, nato spontaneo, si trasformò in strumento politico, una coreografia del consenso pensata per rappresentare l’unità del popolo attorno al sovrano.

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Questa tradizione sopravvive per secoli: nel Cinquecento, il poeta francese Jean Dourat riportò in auge la pratica comprando biglietti da regalare a chi prometteva applausi, nel XIX secolo poi nacquero vere e proprie agenzie di claqueurs professionisti, soprattutto a Parigi e Milano.

Il Teatro della Scala nel 1919 aveva addirittura un listino prezzi ufficiale: 25 lire per gli uomini e 15 per le donne. Gli applausi, insomma, non erano più solo un segno di approvazione, ma una strategia di mercato e di immagine pubblica.

Dalla sacralità medievale alla teatralità moderna

Con la diffusione del Cristianesimo, l'applauso subì una trasformazione radicale. Le espressioni corporee di approvazione vennero progressivamente sostituite da acclamazioni verbali o gesti di reverenza, poiché battere le mani era considerato un comportamento troppo "terreno". Solo a partire dal Rinascimento, con la rinascita delle arti performative e della dimensione pubblica del teatro, l'applauso riemerge come pratica sociale.

In epoca moderna, il gesto si codifica nuovamente: nei teatri borghesi dell'Ottocento diventa un segno di distinzione e di civiltà. Applaudire educatamente, nei tempo e modi appropriati, diventa una forma di educazione estetica e morale. É in questo periodo che l'applauso assume il significato che oggi gli attribuiamo: riconoscere pubblicamente il valore di un'azione o di un individuo.

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