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3 Febbraio 2025
9:00

Perché Fiume/Rijeka non è italiana? Storia di una città che è stata contesa per molti anni

La città di Fiume oggi si chiama Rijeka e fa parte della Croazia. Situata sul Mare Adriatico presso il golfo del Carnaro, in passato è stata conquistata dal poeta d'Annunzio ed ha fatto parte del Regno d’Italia. È stata annessa dalla Jugoslavia dopo la Seconda guerra mondiale.

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Perché Fiume/Rijeka non è italiana? Storia di una città che è stata contesa per molti anni
fiume rijeka

La città di Fiume, oggi Rijeka, in Croazia, è stata al centro di numerose vicende storiche e conflitti. Dopo la Seconda guerra mondiale fu occupata dai partigiani jugoslavi e annessa alla Jugoslavia con il trattato di pace del 1947. Attualmente ha poco di più di 100.000 abitanti, quasi tutti di lingua ed etnia croata, ma in passato la città è stato un centro multietnico con una grande percentuale di italiani. Per tale ragione, all’inizio del Novecento e, soprattutto, dopo la Prima guerra mondiale, alcuni movimenti politici ne rivendicarono l’annessione all’Italia: tra il 1919 e il 1920 la città fu occupata dai legionari guidati da Gabriele d’Annunzio, ma solo nel 1924 un trattato italo-jugoslavo riconobbe l’appartenenza di Fiume al Regno d’Italia, durata fino alla Seconda guerra mondiale.

Fiume nell’Impero austroungarico

La città di Fiume, fondata al tempo di Roma antica, nel 1779 viene annessa all'Ungheria da Maria Teresa d'Austria. Negli ultimi decenni dell’Ottocento e nei primi del Novecento andò incontro a una grande crescita demografica ed economica e, grazie alla prosperità garantita dal porto, gli abitanti passarono da poco più di 20.000 a 50.000.

Resti romani a fiume (credits Q'bot).jpg
Resti romani a fiume (credits Q’bot).jpg

Alla vigilia della Prima guerra mondiale, quasi metà della popolazione era di lingua ed etnia italiana; gli altri abitanti erano croati, ungheresi o appartenenti ad altre etnie. Fino al 1915, però, Fiume non rientrava tra le principali rivendicazioni dell’Italia, molto più interessata ad altre terre “irredente”, ossia territori abitati da italiani ma appartenenti all’Impero austriaco: il Trentino e la città di Trieste.

La città di Fiume durante la Prima guerra mondiale

Durante la Prima guerra mondiale l'Italia combatté contro l’Austria-Ungheria e la Germania e, prima di entrare nel conflitto, il governo di Roma sottoscrisse con gli alleati – Francia, Regno Unito e Russia – il Patto di Londra, per stabilire i compensi territoriali che sarebbero spettati al Paese dopo la guerra. Fra questi erano incluse le terre “irredente” (il Trentino, Trieste, l’Istria occidentale e parte della Dalmazia) alcuni territori austriaci come l’Alto Adige/Sud Tirolo, e la parte orientale dell’Istria, pur non essendo abitati da italiani. Tuttavia, fra essi non era in alcun modo menzionata la città di Fiume. Ciò nonostante, al termine delle ostilità, in Italia si sviluppò un vasto movimento di protesta, che chiedeva l’annessione della città perché abitata da una maggioranza italiana. La richiesta, in realtà, era incoerente: il Regno d’Italia rivendicava i territori compresi nel Patto di Londra, inclusi dove non vivevano italiani, perché erano stati concordati prima della guerra, e la città di Fiume perché, pur non essendo stata inclusa nel Patto, era abitata da italiani. In sostanza, il Regno d’Italia faceva valere il principio di autodeterminazione dei popoli solo quando ne traeva giovamento. Nella Penisola, intanto, si diffuse il mito della vittoria mutilata, secondo il quale il Paese non era stato ricompensato a sufficienza per il suo sforzo nella guerra, e Fiume divenne la principale rivendicazione dei nazionalisti.

L’impresa di Fiume: d’Annunzio e i suoi sostenitori

Nel settembre del 1919 alcuni reparti dell’esercito italiano, insieme a numerosi esponenti dei movimenti nazionalisti, occuparono Fiume. Capo dell’impresa era Gabriele d’Annunzio, poeta e leader politico di grande popolarità.

Proclamazione della Reggenza del Carnaro
Proclamazione della Reggenza del Carnaro

L’impresa di Fiume godeva di ampio sostegno in Italia, ma rischiava di trascinare il Paese in una guerra con la Jugoslavia, Stato fondato dopo la Prima guerra mondiale e ufficialmente chiamato "Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni", e di pregiudicare i rapporti con Regno Unito, Francia e Stati Uniti. L’occupazione, perciò, non fu riconosciuta dal governo italiano, che nel novembre del 1920 sottoscrisse con la Jugoslavia il trattato di Rapallo, stabilendo che la città doveva restare indipendente e non far parte di nessuno Stato. Nel dicembre 1920, le forze armate italiane attaccarono Fiume, costringendo d’Annunzio e i suoi soldati a fuggire. Le richieste di annessione proseguirono fino al 1924, quando un nuovo trattato italo-jugoslavo consentì di annettere la città al territorio italiano, mentre in cambio, la Jugoslavia ne mantenne i sobborghi.

Fiume nel 1937
Fiume nel 1937

La Seconda guerra mondiale e il passaggio alla Jugoslavia

Fiume fece parte del Regno d’Italia per tutta la durata del regime fascista, ma nel 1943, quando l’Italia sottoscrisse l’armistizio con gli angloamericani, fu occupata dalle truppe naziste, che inserirono la città nella loro “Zona d’operazioni del Litorale adriatico”. Fiume cessò così di appartenere al Regno d’Italia. Nel maggio del 1945, fu occupata dai partigiani jugoslavi, che si battevano contro l’occupazione nazifascista del loro Paese, e due anni più tardi il trattato di pace siglato dell’Italia riconobbe l’annessione jugoslava della città. Gran parte della popolazione di lingua ed etnia italiana lasciò Fiume, più o meno forzatamente, nell’ambito dell’esodo giuliano-dalmata.

Modifiche al confine orientale italiano tra il 1920 e il 1975
Modifiche al confine orientale italiano tra il 1920 e il 1975

Dal 1991 la città fa parte della Croazia (una delle repubbliche che componevano la Jugoslavia e che si è resa indipendente). La grande maggioranza della popolazione è croata e oggi solo una piccola minoranza, circa l’1,9% si qualifica come italiana.

Fonti
Francesca Rolandi, Those Who Left and Those Who Arrived: Population Movements from and to Post-Second World War
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