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Il consumo di carne di cavallo è una pratica accettata e persino apprezzata in alcuni Paesi, mentre in altri è rifiutata, considerata tabù o persino vietata per legge. In USA o UK è proibito mangiare carne equina per il ruolo affettivo e simbolico del cavallo, considerato un animale da compagnia, un tabù rafforzato da antichi divieti cristiani. In altri Stati, come Italia, Francia o Giappone, è parte della tradizione culinaria e apprezzata per valori associati a forza e salute. La percezione varia con la memoria culturale di ogni società. Questa diversità riflette sistemi culturali, religiosi e simbolici profondamente radicati.
Una costruzione culturale: il cavallo come "non-alimento"
In molti Paesi occidentali, come il Regno Unito, gli Stati Uniti, l'Irlanda e l'Australia, è considerato inaccettabile cibarsi della carne di cavallo. Questa percezione si basa su una classificazione culturale ben precisa: il cavallo non rientra tra gli animali destinati al consumo alimentare, ma è associato ad altri ruoli simbolici e affettivi. É presente nell'immaginario collettivo come amico dell'uomo, protagonista di racconti, di battaglie storiche o di attività ricreative.
Dunque, nel sistema simbolico di queste società il cavallo occupa una posizione ambigua: non é un animale da compagnia come il cane o il gatto, né un animale da reddito come il maiale o la mucca. Questa ambiguità, come sottolineava l'antropologa Mary Douglas, genera "esclusione": ciò che non ha una collocazione chiara nell'ordine culturale è spesso percepito come "impuro" o "non appropriato" al consumo, anche se non c'è un divieto esplicito.
Le radici religiose del tabù sulla carne di cavallo
Le religioni monoteiste hanno contribuito in modo significativo a definire cosa può e cosa non può essere mangiato. Nel caso della carne di cavallo, il Cristianesimo ha avuto un ruolo determinante nella diffusione del tabù in Europa: nel 732, papa Gregorio III emanò un divieto esplicito contro il consumo di carne equina, con l'obiettivo di interrompere le pratiche religiose pagane che prevedevano sacrifici di cavalli, in particolare tra le popolazioni germaniche. Questa proibizione aveva quindi una valenza non solo alimentare, ma identitaria: serviva a marcare la separazione tra i nuovi cristiani e le antiche credenze. Anche se con il tempo questo divieto venne meno, l'eco culturale della proibizione rimase. In molte aree d'Europa il consumo di carne di cavallo non si riprese più, consolidandosi come una pratica socialmente inaccettabile.
In ambito islamico, invece, la carne di cavallo non è vietata dal punto di vista religioso, ma è spesso evitata per motivi culturali. In molte società musulmane, infatti, il cavallo è visto come un animale nobile, da guerra e da trasporto, e quindi non destinato all'alimentazione.
Il valore simbolico del cavallo nella storia
Nel corso della storia, il cavallo ha rappresentato molto più di una risorsa economica. Era infatti simbolo di forza, velocità, nobiltà e libertà. Era l‘animale del guerriero, del re, del contadino che arava la terra. Era parte integrante della vita quotidiana, ma anche delle narrazioni mitiche e religiose. In molte società preindustriali, il cavallo era un bene prezioso, difficile da allevare, costoso da mantenere troppo utile per essere macellato.
La sua centralità sociale e simbolica lo ha reso un "animale carismatico", difficilmente riducibile a materia prima alimentare. In alcuni contesti rurali europei, ad esempio, uccidere un cavallo per mangiarlo era considerato un atto moralmente riprovevole, simile a un tradimento.
Legislazioni e opinione pubblica: tra diritto e sensibilità
Oggi, in diversi Paesi occidentali, non è solo la cultura a scoraggiare il consumo di carne equina, ma anche la legge. Negli Stati Uniti, ad esempio, la macellazione di cavalli per scopi alimentari è vietata in molti Stati, e in altri è fortemente regolamentata. Questo deriva in gran parte dalla pressione di movimenti animalisti e da campagne pubbliche che hanno rafforzato l'identificazione del cavallo come "animale affettivo".
Inoltre, la sensibilità verso il benessere animale ha assunto un ruolo crescente nel definire ciò che è eticamente accettabile in ambito alimentare. Se il cavallo viene percepito come un essere senziente, con il quale si può instaurare un legame emotivo, la sua uccisione appare ingiustificata. Questo processo di "umanizzazione" degli animali ha contribuito a rafforzare il rifiuto culturale della carne equina in molte società contemporanee.
Dove si mangia ancora carne di cavallo?
A fronte di questi divieti o reticenze, esistono però numerosi contesti in cui la carne di cavallo è consumata regolarmente. In Francia, Belgio, Italia, Giappone, Kazakistan e Kirghizistan, ad esempio, è considerata un alimento tradizionale, spesso associato a valori culturali positivi come la forza fisica, la salute o l'ospitalità.
In effetti, in Italia, pur con forti differenze regionali, il consumo di carne di cavallo è ancora diffuso in alcune aree del Nord e del Sud, tra cui il Veneto, la Puglia o la Sicilia, dove viene preparata in ricette tradizionali come la pastisada veronese, la carne equina alla barese o le polpette catanesi. In questi casi, il cavallo è visto come una risorsa alimentare al pari di altri animali di allevamento, e il suo consumo non comporta implicazioni morali o affettive.